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Il Fondo monetario internazionale alza le previsioni sul Pil italiano al +4,2%

Il Fondo monetario internazionale alza le previsioni sul Pil italiano al +4,2%

In generale, il Pil mondiale crescerà del +6%. Nonostante “l’elevata incertezza” il Fondo giudica “sempre più visibile una via d’uscita dalla crisi sanitaria ed  economica”.

 Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo le stime del Pil italiano per quest’anno al +4,2% rispetto a gennaio quando aveva previsto una crescita del +3%. E’ quanto si legge nel World Economic Outlook in cui si evidenzia che la previsione di crescita del Pil è invece più bassa rispetto al Weo di ottobre quando aveva stimato una crescita, per quest’anno, del +5,2%. Per quanto riguarda il 2022 invece la stima del Pil (+3,6%) è in linea con quanto previsto a gennaio e rivista al rialzo rispetto al rapporto di ottobre (+2,6%). Nel 2020 invece, sottolinea Fmi, la contrazione si è attestata al -8,9%. 

Aumentano debito pubblico e disoccupazione

Aumenta il debito pubblico italiano in rapporto al Pil al 157,1% nel 2021 rispetto al 155,6% del 2020, prosegue il Fondo monetario internazionale aggiungendo che a partire dal 2022 dovrebbe iniziare la discesa al 155,5% e al 151% nel 2026. In calo invece il trend del deficit in rapporto al Pil all’8,8% nel 2021 dal 9,5% del 2020, al 5,5% nel 2022 e all’1,8% nel 2026. 

In Italia cresce il tasso di disoccupazione quest’anno e il prossimo. Il tasso aumenterà dal 9,1% del 2020 al 10,3% nel 2021 e all’11,6% nel 2022. Prevista al rialzo anche l’inflazione dal -0,1% del 2020 al +0,8% nel 2021 e al +0,9% nel 2022. Il bilancio delle partite correnti passa dal 3,6% del 2020 al 3,5% del 2021, al 3,4% del 2022. 

“Le misure di sostegno al mantenimento del posto di lavoro – scrive Fmi nel rapporto – sono importanti per mitigare i danni di uno shock avverso del mercato del lavoro come la pandemia di Covid-19. Il dispiegamento di tali misure è stato essenziale per evitare che la disoccupazione aumentasse ulteriormente e ha aiutato a proteggere i lavoratori più colpiti, come quelli meno qualificati”. In generale, evidenzia l’Fmi, “le politiche di mantenimento del posto di lavoro sono l’opzione migliore per affrontare la temporanea (ma a volte lunga) perturbazione causata dallo shock pandemico avverso, aiutando a mantenere i posti di lavoro e a prevenire aumenti più bruschi della disoccupazione mentre lo shock è in corso. Le politiche di riallocazione dei lavoratori possono aiutare l’adattamento del mercato del lavoro ai cambiamenti permanenti nella struttura dell’economia causati dalla pandemia,
in particolare quando lo shock sarà passato e l’economia sarà tornata alla normalità”. 

Riviste al rialzo stime Pil mondo

Il Fondo monetario internazionale rivede al rialzo le stime del Pil mondiale al +6% (dal +5,5% del rapporto di gennaio e dal +5,2% di quello di ottobre) dal -3,3% del 2020. In aumento anche le previsioni per l’anno prossimo al +4,4% (+4,2% nel rapporto di gennaio e +4,2% a ottobre). Forte il rimbalzo dell’economia statunitense, spiega l’Fmi nel World economic outlook, nel 2021 al 6,4% (dal +5,1% del Weo di gennaio e dal +3,1% di quello di ottobre) dal -3,5% del 2020. Il Pil Usa farà meglio delle previsioni anche nel 2022 con un +3,5% (+2,5% a gennaio e +2,9% a ottobre).

Forte ripresa Usa, fiacca Eurozona

Decisamente più fiacca invece la ripresa nell’area euro al +4,4% quest’anno (+4,2% nella previsione di gennaio e +5,2% a ottobre) dal -6,6% del 2020 e al +3,8% nel 2022 (+3,6% a gennaio e +3,1% a ottobre 2020). Tra le maggiori economie dell’Eurozona la crescita maggiore è della Spagna che passa da una contrazione dell’11% nel 2020 al +6,4% nel 2021 e al +4,7% nel 2022, seguita dalla Francia +5,8% quest’anno dal -8,2% del 2020 e +4,2% nel 2022. La Germania, maggior economia europea, crescerà del +3,6% quest’anno (dal -4,9% del 2020) e del +3,4% del 2022.

