Nelle gare d’appalto i prezzi possono essere rivisti anche in diminuzione sulla base del quadro normativo di riferimento. “La misura revisionale trova applicazione anche nel caso in cui dai prezzari aggiornati si riscontrino prezzi inferiori a quelli contrattuali e da tale aggiornamento derivi eventualmente, all’esito delle operazioni di verifica della contabilità finale dell’appalto, la necessità di adeguare l’importo dell’appalto”.
E’ quanto si evince dal parere in funzione consultiva n. 4 del 12 febbraio 2025, approvato dal Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Il caso riguardava la richiesta di parere da parte di un importante capoluogo del nord Italia in merito ad un adeguamento prezzi rispetto alle mutate condizioni generali senza modifica delle pattuizioni originarie e dei prezzi contrattuali. Tale modifica riguardava, eventualmente, anche revisione dei prezzi con importi in diminuzione, favorevoli quindi all’Amministrazione.
In base ai chiarimenti del Ministero Infrastrutture (MIT) e tenuto conto della normativa esistente, fermo l’obbligo di applicare la misura straordinaria prevista dall’articolo 26 del decreto legge n. 50/2022, entro i limiti disposti “la misura revisionale disciplinata trova applicazione anche nel caso in cui dai prezzari aggiornati si riscontrino prezzi inferiori a quelli contrattuali e da tale aggiornamento derivi eventualmente, all’esito delle operazioni di verifica della relativa contabilità, la necessità di adeguare l’importo dell’appalto”. Così ha deliberato l’Autorità.
“Il meccanismo di adeguamento dei prezzi disciplinato all’articolo 26 del d.l. 50/2022, deve ritenersi “obbligatorio” in presenza delle condizioni ivi indicate”, scrive Anac. “La stazione appaltante è obbligata ad effettuare l’indicato adeguamento prezzi secondo le modalità ed alle condizioni previste dalla norma. Fermo l’obbligo di applicare tale misura straordinaria, in presenza delle specifiche condizioni ivi stabilite ed entro i limiti disposti, la stessa trova applicazione anche nel caso in cui dai prezzari aggiornati si riscontrino prezzi inferiori a quelli contrattuali e da tale aggiornamento derivi eventualmente, all’esito delle operazioni di verifica della contabilità finale dell’appalto, la necessità di adeguare l’importo complessivo del contratto”.
A gennaio 2025 l’inflazione sale lievemente, arrivando a 1,5% dall’1,3% di dicembre 2024. Tale andamento riflette prevalentemente l’esaurirsi delle spinte deflazionistiche dei prezzi degli Energetici (-0,7% da -2,8% di dicembre), a seguito della marcata accelerazione dei prezzi della componente regolamentata (+27,5% da +12,7%). Nel comparto alimentare, la dinamica tendenziale dei prezzi rimane stabile su valori leggermente superiori al tasso di inflazione, così come quella del “carrello della spesa” (ferma a +1,7%). Tra i Servizi, rallentano i prezzi di quelli relativi ai trasporti, mentre sale il ritmo di crescita di Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona. A gennaio l’inflazione di fondo resta stabile a +1,8%.
Ripartenza stentata. A inizio 2025, il sostegno all’economia viene dal proseguire del taglio dei tassi anche se l’inflazione sta risalendo alimentata dai rincari di gas e elettricità. L’industria è in crisi e i servizi trainano poco. Il PIL italiano, fermo nel 3° e 4° trimestre 2024, è atteso in lieve crescita. Sulle prospettive pesa l’incertezza sui possibili dazi USA, che rischia di frenare scambi e investimenti.
Prezzo del gas più che raddoppiato. Prosegue senza sosta l’aumento del prezzo del gas in Europa: 53 €/mwh a febbraio il TTF, da 49 a gennaio (26 un anno fa). Imprese e famiglie pagheranno di più anche per l’elettricità, visto che il prezzo in Italia rimane legato strettamente al gas: PUN a 155 €/mwh a febbraio, da 143 (88 un anno fa). La quotazione del petrolio, invece, è in calo (76 $/barile, da 79).
