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Telecamere ai semafori, il Garante punisce il Comune: «Privacy non rispettata»

Il Garante per la protezione dei dati: necessaria una valutazione preliminare di impatto privacy per tutti gli strumenti automatici per il controllo del traffico

di Stefano Manzelli 11/02/2025 – Italia Oggi

Tutti gli strumenti automatici per il controllo del traffico devono essere accompagnati da una valutazione preliminare di impatto privacy. Ed essere identificati con segnaletica ad hoc e un’informativa di secondo livello sulla protezione dei dati. Lo ha evidenziato il Garante per la protezione dei dati con l’innovativo provvedimento del 12 dicembre 2024. I dispositivi omologati per il controllo automatico delle infrazioni stradali sono sempre stati ritenuti esenti dall’obbligo di una valutazione preliminare di impatto privacy, stante la particolare configurazione selettiva dei dati trattati. Con questo severo provvedimento l’Autorità cambia orientamento.

Semaforo rosso, il reclamo e il provvedimento del Garante

Alcuni automobilisti incorsi nel rigore del semaforo rosso hanno presentato reclamo al Garante che ha avviato un’istruttoria che si è conclusa con l’applicazione di una severa misura punitiva a carico del comune di Portici. Oltre a non aver posizionato alcun segnale stradale in prossimità degli impianti e non aver messo a disposizione degli interessati una informativa di secondo livello la negligenza maggiore, a parere del collegio, risulta la mancanza di una valutazione preliminare di impatto privacy. In caso di rischi elevati per gli interessati, specifica infatti il Garante, “derivanti, ad esempio, dall’utilizzo di nuove tecnologie e sempre presenti laddove sia effettuata una sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico, il titolare del trattamento deve effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (…). Sul punto il comune ha dichiarato che, all’atto dell’installazione dei dispositivi video in esame, non ha svolto una valutazione di impatto (…). Si osserva, tuttavia, che il comune era certamente soggetto all’obbligo di redigere una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati”.

Pubblicato su Italia Oggi – 11/02/2025

https://www.italiaoggi.it/diritto-e-fisco/giustizia/telecamere-ai-semafori-il-garante-punisce-il-comune-privacy-non-rispettata-s2k265h9?refresh_cens

Ministero del Lavoro, interpello n. 2/2025: Decontribuzione lavoratrici madri anche con contratti flessibili

Lo sgravio contributivo previsto dell’articolo 1, commi da 180 a 182, della Legge di bilancio 2024 (Legge n. 213/2023) può essere esteso alle lavoratrici madri di 3 o più figli con rapporto di lavoro intermittente a tempo indeterminato.

Ad affermarlo è il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nell’ interpello n. 2/2025 in risposta al quesito avanzato dall’Associazione Nazionale per Industria e Terziario (ANPIT).

La Legge di bilancio 2024 ha previsto per il triennio 2024-2026 una decontribuzione totale della quota dei contributi a carico delle lavoratrici madri con 3 o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. La medesima misura è prevista in via sperimentale per il solo 2024 anche per lavoratrici madri di 2 figli, sino al compimento del decimo anno di età del figlio minore (cfr. circ. n. 27 del 31.01.2024.).  L’ agevolazione contributiva è stata oggetto di  ulteriori modifiche disposte dalla Legge di bilancio 2025 con un profondo restyling della misura dall’ampliamento della platea di beneficiari , alla riduzione della percentuale di esonero e nuovi requisiti reddituale (Mess. n. 401 del 31.01.2025 ).

Nel fornire il proprio parere, il Ministero tiene conto della ratio dell’ Istituto oltre che del tenore letterale della norma. 

Nel caso in esame, l’agevolazione contributiva si traduce, nel caso in esame, in un incremento della busta paga utile a contrastare il preoccupante fenomeno dell’abbandono del mondo del lavoro da parte delle lavoratrici madri. Si tratta di un intervento volto a promuovere non tanto la stabilità dei rapporti di lavoro, quanto piuttosto ad incrementare i livelli retributivi riconosciuti alle lavoratrici madri e a sostenere il reddito delle famiglie con figli minori, senza determinare alcun vantaggio specifico per i datori di lavoro.