Accelera invece la corsa l’economia cinese che non si è fermata nemmeno nel 2020 (+2,3%) registrando un +8,4% nel 2021 e del +5,6% nel 2022. Forte rimbalzo dell’India che passa dal -8% del 2020 al +12,5% del 2021 e +6,9% nel 2022. 

A un anno da quando l’Oms ha dichiarato il Covid-19 una pandemia globale, l’Fmi nonostante “l’elevata incertezza” giudica “sempre più visibile una via d’uscita da questa crisi sanitaria ed  economica”. Lo afferma il direttore della ricerca dell’Fmi, Gita Gopinath spiegando che “grazie all’impegno della comunità scientifica ci sono diversi vaccini che possono ridurre la gravità e la frequenza delle infezioni”. 

In parallelo, ha proseguito Gopinath, “l’adattamento alla pandemia ha permesso all’economia globale di fare bene nonostante la ridotta mobilità generale, portando ad un rimbalzo più forte delle attese, in media, in tutte le regioni. Il sostegno fiscale aggiuntivo in alcune economie, (specialmente negli Stati Uniti) – grazie a interventi senza precedenti e al continuo accomodamento monetario, danno ulteriore spinta alle prospettive economiche”. 

Fonte: AGI

Confindustria: Italia in risalita ma l’esito è incerto. A fine 2022 gap colmato, la condizione è la campagna vaccinale

Rapporto di previsione Centro Studi Confindustria: Italia in risalita ma l’esito è incerto. A fine 2022 gap colmato, la condizione è la campagna vaccinale

L’Italia in risalita dalla voragine ma l’esito è incerto. A fine 2022 gap colmato, la condizione è la campagna vaccinale.

Il CSC prevede un graduale recupero del PIL italiano, concentrato nella seconda metà di quest’anno, arrivando al +4,1% nel 2021 e al +4,2% nel 2022. A fine 2022 l’economia dovrebbe colmare la voragine aperta nel 2020 dalla pandemia. Rispetto allo scenario di ottobre, per il 2021 si ha una revisione al ribasso di 0,7 punti. Questa previsione è condizionata all’avanzamento della vaccinazione di massa in Italia ed Europa:l’ipotesi è che il Covid sia contenuto in modo efficace dai prossimi mesi. Un importante contributo alla risalita del PIL sarà fornito dagli effetti derivanti dalle risorse europee che spetterebbero all’Italia: secondo una simulazione econometrica CSC, senza il programma NG-EU il recupero del PIL sarebbe minore di 0,7% nel 2021 e di 0,6% nel 2022.

Le esportazioni italiane, in profonda caduta nel 2020 (-13,8%), risaliranno dell’11,4% nel 2021 e del 6,8% nel 2022, sostenute dalla ripresa della domanda mondiale. Le vendite all’estero di beni sono attese recuperare già nel 2021, grazie al rimbalzo della domanda UE e USA; quelle di servizi, invece, zavorrate dalla crisi del turismo, sono attese chiudere il gap solo alla fine del biennio, riprendendo slancio con l’uscita dall’emergenza pandemica nel mondo.

Dopo l’ampia perdita nel 2020 (-9,1%), gli investimenti sono previsti aumentare a ritmi elevati. Nel 2021 del +9,2%, anche se gran parte del recupero è stato già “acquisito” nella seconda parte del 2020. Nel 2022 oltre i valori pre-Covid (+9,7%), grazie al migliore contesto internazionale. Gli investimenti privati saranno frenati dal debito “emergenziale” delle imprese: secondo una simulazione econometrica CSC, un allungamento del rimborso dei debiti avrebbe un impatto positivo sul PIL di +0,3% nel 2021 e di +0,2% nel 2022. Il recupero degli investimenti sarà sostenuto da quelli pubblici, con incrementi del +19% annuo nel 2021-2022, fino al 3,6% del PIL.