Aumenta l’inflazione. Nell’Eurozona i prezzi al consumo dell’energia sono ormai in rialzo (+1,8% annuo a gennaio) e la core alta e stabile (+2,7%): perciò l’inflazione è in aumento (+2,5%). In Italia, i prezzi dell’energia sono risaliti quasi allo zero (-0,7% annuo) e la core è ferma su valori più bassi (+1,6%): l’inflazione è pian piano cresciuta a +1,5% a inizio 2025, da un minimo di +0,7% nel corso del 2024.
Tassi: continua il taglio. A fine gennaio la BCE ha tagliato i tassi di un altro quarto di punto (2,75%, dal 4,00% iniziale), perché guarda all’inflazione sul medio termine, prevista in moderazione; secondo i mercati, ci saranno altri due tagli nel 2025. In Italia, il tasso per le imprese è sceso finora di oltre un punto (4,40% a dicembre, da un picco di 5,59%), ma il credito resta in calo (-2,3% annuo).
Gli investimenti faticano a ripartire. La fiducia delle imprese a gennaio sale di poco (95,7 da 95,3), su valori vicini alla media 2024, e l’incertezza si riduce appena. Lato domanda, a inizio 2025 i giudizi sugli ordini recuperano di poco nella manifattura, un po’ di più nei servizi. Nel complesso, gli investimenti delle imprese non sembrano ancora beneficiare della politica monetaria meno restrittiva.
Consumi: crescita incerta. A dicembre si è avuto un recupero delle vendite al dettaglio (+0,8%), che ha limitato il calo nel 4° trimestre a -0,2%. A gennaio, la fiducia dei consumatori risale, pur su valori contenuti (98,2, da 96,3). L’ulteriore allentamento di politica monetaria stimola il canale del credito e il reddito totale è cresciuto nel 2024. In contrasto, l’indicatore ICC suggerisce una frenata a inizio 2025.
Servizi: crescita modesta. La spesa dei turisti stranieri si è assestata su un’espansione moderata (+1,3% annuo a dicembre). A gennaio, l’indice RTT (CSC-TeamSystem) segnala un calo del fatturato dei servizi; il PMI scende e resta appena in area espansiva (50,4 da 50,7), indicando una crescita striminzita; anche la fiducia delle imprese del settore si è ridotta a inizio anno (99,0 da 99,6).
Industria in affanno. La produzione è scesa a dicembre (-3,1%) dopo il marginale recupero a novembre: -1,1% nel 4° trimestre, il 7° consecutivo in calo: l’automotive segna un -36,6% su dicembre 2023. A gennaio, l’HCOB PMI è rimasto su valori recessivi (46,3 da 46,2) e l’RTT industria indica un fatturato in calo; la fiducia rimane su livelli bassi, le attese di produzione migliorano ma restano modeste.
Export debole. L’export di beni italiano ha mostrato una moderata risalita a dicembre (+1,9%), ma nel complesso del 2024 resta di poco negativo (-0,4% a prezzi correnti), a causa del calo delle vendite intra-UE (-1,9%), solo in parte bilanciato da un aumento extra-UE (+1,2%). Tra i settori, positive le dinamiche di farmaceutico e alimentari, negative quelle di automotive e pelletteria. Tra i paesi, calo nei primi mercati (Germania, USA, Francia), crescita in altre importanti destinazioni (Spagna, UK, Turchia).
Eurozona: l’industria non riparte. Secondo i PMI manifatturieri, a gennaio le principali economie dell’Eurozona sono sotto la soglia di espansione, esclusa solo la Spagna. Non cambia dunque il quadro offerto dai dati sulla produzione industriale di dicembre: Spagna in aumento (+1,4%), Germania in forte calo (-2,9%) e Francia in lieve flessione (-0,4%); anche il 4° trimestre 2024 si è chiuso bene solo in Spagna (+0,9%) mentre è stato negativo per Germania e Francia (-1,2% e -0,7%).
USA: domanda interna fiacca. L’industria a gennaio è salita oltre le aspettative (+0,5% la produzione), delineando un 1° trimestre 2025 positivo (+1,1% acquisito, dopo -0,3% nel 4° 2024). Le vendite al dettaglio, invece, sono scese in modo rilevante (-0,9%) per la prima volta da agosto, ma l’acquisito nel 1° trimestre rimane positivo (+0,2%). Rallenta anche la dinamica degli occupati (+143mila unità).