Da questo punto di vista, l’intervento sembra richiamare una misura affine, introdotta in via sperimentale dall’articolo 1, comma 137 della Legge di bilancio per il 2022 (Legge n. 234/2021) che ha previsto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali nella misura del 50% esclusivamente sulla quota a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato. Quest’ultima disposizione, analoga per ratio a quella in esame, è stata applicata a tutti i rapporti di lavoro dipendente del settore privato, incluso il lavoro intermittente come specificato dall’ INPS con la circ. n. 102 del 19.09.2022.

In considerazione dei precedenti sviluppi di prassi, il Ministero ravvisa che non vi sono elementi ostativi a utilizzare il medesimo criterio interpretativo anche con riferimento allo sgravio contributivo previsto dell’articolo 1, commi da 180 a 182 della Legge di bilancio 2024 la cui lettera, nell’individuare come ambito applicativo generale il “rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato”, si limita a escludere espressamente dal beneficio in esame il solo lavoro domestico.

Tenuto conto della mancata esclusione del lavoro intermittente e della specifica finalità di sostenere il reddito delle lavoratrici madri – esigenza ancora più evidente rispetto a lavoratrici poste in una posizione di maggiore fragilità connessa allo svolgimento di un contratto flessibile – il Dicastero ha ritenuto non  coerente con la ratio della previsione normativa aderire a un’interpretazione estensiva della richiamata disposizione, in virtù della quale il beneficio contributivo può essere riconosciuto anche alle lavoratrici occupate con un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato.  

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

In vigore i divieti sull’intelligenza artificiale che comporta un rischio inaccettabile. Linee Guida della Commissione UE

A partire dal 2 febbraio 2025, sono vietati i sistemi di intelligenza artificiale che comportano un rischio inaccettabile, inclusi quelli che minacciano la sicurezza, i diritti e i mezzi di sussistenza delle persone, come i controlli indiscriminati di massa, le identificazioni biometriche remote e il punteggio sociale. 

Diventa operativo, infatti, il primo blocco di disposizioni del nuovo Regolamento UE n. 2024/1689 del 13 giugno 2024 (Artificial Intelligence Act) che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale e modifica i precedenti regolamenti e le direttive in materia.

Il Regolamento, entrato in vigore il 2 agosto 2024, prevede un’applicazione progressiva con diverse tempistiche.

A decorrere dal 2 febbraio, segnatamente, si applicano i capi I e II per Regolamento, rispettivamente dedicati alle disposizioni di carattere generale e alle pratiche vietate. Nella sua regolamentazione sui sistemi di intelligenza artificiale, l’Artificial Intelligence Act (AI Act), impone il divieto di alcune tecnologie che potrebbero compromettere i diritti fondamentali, la sicurezza delle persone e la protezione della privacy

Tra i sistemi di intelligenza artificiale vietati all’interno dell’Unione Europea rientrano:

Tecniche manipolative e sfruttamento delle vulnerabilità – Sono vietati i sistemi che utilizzano tecniche subliminali, manipolative o ingannevoli per influenzare il comportamento umano, compromettendo il processo decisionale consapevole.

È inoltre proibito lo sfruttamento delle minacce legate a età, disabilità o condizioni socio-economiche per manipolare le persone, causando danni significativi.

Sistemi di categorizzazione biometrica e punteggio sociale – L’uso dell’IA per dedurre attributi sensibili come razza, orientamento politico, appartenenza sindacale, religione o vita sessuale è vietato, salvo specifiche eccezioni per le forze dell’ordine.

Inoltre, è proibita qualsiasi forma di punteggio sociale, ovvero la classificazione degli individui basata su comportamenti o caratteristiche personali che possano determinare trattamenti discriminatori.

Profilazione criminale e riconoscimento facciale – È vietato l’utilizzo dell’IA per valutare il rischio di reati basandosi esclusivamente su profilazioni o tratti della personalità, a meno che non venga integrato con una valutazione umana basata su dati oggettivi.

Non è poi consentita la creazione di database di riconoscimento facciale tramite raccolta indiscriminata di immagini da Internet o da sistemi di sorveglianza.

