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Contribuzione e trasformazione contrattuale dell’apprendistato con il Collegato Lavoro


L’articolo 18 della legge 13 dicembre 2024, n. 203, ha modificato il comma 9 dell’articolo 43 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, relativo all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello o apprendistato scolastico). 

In particolare, la novellata disposizione, prevede la possibilità di trasformazione del contratto di apprendistato di primo livello, oltre che in un contratto di apprendistato professionalizzante (o apprendistato di secondo livello), anche in un contratto di “apprendistato di alta formazione e di ricerca e per la formazione professionale regionale, secondo la durata e le finalità definite ai sensi e per gli effetti dell’articolo 45, nel rispetto dei requisiti dei titoli di studio richiesti per l’accesso ai percorsi.

Si rammenta, al riguardo, che il contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca e per la formazione professionale regionale, di cui all’articolo 45 del decreto legislativo n. 81/2015, è utilizzabile in tutti i settori di attività, sia pubblici che privati, e prevede che possano essere assunti soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni che siano “in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo” (cfr. l’art. 45, comma 1).

Pertanto, la “trasformazione del contratto”, previo aggiornamento del piano formativo individuale e nel rispetto dei requisiti dei titoli di studio richiesti per l’accesso ai percorsi, comporta la continuità del contratto di lavoro stipulato tra le parti, ossia tra l’iniziale apprendistato di primo livello e l’apprendistato di alta formazione e di ricerca e per la formazione professionale regionale e, in particolare, ai sensi dell’articolo 45  comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015, di un prolungamento del periodo di formazione finalizzato:

– al conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca;

– al conseguimento di diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2008;

– allo svolgimento di attività di ricerca;

– allo svolgimento del praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.

Si precisa in proposito che, ai sensi del comma 2 del citato articolo 45, il datore di lavoro che intenda stipulare un contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca deve necessariamente sottoscrivere un protocollo con l’ente formativo o di ricerca a cui il giovane è iscritto con il quale venga stabilita “la durata e le modalità, anche temporali, della formazione a carico del datore di lavoro […]”. La medesima disposizione prevede altresì che la formazione esterna all’azienda è svolta nell’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto e nei percorsi di istruzione tecnica superiore e non può, di norma, essere superiore al 60 per cento dell’orario ordinamentale”.

La retribuzione dell’apprendista è disciplinata secondo lo stesso schema previsto per l’apprendistato di primo livello (cfr. l’art. 45, comma 3). 

Si rileva infine che, per i soli profili che attengono alla formazione, la regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato sono rimesse alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, in accordo con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative indicate all’articolo 45, comma 4, del decreto legislativo n. 81/2015. Ai sensi del successivo comma 5 del medesimo articolo 45: “In assenza delle regolamentazioni regionali di cui al comma 4, l’attivazione dei percorsi di apprendistato di alta formazione e ricerca è disciplinata dalle disposizioni del decreto di cui all’articolo 46, comma 1”. 

2. Regime contributivo. Precisazioni

Per il generale regime contributivo applicabile ai contratti di apprendistato, compresi i casi di trasformazione di cui al comma 9 dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 81/2015, si rinvia integralmente alla circolare n. 108 del 14 novembre 2018.

Come precisato con il messaggio n. 1478 del 10 aprile 2019 in relazione all’ipotesi di trasformazione dell’apprendistato di primo livello in apprendistato professionalizzante (o di secondo livello) operata da datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, anche nel caso di trasformazione in apprendistato di alta formazione e di ricerca ai sensi del novellato comma 9 dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 81/2015, le riduzioni di cui all’articolo 1, comma 773, quinto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, trovano applicazione limitatamente ai periodi contributivi afferenti alla formazione di primo livello.

Pertanto, tenuto conto che la trasformazione del contratto ai sensi dell’articolo 43, comma 9, del decreto legislativo n. 81/2015, non comporta la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, bensì la continuità del rapporto già in essere, a decorrere dalla data di trasformazione, l’aliquota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

Il datore di lavoro è altresì tenuto al versamento dell’aliquota di finanziamento della NASpI nella misura dell’1,31% e del contributo integrativo destinabile al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua pari allo 0,30%.

Per i datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione delle disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale ordinaria e/o straordinaria (CIGO/CIGS) e dei Fondi di solidarietà bilaterali di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, la misura della contribuzione dovuta è ulteriormente incrementata dalle aliquote di finanziamento delle relative prestazioni.

3. Modalità di esposizione all’interno della sezione <PosContributiva> del flusso Uniemens

Ai fini della compilazione del flusso Uniemens, non ravvisandosi modifiche sotto il profilo procedurale, i datori di lavoro devono attenersi alle modalità in uso.