La ripartenza dell’economia italiana è complicata dal forte rincaro delle materie prime, accentuatosi a inizio 2021, che riguarda i metalli e gli alimentari, oltre al petrolio. Sebbene in prospettiva alcuni di questi rialzi dovrebbero essere temporanei, eserciteranno una pressione al ribasso sui margini delle imprese italiane e sul loro cash flow nel 2021, che si somma al problema di fatturati già compressi nel 2020.

Nella risalita dell’economia attesa per il 2021, si avrà un riallungamento delle ore lavorate pro-capite; il numero di persone occupate, invece, è atteso ancora in calo (-1,7%), dopo la flessione limitata al -2,8% nel 2020 (770mila occupati in meno nel quarto trimestre 2020 rispetto a fine 2019). Nel 2022, secondo anno di risalita del PIL, ci sarà spazio anche per un recupero del numero di occupati (+1,4%, pari a +313mila unità).

Il deficit pubblico è stimato in graduale calo ma su valori ancora elevati: 7,8% del PIL nel 2021 e 4,8% nel 2022, dal picco di 9,5% nel 2020 legato alla caduta del PIL e alle misure adottate per fronteggiare la crisi pandemica. Il debito pubblico in rapporto al PIL, dopo il balzo di 21 punti nel 2020, arriverà al 155,7% quest’anno. Poi inizierà a scendere, al 152,9% nel 2022, per il miglioramento del deficit e la risalita del PIL. Cruciale, in questa situazione di alti debiti, è preservare la fiducia riconquistata dall’Italia sui mercati finanziari. Il tasso di interesse sui BTP decennali è sceso ai minimi storici (0,6% a marzo): un elemento molto favorevole dello scenario.

Per l’economia globale la ripartenza è asimmetrica. La risalita dell’economia mondiale è trainata da Stati Uniti e Cina. Invece in Europa, in Italia in particolare, la caduta del PIL è stata più forte e il recupero è atteso più lento. La crisi, quindi, ha ampliato il divario di crescita strutturale tra Europa e Stati Uniti, e tra Italia e paesi core europei. Per colmare questo ritardo di velocità occorre un cambio di passo nelle politiche per le imprese e gli investimenti, per il lavoro e la formazione. L’impatto della crisi è stato fortemente asimmetrico anche tra settori, tra le imprese e tra i lavoratori, anche per le trasformazioni strutturali che la pandemia ha accelerato: dal digitale all’automazione, dalla tutela della salute alla sostenibilità ambientale. Queste eterogeneità persistenti generano il rischio di una ripresa a più velocità. Ciò richiede una gestione molto equilibrata delle politiche emergenziali, che hanno assicurato la tenuta del tessuto produttivo e sociale, non solo in Italia.

Per quanto riguarda l’indebitamento delle imprese italiane, che si erano rafforzate patrimonialmente prima della crisi, hanno fatto un massiccio ricorso ai prestiti “emergenziali” nel 2020, così come è successo negli altri principali paesi europei. Lo strumento di policy maggiormente utilizzato in Europa è la garanzia pubblica per prestiti bancari, ma altre misure hanno un ruolo rilevante: in Italia, la moratoria sui prestiti pre-esistenti, specie per le PMI; in Germania, varie misure per la patrimonializzazione delle imprese, che hanno permesso un calo dei prestiti già nella seconda metà del 2020. Il peso del debito, misurato in anni di cash flow necessario per ripagarlo, è salito poco sopra 2 anni in Germania e a quasi 7 in Italia e Francia. Ciò può avere un impatto negativo sugli investimenti delle imprese. È allora necessario rivedere gradualmente le policy. Oltre ad allungare il periodo di rimborso dei debiti, nel lungo periodo occorre sostenere il riequilibrio della struttura finanziaria delle imprese, con la promozione di canali di finanziamento alternativi, in particolare quelli del capitale azionario.

La politica economica in Europa ha mirato a scongiurare aumenti eccessivi della disoccupazione, con il rafforzamento, anche con risorse comunitarie (tramite il SURE), dei programmi nazionali di sostegno al reddito dei lavoratori in caso di riduzioni dell’attività. L’impatto della crisi sul mercato del lavoro europeo è più drammatico per i giovani e per le donne, per i dipendenti a termine e per quelli a bassa qualifica. I processi di automazione e digitalizzazione sono stati accelerati dalla crisi: l’80% dei datori di lavoro intende rafforzare la digitalizzazione e il lavoro a distanza e il 50% l’automazione del lavoro. Le politiche del lavoro devono essere rimodulate per aumentare l’occupabilità degli individui, compresi i lavoratori in CIG, i disoccupati, gli scoraggiati fuori dalla forza lavoro, e di facilitare la ricollocazione verso nuovi lavori e settori in espansione.