Identificazione biometrica remota (RBI) e analisi delle emozioni – L’uso dell’IA per rilevare emozioni nei luoghi di lavoro o nelle scuole è proibito. L’identificazione biometrica remota in tempo reale è vietata nei luoghi pubblici, salvo casi specifici per le forze dell’ordine, come la ricerca di persone scomparse, la prevenzione di attacchi terroristici o l’identificazione di sospetti per reati gravi.

L’impiego dell’identificazione biometrica da parte delle autorità è soggetto a rigide condizioni, tra cui la necessità di una valutazione d’impatto, la registrazione del sistema e l’ottenimento di un’autorizzazione preventiva. In caso di urgenza, il sistema può essere attivato senza autorizzazione, ma deve essere regolarizzato entro 24 ore. Se l’autorizzazione viene negata, l’uso deve cessare immediatamente e i dati raccolti devono essere cancellati.

Le ulteriori disposizioni dell’AI act in materia di governance e di obblighi per i modelli di intelligenza artificiale di uso generale entreranno in vigore dopo 12 mesi, mentre le normative per i sistemi di intelligenza artificiale integrati nei prodotti regolamentati saranno applicate dopo 36 mesi. I 24 mesi successivi all’entrata in vigore, invece, saranno utilizzati dall’Unione Europea per completare il processo di attuazione dell’AI Act.

Nel frattempo, il 4 febbraio 2025 la Commissione Europea ha approvato la pubblicazione delle linee guida sulle pratiche di intelligenza artificiale che sono ritenute inaccettabili a causa dei loro potenziali rischi per i valori e i diritti fondamentali europei, che sono già disponibili in lingua inglese (Guidelines on prohibited artificial intelligence practices established byRegulation EU 2024/1689 – AI Act).

Le suddette linee guida, che dovranno essere poi adottate formalmente, sono progettate per garantire l’applicazione coerente, efficace e uniforme della legge sull’intelligenza artificiale in tutta l’Unione europea. Pur offrendo preziose informazioni sull’interpretazione della Commissione UE dei divieti, esse non sono vincolanti, con interpretazioni autorevoli riservate alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). Esse forniscono spiegazioni legali ed esempi pratici per aiutare le parti interessate a comprendere e rispettare i requisiti della legge sull’intelligenza artificiale.  

Fonte : FederPrivacy 

Articolo tratto da Lavorosi.it

Somministrazione: in rassegna le novità del Collegato Lavoro; Milleproroghe e Legge di bilancio

Flessibilità nell’utilizzo delle risorse dei Fondi bilaterali per la formazione e l’integrazione del reddito – I soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro sono tenuti, ai sensi dell’art. 12, Dlgs. 276/2003, a versare ai fondi bilaterali appositamente costituiti dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro un contributo pari al 4 % della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato o a tempo indeterminato per l’esercizio di attività di somministrazione.

Le risorse sono destinate, a seconda della tipologia di contratto stipulato, a interventi di formazione e riqualificazione professionale, nonché a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito a favore dei lavoratori assunti o precedentemente assunti con contratto a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati a una missione.

Per i somministrati assunti a tempo indeterminato le risorse sono attribuite, inoltre, per iniziative comuni finalizzate a verificare l’utilizzo della somministrazione di lavoro e la sua efficacia anche in termini di promozione della emersione del lavoro non regolare e di contrasto agli appalti illeciti o ad iniziative per l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori svantaggiati e, infine, per la promozione di percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale.

L’art. 9 del Collegato lavoro ha previsto che i predetti interventi, in precedenza attuabili unicamente nel quadro delle politiche e delle misure stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro delle imprese di somministrazione di lavoro ovvero in mancanza dagli stessi fondi, possano essere d’ora innanzi impiegati anche in forma più flessibile, senza vincoli di ripartizione tra le misure relative ai lavoratori assunti con contratto a termine e quelle relative ai lavoratori assunti a tempo indeterminato,  in considerazione dei rapidi cambiamenti del mercato del lavoro che richiedono il tempestivo adeguamento delle competenze dei lavoratori e della necessità di reperire e formare le professionalità necessarie per soddisfare i fabbisogni delle imprese e per favorire l’attuazione del PNRR.

