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Convertito in Legge il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146: ulteriori misure a tutela del lavoro

Convertito in Legge il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146: ulteriori misure a tutela del lavoro

​È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 17 dicembre 2021, n. 215 recante la “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.

In sede di conversione sono state apportate le seguenti principali modifiche:

Misure in materia di termini procedurali relativi ai trattamenti e assegni di integrazione salariale emergenziale (art. 11 bis)
I termini di decadenza per l’invio dei dati necessari per il conguaglio, il pagamento o per il saldo delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza epidemiologica da COVID-19, scaduti tra il 31 gennaio e il 30 settembre 2021, sono differiti al 31 dicembre 2021. Inoltre, le domande già inviate alla data di entrata in vigore della legge di conversione, non  accolte, sono considerate validamente presentate.

Fondo Nuove Competenze (art. 11 ter)
Al fine di potenziare gli interventi previsti dal PNRR, le risorse stanziate dalla Legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 324, L. 30 dicembre 2020, n. 178) possono essere altresì destinate in favore dell’ANPAL per essere utilizzate per le finalità indicate dall’art. 88, comma 1, del D.L. n. 34/2020 (convertito con modificazioni in L. n. 77/ 2020). Quest’ultima disposizione, in particolare, prevede che – per consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica – per gli anni 2020 e 2021, i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale dalle associazioni dei datori di lavoro e dei  lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, oppure dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda, possono realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa oppure per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori, con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi.

Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 13)
La Legge di conversione, modificando l’art. 14 del T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. n. 81/2008), introduce la previsione secondo cui, con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, per svolgere il monitoraggio e contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia  contrattuale, l’avvio dell’attività di tali lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, secondo le modalità operative previste dall’art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015 per il lavoro intermittente. In caso di violazione, si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione.  

Peraltro, in caso di provvedimento di sospensione per violazioni sulla sicurezza o per lavoro irregolare, per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016). In tali ipotesi, il datore di lavoro è comunque tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione.

Per maggiori dettagli, consulta la Legge.

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Vaccino anti Covid e facoltà datoriali

Vaccino anti Covid e facoltà datoriali

di Antonio Tarzia (Adapt)

Con l’imminente arrivo dei primi vaccini a protezione dell’infezione da Covid 19 i datori di lavoro pubblici e privati cominceranno ad interrogarsi sulla possibilità (nel senso di “facoltà”) di obbligare i propri dipendenti a vaccinarsi per eliminare (o quantomeno circoscrivere) le rigide linee guida per il contenimento del virus e per ridurre il (correlato) rischio di essere chiamati a rispondere in caso di malattia (o di decesso) del lavoratore di cui sia accertata la causa in relazione alla circolazione del virus all’interno dei locali di lavoro.

La questione, allo stato, non è stata (quantomeno ufficialmente) affrontata dal Legislatore, che si limita ad evocare il rispetto della libertà di scelta ritenendo (forse auspicando) che la scelta vaccinale si imporrà da sola senza necessità di un intervento “forzoso” da parte della legge.

Così in realtà non è (e non sarà), e già da qualche settimana circolano sui social ipotesi di “libretto (o passaporto) vaccinale” e ipotesi di facoltà di imporne l’obbligo da parte di alcuni “attori della sicurezza”, in casi particolari (es: trasporto aereo, viaggi all’estero, ecc).

La questione pone in realtà delicati problemi che riguardano le libertà costituzionali, il diritto alla salute, l’obbligo dell’imprenditore di garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, lo statuto dei lavoratori. Norme che – già di fatto, ancorchè in modo non esplicito – hanno subito (e tuttora subiscono) parziali contrazioni in forza del periodo emergenziale, ma che, inevitabilmente, si riproporranno con prepotenza all’attenzione di tutti a cessazione del medesimo, che verosimilmente avverrà alla fine della prossima primavera, quando il vaccino comincerà a diffondersi tra la popolazione creando una sorta di barriera naturale che dovrebbe, quantomeno, ridurre la circolazione del virus.