I settori più colpiti dalla crisi sono quelli più connessi con le presenze turistiche. Nel 2020 gli arrivi turistici mondiali sono crollati di tre quarti, generando perdite pari al 2% del PIL globale e mettendo a rischio 100 milioni di posti di lavoro. Maggiormente colpite sono le categorie più deboli: giovani e donne, lavoratori meno qualificati, micro o piccole imprese. L’Italia ha una storica specializzazione turistica. Il settore, attraverso i legami con gli altri comparti, vale il 13% del PIL e il 14% dell’occupazione. L’Italia primeggia per arte e cultura, ma è in ritardo nelle infrastrutture di trasporto e digitali e nella capacità dei governi di definire le priorità in materia di turismo, legate alla promozione del brand Italia e all’attrattività del Paese all’estero. Una strategia di lungo periodo necessita di una più stretta cooperazione degli attori pubblici e privati che operano nel settore.

Accordo commerciale e di cooperazione UE-UK, ha un compito storico: ridefinire i rapporti tra l’Unione e un ex paese membro. Gli effetti economici saranno profondi, dati i legami tra UE e Regno Unito. Per l’Italia, le connessioni commerciali sono più forti nei settori di macchinari, sistema moda e alimentari e bevande. Inoltre, sono profondi i legami diretti, in termini di presenza di imprese multinazionali e di integrazione nelle catene globali del valore. Inoltre, le nuove regole impongono forti limitazioni all’ingresso di lavoratori e studenti UE in UK. Ciò avrà conseguenze rilevanti: il Regno Unito, negli ultimi cinque anni, è stata la prima destinazione degli italiani trasferitisi all’estero. In prospettiva, sono le professioni apicali quelle che saranno sempre più richieste dal mercato inglese.

Qui il Rapporto e le slide

Fonte: Confindustria

Dl Sostegni: audizione di Bankitalia

La sede della Banca d'Italia, Palazzo Koch, oggi 21 ottobre a Roma. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Dl Sostegni: audizione di Bankitalia

Pubblichiamo la Memoria della Banca d’Italia per le Commissioni del Senato riunite 5a (Programmazione economica e Bilancio) e 6a (Finanze e tesoro) sulla conversione del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19

Banca d’Italia

Dl Sostegni: audizione dell’Istat

Dl Sostegni: audizione dell’Istat

Memoria scritta dell’Istituto nazionale di statistica

Il disegno di legge in esame (conversione del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 – Decreto Sostegni), interviene – in continuità con le disposizioni introdotte nell’ultimo anno per far fronte all’emergenza – con una serie di misure volte a sostenere le imprese maggiormente colpite dalle restrizioni introdotte negli ultimi mesi, limitare l’impatto sociale della crisi e rafforzare gli strumenti di contrasto alla diffusione del contagio, in particolar modo la campagna vaccinale. Il decreto destina a queste finalità risorse pari a 32 miliardi di euro, l’intero importo dello scostamento di bilancio approvato dal Parlamento nello scorso gennaio.

Il presente documento si concentra su alcuni dei temi principali oggetto di intervento del Decreto Sostegni:

  • dopo aver descritto il quadro della congiuntura economica internazionale e nazionale, viene fornita un’analisi dell’intensità della caduta del fatturato nei settori dell’industria e dei servizi nel 2020;
  • viene inoltre offerta un’illustrazione dell’evoluzione del mercato del lavoro nell’anno trascorso e del più recente quadro congiunturale, informazioni rilevanti alla luce degli interventi previsti dal decreto-legge, a partire dalla proroga del blocco dei licenziamenti – introdotta per la prima volta a marzo dello scorso anno – e dall’allungamento della Cig d’emergenza;
  • sono poi richiamate le stime preliminari della povertà assoluta per l’anno 2020, rilasciate dall’Istat a inizio marzo (le stime definitive verranno rese disponibili il prossimo 16 giugno);
  • infine alcuni approfondimenti sul settore del turismo e della cultura, particolarmente colpiti dalla pandemia.

Fonte: Istat