Modifiche alla disciplina del Dlgs. 81/2015 – Il Collegato lavoro è, inoltre, intervenuto sullo specifico tema della somministrazione abrogando gli ultimi due periodi dell’art. 31 del Dlgs 81/2015 che avevano garantito, sin dal periodo pandemico, l’impiego in missione, anche per periodi superiori a ventiquattro mesi, del lavoratore somministrato, inizialmente assunto a tempo determinato dall’utilizzatore con contratto poi convertito a tempo indeterminato, senza che il superamento del predetto limite massimo alle assunzioni determinasse la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.

L’abrogazione parziale della norma risulta sorprendente perché si pone in netta controtendenza con il trend che per oltre 4 anni aveva agevolato un differimento dell’efficacia della misura che, inizialmente inserita in una disposizione d’urgenza, era stata, poi, non casualmente confermata nel nostro ordinamento per incentivare l’utilizzo, anche in virtù di più missioni a termine, di personale la cui posizione lavorativa era comunque garantita dall’assunzione stabile alle dipendenze di un’agenzia di somministrazione.

La novella modifica, inoltre, integrandolo, il numero di casi in cui il legislatore ammette un espresso esonero dall’osservanza dei limiti quantitativi previsti, in tema di somministrazione a tempo determinato, dalla legge (30% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’utilizzatore) o dalla contrattazione collettiva.

L’art. 10 del Collegato lavoro solleva, in particolare, dal rispetto del limite percentuale oltre che le assunzioni con contratto di somministrazione a tempo determinato che riguardino:

– lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;

– lavoratori disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;

–  lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati

anche, e questa è l’innovazione, le assunzioni di:

– lavoratori assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

– lavoratori ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del presente decreto (assunti a termine in fase di avvio di nuove attività, da imprese start-up innovative, attività stagionali, per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi, per sostituzione di lavoratori assenti o lavoratori di età superiore a 50 anni).

Il legislatore ha apportato, inoltre, ulteriori modifiche.

A tal proposito si rammenta che, come noto, in caso di assunzione a termine il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla stessa normativa di cui al capo III del Dlgs. 81/2015, ossia la disciplina del contratto a tempo determinato, con talune specifiche esclusioni afferenti a rinnovi, a rispetto dei limiti numerici alle assunzioni ed diritto di precedenza.

In particolare, secondo l’art. 19 Dlgs 81/2015, al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi anche in assenza di una specifica causale giustificativa, tuttavia, la predetta durata può essere anche superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di una delle ipotesi previste dalla norma ossia:

“a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

b)   in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;

b-bis) in sostituzione di altri lavoratori”.

Orbene, il Collegato lavoro ha previsto espressamente che la predetta disciplina non operi in caso di impiego di soggetti disoccupati che godano da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 17/10/2017.

Ulteriore novità che deve segnalarsi in merito al disposto dell’art. 19, comma 1, Dlgs. 81/2015 è che l’aggiornamento del termine del 31 dicembre 2025 di cui alla sopra citata lettera b) è stato statuito dall’art. 14 del D.L. 27/12/2024 n. 202 (c.d. Decreto Milleproroghe) in continuità con i precedenti differimenti di efficacia temporale del comma, a mano a mano approvati a seguito dell’iniziale introduzione della stessa da parte del Decreto Lavoro.

La deroga ai limiti percentuali in caso di assunzioni effettuate da Amministrazioni titolari di interventi del PNRR – La recente legge di Bilancio è, invece, intervenuta in tema di contratti a tempo determinato e di contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato stipulati da Amministrazioni titolari di interventi del PNRR.

A tal proposito si rammenta che l’art. 1, comma 2, D.L. 80/2021 aveva ammesso la facoltà di tali soggetti di assumere personale a termine per un periodo complessivo anche superiore a trentasei mesi – termine ancora applicato ai pubblici dipendenti in luogo del citato termine di 24 mesi applicato ai rapporti di lavoro privati – ma non eccedente la durata di attuazione dei progetti di competenza delle singole amministrazioni e comunque non eccedente il 31 dicembre 2026.

Orbene, con l’entrata in vigore della legge di Bilancio anche i predetti contratti conclusi dalle Amministrazioni pubbliche sono stati esclusi, in deroga alla disciplina generale, dall’applicazione dei limiti numerici alle assunzioni a termine, in precedenza già presi in esame.

Avv. Andrea Consolini WST Legal & Tax 

Articolo pubblicato su Lavorosi.it