Scarica il messaggio INPS 24 gennaio 2025, n. 285

Fonte: INPS

Collegato Lavoro: somministrazione più flessibile

Il Collegato Lavoro introduce rilevanti modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro a tempo determinato, ampliando le possibilità di utilizzo e semplificando alcune norme per specifiche categorie di lavoratori.

Le novità, introdotte con l’art. 10 della Legge 203/2024, mirano a rendere più flessibile il mercato del lavoro mantenendo un equilibrio tra tutele dei lavoratori e aziende che ricorrono alla somministrazione di lavoro.

Soppresso il regime transitorio – Una prima modifica riguarda la soppressione del regime transitorio che consentiva fino al 30 giugno 2025 di superare il limite di 24 mesi per le missioni a termine di lavoratori somministrati, qualora fossero stati assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia di somministrazione e questa ne avesse comunicato la natura all’utilizzatore.  

Ampliate le ipotesi di esenzione dai limiti quantitativi – La seconda novità introduce importanti novità riguardo alle esenzioni dai limiti quantitativi per i lavoratori somministrati a tempo determinato. L’art. 31, comma 2, del D.lgs. n. 81/2015 stabilisce che, salvo diversa previsione del contratto collettivo applicato dall’ utilizzatore, e fermo restando il limite del 20% di assunzioni a termine rispetto al numero di lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio di ciascum anno, il numero dei lavoratori somministrati a tempo determinato non può superare il 30% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio presso l’azienda utilizzatrice. Tuttavia, questo limite non si applica esclusivamente ad alcune categorie specifiche, tra cui:

  • Soggetti in mobilità: lavoratori licenziati che si trovano in condizione di mobilità e possono essere riqualificati per il reinserimento nel mercato del lavoro ( art. 8, c. 2, Legge n. 223/91 ) ; 
  • Soggetti disoccupati che percepiscono da almeno sei mesi trattamenti di disoccupazione non agricola o ammortizzatori sociali: questa categoria include lavoratori che hanno avuto difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro e che necessitano di un sostegno maggiore.
  • Lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati: come definiti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, includono giovani senza esperienza lavorativa, persone con disabilità, lavoratori di età superiore ai 50 anni e altre categorie con difficoltà di integrazione lavorativa.

Il Collegato Lavoro amplia ulteriormente le categorie di lavoratori esenti dal limite del 30%, con la previsione di due nuove ipotesi:

1. le ipotesi di esenzione individuate dall’art. art 23, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015, per i limiti quantitativi all’impiego con contratto a termine ( 20 % ), vengono ora estese ai lavoratori somministrati. Trattasi di lavoratori impiegati in

  • fase di avvio di nuove attività: per i periodi definiti dai contratti collettivi, che possono variare in base al settore e al territorio.
  • start-up innovative: per un periodo di quattro anni dalla costituzione della società o per un periodo inferiore se la società è già costituita.
  • attività stagionali: che comprendono lavori legati a specifiche stagioni, come il turismo estivo e invernale.
  • spettacoli specifici e programmi radiofonici o televisivi: dove è richiesta una professionalità particolare per determinati periodi.
  • sostituzione di lavoratori assenti: per garantire la continuità operativa in caso di maternità, malattia o altri eventi.
  • lavoratori over 50: che, a causa dell’età, potrebbero incontrare maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro.

2. Sono esenti dal computo i lavoratori somministrati con contratto a tempo indeterminato, compresi i lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle Agenzie per il Lavoro e somministrati a tempo determinato presso un utilizzatore.  L’ esenzione mira in questo caso a rafforzare il ruolo potenzialmente strategico della somministrazione a tempo indeterminato ( cd. Staff Leasing ) come valido strumento per garantire flessibilità organizzativa sul medio-lungo termine con tutele elevate per i lavoratori.

Disciplina semplificata per i lavoratori svantaggiati – Particolarmente significativa, infine,  la modifica all’articolo 34, comma 2 del D.lgs. n. 81/2015 in materia di causali giustificative al contratto a tempo determinato superiore a 12 mesi stipulato fra l’Agenzia del Lavoro ed il lavoratore. La norma esonera l’Agenzia del Lavoro dall’obbligo di indicare la ragione di apposizione del termine superiore a 12 mesi (art. 19, comma 1, D.lgs. n. 81/2015) qualora il contratto a termine riguardi l’impiego di:

  • soggetti disoccupati che percepiscono da almeno sei mesi trattamenti di disoccupazione non agricola o ammortizzatori sociali;
  • lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati come definiti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, che includono giovani con limitata esperienza lavorativa, persone con disabilità e lavoratori che necessitano di un reinserimento professionale agevolato.

