Nei giorni scorsi è stata rinnovata la convenzione tra ASSIV (Associazione Italiana Vigilanza e Servizi Fiduciari) e il Ministero della Difesa, la cui prima firma risale ormai al 2012.
Si tratta di un accordo che rappresenta da sempre un importante strumento atto a sostenere la ricollocazione professionale dei volontari congedati delle Forze Armate e il fatto che sia in piedi da oltre 10 anni dimostra come esso sia apprezzato da entrambi i lati
Nell’ambito del progetto “Sbocchi occupazionali”, l’obiettivo è infatti favorire l’ingresso nel mondo del lavoro dei militari che terminano il servizio, valorizzandone competenze e professionalità; così, attraverso la collaborazione con il settore della vigilanza privata, i volontari possono accedere a opportunità di impiego compatibili con il loro bagaglio formativo.
La convenzione prevede percorsi di formazione specifica e supporto alla transizione nel settore della sicurezza, particolarmente adatto per i militari grazie alle loro capacità operative. Si tratta di un’iniziativa che non solo facilita la reintegrazione lavorativa, ma rafforza il legame tra istituzioni e aziende, promuovendo l’occupazione e il riconoscimento delle esperienze maturate in ambito militare.
Un aspetto innovativo della convenzione è il coinvolgimento della piattaforma digitale IoVigilo (www.iovigilo.it), che agevola l’incontro tra domanda e offerta di lavoro nel settore della sicurezza privata.
D’altronde, ASSIV non è nuova nel promuovere iniziative che coinvolgano le Forze Armate; ne è dimostrazione l’attività svolta a favore della proposta di legge sull’impiego delle gpg all’estero, incardinata in Commissione alla Camera dei deputati, il cui articolato prevede un canale privilegiato di accesso a questo particolare servizio per chi ha “prestato servizio nelle Forze armate, senza essere stato congedato con disonore, per un periodo non inferiore a tre anni e aver partecipato, per un periodo di almeno sei mesi, alle missioni internazionali di pace ricoprendo incarichi operativi”.
Pubblicata nella GURI n. 261 del 7 Novembre 2024 la Legge 28 ottobre 2024 n. 162 “Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti”.
Questo il link al testo della legge, che prevede, inter alia, agevolazioni fiscali per investimenti in start-up e PMI innovative (detrazione IRPEF a favore di investitori che siano persone fisiche); incentivi per favorire la patrimonializzazione delle PMI; esenzione fiscale sulle plusvalenze da investimenti in imprese innovative.
Ripartenza debole. Il PIL italiano si è fermato nel 3° trimestre, risentendo del calo nell’industria compensato dalla crescita nei servizi. Nel 4° l’economia è stimata in lieve ripartenza, trainata dal terziario e con il taglio dei tassi che può iniziare ad agevolare consumi e investimenti. Resta negativo l’export a causa della debolezza dell’Eurozona e dell’incerto scenario globale.
Tassi in calo. La FED a novembre ha deciso il secondo taglio dei tassi USA (di -0,25, a 4,75%), dopo il primo a settembre. La BCE ha già tagliato tre volte i tassi europei (sempre di -0,25, a 3,25%). Entrambe si riuniscono a metà dicembre per l’ultima seduta 2024: i mercati si aspettano un altro quarto di punto di tagli nelle due aree, oltre che il proseguire dell’allentamento nel 2025 (di un ulteriore punto la BCE).
Ancora alta l’inflazione nell’Eurozona. A ottobre nell’Eurozona è al +2,0%, sulla soglia BCE: l’energia è ancora in ribasso (-4,6% annuo), gli alimentari in rialzo (+2,9%), tra i prezzi core (+2,7%) quelli dei servizi sono caldi (+3,9%), quelli dei beni industriali freddi (+0,5%). In Italia gli andamenti sono analoghi, ma più moderati (+0,1% gli industriali): il risultato è un’inflazione un punto più bassa: +0,9% totale, +1,7% core.