Cina: frenata dei consumi. La produzione industriale accelera di poco a novembre (+5,4% annuo, da +5,3%), trainata da high-tech (+8,7%) e attrezzature industriali (+7,8%); gli indicatori PMI suggeriscono che la manifattura rallenti a gennaio, pur restando in area espansiva. Intanto, frena la crescita dei consumi (+3,0% annuo a novembre, da +4,8%) e resta bassa la dinamica dei prezzi: al consumo è a +0,5% annuo in gennaio (da +0,1%), alla produzione è a -2,3% per il secondo mese consecutivo.
Il boom di Borsa è un buon segnale per l’economia?
Quotazioni di Borsa ai massimi. Negli USA, l’indice S&P-500 a febbraio 2025 è più alto del +132% rispetto ai livelli di inizio 2019, grazie soprattutto al forte incremento nel corso del 2024 (campagna elettorale per le presidenziali, news sulla guerra Russia-Ucraina); l’indice “tecnologico” Nasdaq registra un aumento ancora più ampio (+228%). In Europa, le Borse stanno salendo rapidamente: nel DAX tedesco +8,0% a febbraio su fine 2024, nel FTSE italiano +7,7%; con tale ulteriore balzo, le quotazioni sono al +98% in Germania e al +85% in Italia dai livelli di inizio 2019.
Volano le azioni bancarie. Particolarmente positivo l’andamento delle quotazioni del settore bancario. In Italia +199% nel 2025 sul 2019, in Germania +170%. Anche negli USA l’incremento per il settore è marcato. Ciò grazie al contesto di alti tassi in entrambe le aree, ai massimi fino a metà del 2024 e tutt’ora elevati, che insieme alle altre misure di politica monetaria (acquisto di titoli, prestiti alle banche) ha sostenuto la redditività degli istituti nell’Eurozona e negli USA.
Borsa ed economia reale. Tra i mercati finanziari e l’economia reale nel medio-lungo termine c’è storicamente un nesso significativo, sebbene le dinamiche di breve termine possano in alcuni casi divergere in modo marcato. La correlazione tra la dinamica dei prezzi di Borsa e quella del PIL (calcolata su dati trimestrali, grezzi, a prezzi correnti), in Italia è stata pari al 78% nel periodo 2019-2024, un valore molto elevato, nonostante che il mercato di Borsa in Italia conti meno rispetto ad altre economie come USA e UK.
Canali di interazione. I canali tramite cui la Borsa ha un impatto sull’economia reale sono molteplici. Un rialzo delle quotazioni, accrescendo la ricchezza finanziaria delle famiglie, può avere un effetto positivo sulla spesa per consumi, specie in beni durevoli. Similmente, quotazioni azionarie più alte possono consentire alle imprese di reperire più facilmente risorse di medio-lungo termine sui mercati, per finanziare nuovi investimenti e anche per sostenere un aumento dell’attività produttiva corrente.
Scelte delle imprese e Borsa. Risulta, infatti, che le dinamiche di produzione industriale, investimenti delle imprese e Borsa in Italia, in alcuni periodi, hanno un profilo simile, per esempio nel 2019-2020; la produzione nel 2021 ha preso un percorso divergente, per poi riallinearsi alla Borsa nel 2022; nel 2023-2024 invece la rincorsa di Piazza Affari non sembra trovare riscontro nei dati macro, almeno finora. Complessivamente, nel periodo 2019-2024, la correlazione in Italia tra la dinamica dell’indice FTSE e quella della produzione industriale è stata pari al 68%, quella con gli investimenti al 47%, valori entrambi molto significativi.
Mercati e fiducia. I prezzi di Borsa tendono a salire quando si diffonde fiducia tra gli operatori finanziari sulle tendenze di singole imprese e dell’economia. L’andamento delle Borse perciò è spesso interpretato anche come indicatore di “fiducia”, sebbene solo di una parte degli operatori. Tende a esserci, infatti, correlazione anche tra le Borse e gli indici di fiducia: in Italia, quella delle imprese è risalita a dicembre e gennaio, insieme ai prezzi azionari. E maggiore fiducia stimola sicuramente gli investimenti e i consumi, quindi il PIL.