Un primo punto della questione riguarda anzitutto la durata della protezione vaccinale, che – a quanto si dice – sarà simile a quella dei comuni vaccini influenzali. Di tal chè non è da attendersi che l’unica dose di vaccino somministrata nei prossimi mesi produrrà una protezione permanente, come in passato è avvenuto per i vaccini del vaiolo e della poliomelite. Ciò significa che il problema resterà latente nel tempo, e che andrà prima o poi affrontato in tutti i suoi aspetti, anche in considerazione del fatto che il virus potrebbe subire mutazioni e riproporsi in forma pandemica nel medio tempo, considerando la sua capacità di adattarsi ad organismi “veicolo” e a diffondersi con sorprendente velocità tra la popolazione umana.

Un secondo punto della questione riguarda la facoltà dei datori di lavoro di imporre l’obbligo vaccinale ai propri dipendenti. In via generale l’art.2087 impone all’imprenditore di “adottare…le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica…del lavoratore”. In tal senso, il datore di lavoro assolve a quest’onere attraverso l’attuazione dell’art.77 del Dlgs 81/2008 scegliendo i dispositivi di protezione individuale, tra i quali sono compresi anche quelli della protezione delle vie respiratorie (mascherine facciali, ecc). Ma lo stesso art.2087 pone anche un vincolo, rappresentato dall’obbligo di tutelare la personalità morale del lavoratore, che potrebbe essere intesa nel senso che il datore di lavoro non può scegliere (rectius: imporre) il vaccino come dispositivo di protezione individuale (e qui si pone la questione….) a chi non desidera farlo.

Allo stato dell’arte, da anni, soprattutto nelle grandi imprese, l’imprenditore mette a disposizione gratuitamente il vaccino antinfluenzale a chi lo desidera, accompagnando lo stesso ad una sorta di moral suasion interna verso i dipendenti e collaboratori. E’ verosimile che ciò avverrà anche per il vaccino anti Covid 19, ad esempio mettendo a disposizione una sede aziendale in cui effettuare la somministrazione del vaccino in orario di lavoro, atteso che – anche se il vaccino dovrebbe essere gratuito – non è detto che la somministrazione dello stesso sia anche tale……. Questa “offerta” non sarà certamente sufficiente a convincere i riottosi, ma sarà un primo passo.

Un terzo punto della questione riguarda la competenza ad “imporre” o meno l’obbligo vaccinale. Alcuni illustri costituzionalisti hanno già espresso il parere che non basti un DPCM ma che occorra una “legge del Parlamento” che ne imponga l’obbligo.

Ma è verosimile che ciò non basti, considerando che la materia della Sanità ha fonte costituzionale ed è equamente distribuita tra Regioni e Stato e che, come noto, ciascuna Regione decide sul numero dei vaccini obbligatori per l’accesso alla scuola secondo le sensibilità locali.

Sembra quindi un tema aperto, che il Legislatore dovrà porsi a brevissimo termine, cessando di fuggire l’argomento rifugiandosi verso la “libertà di scelta”, e affrontando il tema nelle opportune sedi.

Antonio Tarzia

Avvocato in Venezia

In Gazzetta Ufficiale il DPCM sulla revoca temporanea del Green Pass per i positivi

In Gazzetta Ufficiale il DPCM sulla revoca temporanea del Green Pass per i positivi

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 dicembre 2021:  Modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021 in ordine alle disposizioni attuative del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172

Pubblicato sulla Gazzetta del 17 dicembre il nuovo Dpcm che aggiorna le disposizioni del precedente decreto del 17 giugno scorso. In particolare vengono indicate le modalità per la revoca delle certificazioni verdi qualora il possessore del certificato dovesse risultare positivo durante il periodo di validità del Green Pass o in caso di certificati ottenuti in modo fraudolento. Nel Dpcm anche numerose integrazioni alle modalità di verifica dell’obbligo di Green Pass per i lavoratori e delle modalità di sospensione dei sanitari non vaccinati falsi.

Fonte: Gazzetta Ufficiale e Quotidiano Sanità

Ministero della Salute: emanata nuova circolare per il rafforzamento delle misure per la gestione dell’attuale fase epidemica

CIRCOLARE del Ministero della Salute del 18 dicembre 2021- Pandemia da SARS-CoV-2: rafforzamento delle misure organizzative per la gestione dell’attuale fase epidemica