Gas più caro, petrolio meno. A ottobre-novembre il prezzo del gas in Europa è arrivato a 40 euro/mwh, un balzo del +57% dai 26 euro di febbraio: ciò agisce al rialzo sui prezzi dell’elettricità pagati da famiglie e imprese italiane. Viceversa, il prezzo del petrolio è più moderato rispetto ai picchi della prima parte del 2024 (85-90 dollari al barile), continuando ad oscillare tra 74 e 76 dollari da settembre a novembre.
I servizi crescono. Nel 3° trimestre i servizi sono stati l’unico settore in crescita, grazie al turismo straniero (+6,7% annuo la spesa in agosto). Gli ultimi dati sono misti: a settembre RTT (CSC-TeamSystem) indica un moderato recupero del fatturato; in ottobre il PMI è risalito (52,4, da 50,5), segnalando crescita all’inizio del 4°; scende però la fiducia delle imprese, specie nei servizi di trasporto.
Costruzioni in calo. La produzione nel settore edile è scesa in agosto (-1,8%) e dal picco di inizio anno è calata del -4,6%. In termini di fatturato, RTT a settembre indica che il settore tiene. In prospettiva, prevarrà, in negativo, la fine degli incentivi, solo in parte compensata dal sostegno derivante dal PNRR.
Investimenti deboli. I giudizi sulle condizioni per investire sono peggiorati nel 3° trimestre (-7,7 il saldo) e le valutazioni sugli ordini di beni strumentali scese a ottobre (-25), anticipando una dinamica debole di investimenti in impianti-macchinari. Scende il costo del credito per le imprese (-0,69% dai massimi).
Consumi fiacchi. Le indicazioni sono deboli: nel 3° trimestre le vendite di auto sono calate di -6,6% (e di -0,8% in ottobre), quelle di altri beni sono cresciute poco (+0,4%). Inoltre, la fiducia delle famiglie è scesa in ottobre su valori bassi rispetto al 2018-2019, quindi la propensione al risparmio potrebbe restare alta. In positivo agiscono l’inflazione bassa e il costo del credito in calo (-0,28% dal picco).
Export ancora in calo. Nel 3° trimestre l’export italiano si riduce ulteriormente (-0,6% a prezzi costanti), mentre l’import segna una prima debole ripresa (+0,9%) dopo 2 trimestri in contrazione. A ottobre continuano i segnali negativi per l’export dai giudizi sugli ordini esteri: pesa la debolezza dell’Eurozona e della Germania in particolare. Il commercio mondiale, invece, continua a crescere (+0,7% a luglio-agosto sul 2° trimestre), anche se le prospettive sono in leggero peggioramento (48,3 il PMI a ottobre).
Eurozona: bene il PIL, non l’industria. La produzione industriale è in calo in tutta l’Area: nel 3° trimestre in Germania si è avuta una netta contrazione (-1,9%), più che in Italia, ed è arretrata anche la Spagna (-0,4%); in controtendenza la Francia (+0,5%). L’andamento del PIL denota comunque una crescita dell’Area nel 3° (+0,4%), trainata dai servizi: Francia in salute (+0,4%), Spagna (+0,8%) che continua a essere l’economia più vivace, modesto il contributo della Germania (+0,2%) dopo un 2° in calo.
Anche negli USA male l’industria. Il PIL americano è cresciuto di +0,7% nel 3° trimestre, grazie al contributo dei consumi privati (+0,6%) e della spesa pubblica (+0,2%), che hanno compensato la debolezza degli investimenti (+0,1%) e il calo delle esportazioni nette (-0,1%). La produzione industriale, invece, ha chiuso in calo il trimestre (-0,3%); a ottobre, il PMI e l’indice di Chicago (47,4 da 35,4) si confermano su valori recessivi. Dall’esito delle elezioni USA il dollaro si è apprezzato (1,05, da 1,09).
In Cina invece bene industria ed export. Ancora in fase espansiva la manifattura cinese, seppure a ritmi contenuti. La produzione è sostenuta dalla domanda estera: a ottobre l’export segna un +12,7% mensile, la crescita più alta in due anni; l’elezione di Trump potrebbe indurre una forte espansione nei prossimi mesi, per anticipare l’eventuale introduzione di barriere tariffarie dal 2025. Resta invece flebile la domanda interna e prevale delusione per il ritardo nelle politiche di rilancio: il Governo ha annunciato 1.400 miliardi di dollari in 5 anni, ma per lo più destinati a risanare il debito delle autorità locali.