In questa sede è importante ricordare che le facilitazioni normative connesse alle persone svantaggiate, quali l’esenzione dal calcolo dei limiti quantitativi e il nuovo regime di a-causalità, sono riservate alla sola somministrazione e non sono ammesse ai contratti a tempo determinato alle dirette dipendenze de datore di lavoro. 

Somministrazione e attività stagionali – Ulteriore novità, introdotta con il Collegato Lavoro è quella che riguarda l’utilizzo dei lavoratori in somministrazione per lo svolgimento delle attività stagionali.

Ai fini della qualificazione giuridica delle c.d. “attività stagionali”, e l’applicazione delle deroghe in materia di contratto a termine, l’art. 21, c. 2, DLgs 81/2015 rinvia alle ipotesi individuate da apposito decreto ministeriale, o in alternativa dalla contrattazione collettiva o, in carenza di entrambi le fonti, alle disposizioni del DPR 7 ottobre 1963, n. 1525.

Il Collegato Lavoro 2025, intervenendo all’ art. 11 con una norma di interpretazione autentica, chiarisce  che rientrano nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal DPR 1525/1963, anche ” le attività organizzate per far fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi “ stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative.

Viene in sostanza ampliata la nozione di stagionalità , con il collegamento , oltre che a determinati periodi dell’anno, anche a picchi di “cicli produttivi” che dovessero riguardare l’azienda datrice di lavoro e/o utilizzatrice. Una nozione di stagionalità che, per effetto del richiamo alla disciplina dei contratti a termine di cui si è detto, trova ora applicazione anche nella somministrazione a tempo determinato. 

Si rammenta che la disciplina derogatoria prevista all’articolo 21 dlgs n. 81/2015 per i lavoratori stagionali assunti con contratto a tempo determinato, consente di superare la maggior parte degli stringenti limiti normalmente previsti dalla disciplina sul contratto a termine tra cui l’individuazione di una causale giustificativa, il limite di durata massima di 24 mesi ed il c.d. “stop and go”, ovvero il rispetto di un intervallo di tempo minimo tra la cessazione di un rapporto a termine e la stipula del successivo. 

Tuttavia va evidenziato che la disposizione del Collegato Lavoro, e il tentativo di estensione dell’ambito di riferimento entro il quale ricondurre le attività stagionali, sembra porsi in evidente contrasto con l’orientamento fortemente restrittivo con cui la giurisprudenza di legittimità ha, soprattutto di recente ( cfr. Cass. 4 aprile 2023 n. 9243 ) tentato di restringere le sempre più numerose previsioni della contrattazione collettiva che avevano tentato di estendere il predetto ambito, ribadendo il carattere tassativo dell’elencazione del D.P.R. 

In attesa di valutare quale sarà la reazione della giurisprudenza a questa posizione estensiva del legislatore, emergono dubbi anche in ordine alla potenziale difformità dell’articolo 11 rispetto alle finalità della direttiva comunitaria in tema di contratto a termine n. 1999/70.

A tal proposito si pone, in particolare, il dubbio che la facoltà ammessa dall’art. 11 di far fronte a generici aumenti di produttività usufruendo del regime derogatorio del lavoro stagionale si possa porre in contrasto con la finalità primaria della direttiva europea di reprimere l’abuso dello strumento della successione di contratti a tempo determinato.

a cura di WST Law & Tax – Lavorosi

Legge di Bilancio: Trasferte e spese di rappresentanza solo con pagamenti tracciabili

La Legge di Bilancio ha introdotto a decorrere dal periodo di imposta 2025 nuove misure riguardanti la tracciabilità delle spese di trasferta e rappresentanza riguardanti i rimborsi ai dipendenti. L’intento è quello di porre argine all’evasione fiscale.

In sintesi, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare), per la relativa deduzione – sia ai fini IRES che ai fini IRAP – devono essere sostenute con metodi tracciabili (i.e. bonifici, carte di debito, di credito e prepagate, assegni, ecc.):

  •           le spese di vitto e alloggio, viaggio e trasporto mediante taxi/NCC nonché i rimborsi analitici delle medesime spese, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi (art. 95, comma 3-bis, TUIR);
  •          le spese di rappresentanza, inclusi gli omaggi (art. 108, comma 2, TUIR).

Restano ovviamente fermi i limiti quantitativi previsti, dall’ordinamento tributario, per le citate tipologie di spese.

Allo stesso modo, in capo al percipiente, i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante taxi/NCC non concorrono a formare reddito a condizione che le relative spese siano state sostenute con i citati metodi tracciabili (restano comunque fermi gli oneri documentali per la detassazione degli importi erogati).

Ciò detto, nel caso in cui le citate spese siano sostenute in contanti (o manchi l’evidenza del pagamento effettuato con metodi tracciabili):

–          in capo alla società, le stesse non possono essere dedotte ai fini IRES ed IRAP e, pertanto, devono essere tracciate ai fini del calcolo delle imposte.