Buon indicatore per il PIL. Dunque, la corsa dei prezzi di Borsa del 2024 e di inizio 2025 può essere un indicatore positivo: suggerisce, nel medio termine, una ripresa della crescita del PIL in Italia (e Germania), riconciliando le traiettorie di mercato finanziario ed economia reale. A meno che il tempo non dimostri che erano gli attuali rialzi di Borsa a essere eccessivi, slegati dalle difficili dinamiche di fondo.
Ma alta incertezza. Un caveat è che il rialzo delle Borse non è mai lineare: procede con oscillazioni di breve periodo, anche ampie: l’indice VIX, che misura proprio tale volatilità azionaria, oggi è alto (15,2, da 13,8 a fine 2019). E tale volatilità dei mercati si associa spesso ad alta incertezza, come di recente è avvenuto sulla scia degli annunci di dazi USA: l’indice EPU globale è balzato a 375 a fine 2024, valore secondo solo al picco durante la pandemia. E l’incertezza è nemica delle scelte di investimento (imprese) e di consumo (famiglie). Perciò, un trend di Borsa positivo ma volatile non sempre si traduce in contemporanea accelerazione del PIL.
L’introduzione delle body-cam per i controllori dei mezzi pubblici rappresenta un’iniziativa lodevole e necessaria per tutelare sia gli operatori che gli utenti dei mezzi, ed in definitiva incrementare la sicurezza percepita dai cittadini. Questi dispositivi, applicati direttamente sulle divise, consentono di registrare in alta definizione tutte le fasi delle verifiche, fornendo un supporto in caso di contenziosi e aumentando l’efficacia delle operazioni di controllo. Oltre a rafforzare la sicurezza, le body-cam fungono da deterrente contro comportamenti ostili o violenti nei confronti del personale e degli utenti del servizio.
In questo contesto, un ruolo strategico nella gestione delle body-cam può essere assunto dagli istituti di vigilanza privata. Grazie agli ingenti investimenti in tecnologie avanzate effettuati negli ultimi anni, le nostre realtà dispongono delle competenze e delle infrastrutture necessarie per garantire una gestione efficiente e sicura dei dati raccolti.
La possibilità di affidare agli IVP la gestione del segnale delle body-cam permetterebbe un monitoraggio costante e un intervento tempestivo in caso di situazioni critiche. I segnali video possono essere trasmessi in tempo reale alle nostre centrali operative, consentendo agli operatori di intervenire prontamente o di allertare le forze dell’ordine qualora la situazione lo richieda.
Gli IVP hanno già dimostrato in numerosi ambiti di possedere le competenze per la gestione di sistemi avanzati di sicurezza, come videosorveglianza e controllo accessi. L’implementazione delle body-cam nel sistema di monitoraggio centralizzato rappresenterebbe un ulteriore passo in avanti, sfruttando al massimo le potenzialità delle infrastrutture esistenti. Questo approccio non solo migliorerebbe la protezione del personale a bordo dei mezzi pubblici, ma offrirebbe ai cittadini una maggiore tranquillità, sapendo che situazioni di rischio vengono gestite da operatori esperti e pronti a intervenire.
Affidare la gestione del segnale delle body-cam agli istituti di vigilanza privata permetterebbe inoltre di ottimizzare le risorse delle forze dell’ordine, riducendo il carico di interventi su situazioni di minore entità, ottenendo così la massima efficienza di servizio.
Si tratterebbe insomma di una scelta strategica che consentirebbe di sfruttare al meglio le tecnologie a disposizione, garantendo un ambiente più sicuro per il personale e per i cittadini, aumentando la percezione di sicurezza e contribuendo a migliorare la qualità del servizio di trasporto pubblico e la fiducia dei cittadini nelle misure adottate per la loro protezione e per il contrasto di condotte illecite.
Ci auguriamo quindi che la nostra proposta possa aprire un dibattito positivo sul tema