Moda e auto affondano l’industria italiana
Il calo si è attenuato, ma prosegue. Nei primi 9 mesi del 2024 la produzione industriale italiana è scesa del -3,3% rispetto allo stesso periodo del 2023. Ciò a causa di un marcato calo nel 1° trimestre (-1,4% congiunturale), che si è poi attenuato progressivamente verso la fine della primavera (-0,9% nel 2°). Nonostante ciò, i dati del 3° trimestre sono rimasti negativi, con un’ulteriore riduzione di -0,6%.
Fosco il futuro. Le prospettive per i prossimi mesi sono legate al recupero di consumi e investimenti in Italia e in Europa che avverrà, ma lentamente, grazie alla lenta risalita del reddito disponibile e al taglio dei tassi. La CIG ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50% rispetto ai primi tre trimestri dello scorso anno. Il PMI manifatturiero, che si era avvicinato alla soglia neutrale in estate (49,4 in agosto) è poi tornato a scendere fino al 46,9 in ottobre. La fiducia delle imprese manifatturiere è debole da circa un anno, su valori modesti e in leggero calo di recente (85,8 ad ottobre, da 86,6). Ancora in lieve calo le attese sugli ordini nella manifattura (saldo delle risposte a 1,3 in ottobre, da 1,8 a settembre; era a 2,3 a luglio).
Energia penalizzante. I prezzi delle materie prime utilizzate da vari settori manifatturieri sono rimasti alti, anche dopo la fine dell’impennata delle quotazioni del 2021-2022. Ciò accade soprattutto per l’energia in Europa, che penalizza la competitività delle imprese italiane, non solo nei settori più “energivori”.
Andamenti eterogenei. A livello settoriale, emergono performance molto differenti. Pochi settori sono cresciuti nel 2024: altri mezzi di trasporto (che includono gli armamenti) e riparazioni/installazioni registrano ampi incrementi (rispettivamente +8,2% e +5,4%), ma anche alimentari e carta crescono (+2,5% e +1,5%). Tengono la raffinazione petrolifera e la chimica. Soffrono tutti gli altri settori, la maggioranza. In particolare, sono in affanno quello automobilistico e quelli del comparto abbigliamento-tessile-pelli.
Settori della moda in forte crisi. Nei primi 9 mesi del 2024 la produzione dei settori riconducibili alla moda ha subito una forte flessione: -15,1% le pelli (dopo il -9,9% del 2023), -9,5% l’abbigliamento (-2,5%), -5,9% il tessile (-8,2%). Le ore autorizzate di cassa integrazione nel complesso dei tre sotto-settori sono più che raddoppiate, l’export ha registrato un -4,5% nei primi 8 mesi e il fatturato un -9,0% a prezzi correnti. Nel post pandemia, dopo una breve e vivace ripresa, il settore ha cominciato a soffrire (lusso incluso) e le imprese della moda (soprattutto quelle più piccole, ma non solo) hanno visto una diminuzione verticale degli ordini, merce accantonata nei magazzini e conseguente stallo nella produzione, fino ad arrivare alla forte contrazione iniziata nel 2° semestre 2023, che non sembra arrestarsi. In prospettiva, non si vedono molti segnali positivi: le guerre in Medio Oriente e tra Russia-Ucraina, la frenata in Germania e nell’import cinese raffreddano mercati cruciali per il settore; la fiammata inflazionistica ha lasciato i prezzi finali più alti.