–          l’importo rimborsato al dipendente/collaboratore/professionista per le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante taxi/NCC, deve essere assoggettato a ritenute fiscali e previdenziali (il lavoratore, pertanto, riceverà un importo inferiore a quanto da questi anticipato).

Si rileva, peraltro, che – in merito agli obblighi in esame – non sono state previste esclusioni o deroghe (es. Paesi esteri) così come l’applicazione di un “periodo transitorio” o di tolleranza e, pertanto, le nuove norme sono pienamente operative dal 1° gennaio 2025.

Tenuto conto di quanto sopra, è consigliabile di provvedere tempestivamente alla modifica della travel policy e di sensibilizzare i lavoratori al fine di assicurare:

  1. il sostenimento delle citate spese con metodi tracciabili ( carta di credito ; bancomat o bonifico bancario ).
  2. la raccolta e conservazione di adeguata documentazione di supporto per almeno cinque anni ;
  3. chiarezza nella rendicontazione attraverso l’indicazione dettagliata.

a cura di WST Law e TAX

INL: Collegato Lavoro, art. 19 norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro

Facendo seguito alla nota n. 9740/2024, l’ Ispettorato Nazionale del Lavoro ha aggiornato le proprie istruzioni in merito alla novità introdotte dall’ art. 19 della Legge 13 dicembre 2024 n. 203 (cd. Collegato Lavoro) in materia di risoluzione del rapporto di lavoro per assenze ingiustificate.  

La nuova norma integra la disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, con l’aggiunta del comma 7-bis all’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, introducendo nell’ordinamento la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti. 

La citata disposizione consente , in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal CCNL applicato o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a quindici giorni, lo scioglimento del rapporto di lavoro  su iniziativa del datore di lavoro, dandone comunicazione alla sede territoriale INL, che potrà verificare la veridicità della comunicazione.  

La comunicazione ha l’effetto di risolvere automaticamente il rapporto di lavoro, valorizzando l’assenza ingiustificata come comportamento concludente indice della volontà del lavoratore di dimettersi.

La disciplina, che trova la sua ragion d’essere nella necessità di sollevare l’azienda dagli oneri derivanti da un licenziamento disciplinare, non trova applicazione  se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.

La nota n. 579/2025 dell’ Ispettorato  fornisce istruzioni operative e procedurali ai datori di lavoro che intendono avvalersi di tale facoltà.  

Comunicazione alle sedi territoriali INL  – Il datore di lavoro è tenuto ad inviare preferibilmente a mezzo PEC una comunicazione all’ indirizzo istituzionale della sede territorialmente competente. La comunicazione dovrà contenere tutte le informazioni di cui si è a conoscenza , si tratta non solo di dati anagrafici ma anche di recapiti telefonici e di posta elettronica. Per semplificare l’adempimento l’ Ispettorato a messo a disposizione un modello di comunicazione.

Una volta ricevuta la comunicazione, l’ Ispettorato potrà procedere con la verifica della veridicità. Sulle modalità di verifica la nota n.579/2025 precisa che l’ Ispettorato, oltre a contattare il diretto interessato, potrà anche procedere all’intervista di altro personale impiegato o altri soggetti che possano fornire elementi utili ai fini dell’accertamento. In questo l’ Ispettorato garantisce la massima tempestività prevedendo un termine di 30 giorni dalla ricezione della comunicazione entro il quale espletare le dovute verifiche.  

Risoluzione del rapporto di lavoro – Una volta decorso il termine contrattuale o legale dell’assenza ingiustificata, ed effettuata la comunicazione all’ Ispettorato, il datore di lavoro può procedere con la comunicazione UNILAV della cessazione del rapporto di lavoro.

L’ Ispettorato evidenzia che il lavoratore, per evitare l’effetto risolutivo della procedura, ha l’onere di provare non tanto i motivi posti a base dell’assenza, quanto invece i motivi che hanno reso impossibile la loro comunicazione al datore di lavoro.

Laddove all’esito dell’accertamento è riscontrata la non veridicità della comunicazione datoriale, o il lavoratore dia prova dell’impossibilità di comunicare i motivi per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, l’ Ispettorato procede a comunicare la ricostituzione del rapporto ad entrambe le parti. Altrimenti, qualora il lavoratore pur contattato dall’ INL non fornisce giustificazioni, il rapporto si intende comunque risolto.  

Nell’ipotesi in cui vengano riscontrate gravi inadempienze del datore di lavoro, tali da costituire gli estremi di giusta causa ( ad es. : mancato pagamento delle retribuzioni ), tra le prerogative dell’ Ispettorato ricade la facoltà di riqualificare le dimissioni da tacite in dimissioni per giusta causa.

Fonte: INL – LavoroSi