Crollo del settore auto. La produzione nel settore automotive in Italia (Ateco 29, compresa la componentistica e i motori) è in calo del -19,4% nei primi 9 mesi del 2024 sugli stessi mesi del 2023. In termini tendenziali, a settembre siamo al -32,4%, di cui -42,7% per gli autoveicoli. Il settore auto è uno dei principali della manifattura italiana: pesa per il 6,3% della produzione (13% in Europa, data la stazza del comparto in Germania) e con l’indotto il peso sale ancora: la sua crisi, perciò, impatta molto sull’economia. Quali sono i motivi del crollo produttivo dell’ultimo anno? Il calo della domanda, come si vede dalle immatricolazioni (anche se aumenta di poco l’import); il cambiamento delle abitudini, specie dei giovani (car sharing, noleggio, etc.); le tendenze demografiche; il prezzo medio delle auto nuove in forte aumento (+3,0% all’anno nel 2018-2024, contro il +1,6% della core inflation), sulla scia di maggiore tecnologia a bordo e aumento delle dimensioni dei veicoli, ma anche per il rincaro di materie prime ed energia; prezzi troppo alti per le elettriche: in 10 anni, a parità di modello, il costo è maggiore di +15% rispetto all’endotermico; per le elettriche, si aggiunge (ad oggi) la scarsa disponibilità di ricariche e la minore autonomia.
In questo nuovo approfondimento di ASSIV a proposito di sicurezza, viene preso spunto da un recente rapporto pubblicato dall’Istat che fornisce una fotografia sui cosiddetti reati predatori (furti in abitazione, borseggi, rapine), per una breve riflessione su sicurezza reale e sicurezza percepita. Tale rapporto illustra come i reati predatori hanno toccato – in corrispondenza con la pandemia – i valori più bassi di tutta la serie storica. Dal 2021, con il ritorno alla normalità, questi reati hanno invece mostrato una lieve crescita, proseguita nel 2022, per un balzo a 2,34 milioni di reati emersi nel 2023, che significa un +1,7% rispetto al pre-Covid.
I dati relativi al periodo interessato dalla pandemia da Covid-19, con le conseguenti misure restrittive alla mobilità e ai contatti sociali imposti dall’emergenza sanitaria, non richiedono particolari spiegazioni e, semmai, rappresentano una delle pochissime buone notizie, forse l’unica, connesse a quegli eventi. Rileviamo, invece, la successiva impennata di reati, in controtendenza con quanto era stato registrato anche negli anni precedenti la pandemia, che segnavano una progressiva, seppur lenta, diminuzione di quasi tutti i reati di questo tipo.
Le tipologie dei reati predatori e i dati
Volendo, infatti, andare nel dettaglio dei reati predatori per tipologie, emerge che nel 2023 il numero delle vittime di furti in abitazione rimane al di sotto dei valori pre-pandemia, mentre i borseggi e le rapine sono tornati sui valori del 2019. Pur confermando l’andamento decrescente di lungo periodo, nel 2023 gli omicidi superano i valori del 2019 (0,53 ogni 100.000 abitanti).
Sicurezza reale e sicurezza percepita
Il rapporto analizza quindi la percezione e la realtà della sicurezza in Italia, confrontando i dati del 2023 con quelli pre-pandemici. Durante la pandemia, gli indicatori di percezione della sicurezza hanno mostrato risultati positivi. Nel 2023, il 62% delle persone di almeno 14 anni si dichiarano molto o abbastanza sicure quando camminano da sole al buio, un incremento rispetto al 57,7% del 2019. Tuttavia, solo il 52,1% delle donne condivide questa percezione, evidenziando un crescentedivario di genere. La sicurezza percepita è maggiore tra i giovani (69% tra 25-44 anni) e tra i laureati (67,3%). Al Nord, il 63,7% si sente sicuro, mentre le percentuali più basse si trovano nel Centro (59,7%) e nelle Isole (61,3%). La differenza di sicurezza percepita sembra essere strettamente correlata anche al grado di istruzione delle persone intervistate. E va segnalato che il 6,8% della popolazione continua a segnalare la presenza di drogati, prostitute e vandalismo nella propria zona.
Per quanto riguarda i reati predatori, il Lazio si distingue negativamente per il tasso di borseggi, che è di 13,6 vittime ogni 1.000 persone, ben al di sopra della media nazionale di 5,1. La Toscana, invece, presenta un alto tasso di furti in abitazione (13,4 ogni 1.000 famiglie) e di rapine (1,8 ogni 1.000 persone), mentre la Sardegna ha il tasso più basso di furti in abitazione (2,9). La Valle d’Aosta emerge come la regione con i migliori indicatori di sicurezza, mentre Lazio, Toscana e Campania mostrano valori preoccupanti. In particolare, il tasso di omicidi è più alto in Campania (0,91 ogni 100.000 abitanti) e più basso in Valle d’Aosta, dove non ci sono stati omicidi nel 2022. Anche per quanto riguarda la percezione di sicurezza, il Lazio ha la percentuale più bassa di persone che si sentono sicure (52,4%), mentre in Valle d’Aosta si raggiunge l’81,5%. Infine, la Valle d’Aosta ha la minor percentuale di persone che notano degrado (1,9%) e il più basso tasso di famiglie che percepiscono un alto rischio criminalità (4,5%), in netto contrasto con la Campania, dove tale percezione è del 39%.
In tali dati possiamo trovare conferma dell’impressione che nelle Regioni caratterizzate da vaste e densamente popolate aree metropolitane certi tipi di reati, quali il borseggio, risultano più frequenti rispetto alle aree caratterizzate da diffusa ma sparsa urbanizzazione, nelle quali invece è più diffuso il furto in abitazione e la rapina.
Nel 2023, il 23,3% delle famiglie percepisce la propria zona come a rischio di criminalità, con un aumento rispetto al 2022. Le regioni del Centro e del Sud mostrano le percentuali più alte (26,1% e 27,1%), mentre il Nord-Est ha il dato più basso (18,9%). La percezione di degrado è più alta nelle aree centrali, mentre i residenti di piccoli comuni si sentono significativamente più sicuri rispetto a quelli delle grandi città.
La violenza sulle donne
Il numero 1522, attivato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, ha ricevuto nel 2023 un significativo aumento di chiamate valide, arrivando a 51.713, con un incremento del 59,5% rispetto all’anno precedente. Le richieste provengono principalmente da donne (79,7%) e riguardano violenza domestica e stalking.
Nel 2022, 26.131 donne sono state coinvolte in percorsi di uscita dalla violenza, con il 41,8% degli autori denunciati almeno una volta. Le richieste di provvedimenti di allontanamento hanno avuto esito positivo nel 69,7% dei casi. Un numero probabilmente ancora troppo basso, in considerazione del ripetersi di atti di violenza estrema proprio da parte di soggetti già segnalati dalle loro vittime.
Le donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza (CAV) hanno un’età prevalentemente tra i 30 e i 49 anni e spesso portano con sé il bisogno di ascolto e supporto. La violenza fisica e psicologica è molto comune, con il 66,7% delle donne che riporta violenza fisica e quasi il 90% violenza psicologica. La violenza viene perpetrata principalmente da partners attuali o ex.
I dati sugli omicidi
Nel 2022 in Italia si sono registrati 332 omicidi, con un tasso di 0,56 ogni 100.000 abitanti, in aumento rispetto al 2021 (0,52) e al 2019 (0,53). I tassi più elevati si osservano nel Sud (0,77) e nelle Isole (0,83), mentre nel Centro e nel Nord-Est si registra una diminuzione. Le vittime sono 204 uomini e 128 donne, evidenziando un incremento degli omicidi maschili, che si avvicinano ai livelli pre-pandemia.
Le donne, invece, subiscono omicidi principalmente in ambito familiare: l’84,9% è ucciso da una persona conosciuta, con il 50% da partners attuali o ex. Al contrario, solo il 28,1% degli uomini è vittima di conoscenti, mentre il 71,9% è ucciso da autori sconosciuti. La crescente preoccupazione per gli omicidi femminili è accentuata dalla persistenza di questa violenza nel contesto domestico. Il 66,7% delle donne segnala di aver subito una violenza fisica, il 50,7% una minaccia, l’11,7% ha subito uno stupro o tentato stupro.
La valenza dei dati
Chi avrà avuto la pazienza di leggere sin qui questa sintesi dei dati, in verità assai parziale per ovvie ragioni di spazio, a nostro modo di vedere più significativi contenuti nel rapporto dell’Istat, probabilmente si chiederà non tanto a cosa servono, ma come possono essere proficuamente utilizzati.
Per rispondere a tale domanda, ci viene in soccorso l’executive summary del Rapporto Intersettoriale sulla Criminalità Predatoria del 2023, altrettanto interessante del documento dell’Istat – anche se meno recente – promosso dal Ministero dell’Interno, dall’ABI e dall’Ossif (centro di ricerca sulla sicurezza dell’ABI).
Il suo obiettivo, come ci spiega il Rapporto stesso, è di “analizzare la distribuzione dei reati appropriativi ai danni dei singoli comparti esposti al rischio. Solo in questo modo è possibile studiare i fenomeni rapina e furto nella loro accezione più ampia: le strategie di prevenzione avviate in uno specifico settore, piuttosto che determinare una riduzione assoluta del fenomeno, possono indurre un semplice “spostamento” del rischio verso altri comparti ugualmente esposti. Un monitoraggio trasversale dei rischi rapina e furto, pur nella difficoltà di far dialogare fonti statistico-informative autonome e non coordinate, è il primo e fondamentale passo per la costruzione di un linguaggio e di una base conoscitiva comune”.
Il confronto intersettoriale dei furti
Lo stesso rapporto ci fornisce un’ulteriore fotografia, di confronto intersettoriale per i furti. Nel 2022, i furti in Italia hanno visto una netta predominanza negli esercizi commerciali (oltre 67.000 casi) e nei locali pubblici (quasi 38.000), con un aumento significativo nei furti in farmacie(+39,9%),locali pubblici (+47,8%) e uffici postali (+28,3%). Il livello di rischio è più alto per gli esercizi commerciali, con 14,4 furti ogni 100 punti operativi. I furti in banca e tabaccheria hanno registrato una diminuzione.
Le banche hanno il più alto tasso di fallimento nei tentativi di furto (78,5%), ma al contempo garantiscono le maggiori somme nei casi riusciti, con una media di oltre 41.000 euro per evento. A livello territoriale, Emilia-Romagna e Lazio mostrano rischi superiori alla media nazionale in vari settori. Milano presenta il livello di rischio più elevato con 49,9 furti ogni 100 punti operativi.
L’analisi di ASSIV e le possibili soluzioni
I trends sin qui evidenziati sottolineano non solo un ritorno alla stagione pre-Covid ma, come evidenziato più sopra, anche una parziale inversione di tendenza rispetto gli anni precedenti. Le ragioni sono complesse e certamente ulteriori rispetto il perimetro del presente contributo, tuttavia certificano la necessità, anzi l’urgenza, di implementare la collaborazione e le sinergie tra pubblico e privato per garantire la sicurezza della comunità.
Non possiamo più accontentarci della proposizione di buoni propositi, o sulla speranza che tale necessità prima o poi prevalga per forza di cose: al contrario, è necessario un impegno concreto e collaborativo. È sempre più evidente che la sicurezza non può essere demandata esclusivamente alle forze dell’ordine, impegnate su molteplici fronti ma con risorse tristemente decrescenti, ma richiede anche la partecipazione attiva di imprese e professionisti correttamente formati.
E non si pensi che tale soluzione rappresenti un aggravio per le casse pubbliche: siamo pronti a dimostrare, come già fatto in passato, con numeri alla mano, che è vero il contrario. La cooperazione tra pubblico e privato è fondamentale per creare un ambiente più sicuro, con specifici ambiti di azione e distinte responsabilità, ma tutti impegnati a porre le condizioni per garantire un sistema dove tutti possano sentirsi protetti.
La sicurezza è una responsabilità condivisa, lo afferma anche il quadro normativo vigente, e solo attraverso un’azione concertata possiamo affrontare efficacemente la crescente incidenza di certe tipologie di reato, in un circolo virtuoso dove sicurezza effettiva e percepita si alimentino reciprocamente per garantire una migliore qualità della vita ai nostri concittadini, a partire dalle categorie più esposte. Investire in partnership tra pubblico e privato significa investire sul futuro, perché senza sicurezza non può esservi sviluppo sociale.