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Maria Cristina Urbano (ASSIV): Nuovo Codice dei contratti pubblici, non possiamo più aspettare

Maria Cristina Urbano (ASSIV): Nuovo Codice dei contratti pubblici, non possiamo più aspettare

Huffington Post – 29 marzo 2024 di Maria Cristina Urbano

Le recenti dinamiche della contrattazione collettiva, che ha portato a un rinnovo del Ccnl molto oneroso per le parti datoriali della sicurezza privata che lo hanno sottoscritto, sta di fatto costringendo le imprese del settore a fornire servizi con costi superiori rispetto ai prezzi pattuiti al momento della stipula del contratto

Nelle ultime settimane è stato incardinato presso il Ministero dei Trasporti il tavolo di lavoro propedeutico all’emanazione di un provvedimento attuativo dell’art. 60 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, sui meccanismi di revisione prezzi per lavori, forniture e servizi. Obiettivo: la conservazione dell’equilibrio economico dei contratti. Il diritto alla rinegoziazione, ma soprattutto l’obbligo di introdurre clausole di revisione prezzi in tutti i contratti, rappresenta infatti una delle principali novità contenute nel novellato quadro normativo.

L’eccezionale fenomeno inflazionistico degli ultimi anni e in particolare l’incremento dei costi dei componenti elettronici e dei costi energetici e del carburante, connessi in larga parte alle tensioni internazionali e alle guerre tutt’ora in corso, hanno reso quanto mai necessaria un’accelerazione dell’iter, e anche la vigilanza privata sta facendo la sua parte. 

Oltre alle problematiche comuni a tutti i comparti, le recenti dinamiche della contrattazione collettiva, che ha portato fra il maggio scorso ed il febbraio di quest’anno a un rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di riferimento molto oneroso per le parti datoriali della sicurezza privata che lo hanno sottoscritto, sta di fatto costringendo le imprese del settore a fornire servizi con costi superiori rispetto ai prezzi pattuiti al momento della stipula del contratto. L’assenza di una piena attuazione dell’art. 60 non è quindi più sostenibile. 

Assiv da parte sua ha fatto pervenire al Ministero una proposta che tenga conto della specificità di un settore per larga parte labour intensive, ma sul quale, al tempo stesso, specie per alcune aziende associate che hanno fatto dell’innovazione tecnologica il loro marchio distintivo, impatta anche l’innalzamento di costo delle materie prime. 

È evidente che la complessità nell’individuazione di un metodo adeguato è determinata dalla stessa ratio della disciplina che, nelle intenzioni del legislatore, mira ad automatizzare la revisione prezzi consentendo al medesimo meccanismo, individuato a priori, di essere efficace in tutti i settori semplicemente modificando gli indici di riferimento.

Per quanto condivisa la finalità, l’aspetto critico di tale impostazione è rappresentato dal fatto che in mancanza di un’adeguata individuazione delle specificità e peculiarità presenti in settori particolari, c’è il concreto rischio che la revisione prezzi resti solo su carta.

I lavori del tavolo dovrebbero concludersi con l’emanazione di un provvedimento operativo delle linee guida da adottare che andrebbe a completare e rendere operativa la disciplina di cui all’art. 60 del Codice Appalti.

Speriamo che tutto questo possa avvenire quanto prima.

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ASSIV: il vento del cambiamento

ASSIV: il vento del cambiamento

di Maria Cristina Urbano – 26 Marzo 2024

Maria Cristina Urbano ASSIV settore vigilanza privata

Alla fine degli anni ’80 usciva “Wind of change”, una canzone degli Scorpions che ebbe un successo planetario e che tutt’oggi viene passata frequentemente nelle radio italiane e di tutto il mondo. La canzone celebrava i cambiamenti politici in atto in quegli anni, con il muro di Berlino che stava per cadere, l’URSS in piena Perestrojka e il comunismo nell’Europa dell’Est in fase di sgretolamento. Si percepiva oramai vicina la fine di un’epoca, con l’eccitazione e le ansie che sempre accompagnano i cambiamenti radicali. Mutatis mutandis, senza voler peccare di megalomania, ricordare quel momento storico dello scorcio finale del XX secolo mi aiuta ad introdurre alcune considerazioni circa la fase che sta vivendo il settore della vigilanza privata, fase che non è più congiunturale ma che ha tutte le caratteristiche per rappresentare uno iato, un prima e un dopo, per le nostre aziende. 

Da tempo come ASSIV abbiamo saputo tessere un filo diretto con il Ministero del Lavoro, ed in particolare con il Sottosegretario sen. Claudio Durigon, con il quale abbiamo affrontato il tema dell’integrazione del CCNL di comparto, tema assai complesso per le sue implicazioni tanto sui lavoratori quanto sulle aziende, anche perché affrontato a distanza di pochi mesi dalla firma unitaria del nuovo CCNL, significativamente migliorativo rispetto a quello già da tempo scaduto. Eppure, siamo stati capaci, con senso di responsabilità e, perché no, di sacrificio, di raggiungere un ulteriore accordo tra le parti lo scorso 16 febbraio.

La posizione di ASSIV

Come presidente di ASSIV ho ribadito più volte le enormi difficoltà che le aziende si trovano ad affrontare nel sostenere un così cospicuo e repentino aumento dei salari relativi agli operatori della sicurezza, cui si aggiunge quello per il personale decretato. Come più volte ricordato, quello per l’accordo integrativo è stato un negoziato difficilissimo, soprattutto perché innescato e condizionato da fattori esogeni, che ASSIV ha affrontato con la consapevolezza del momento, con l’obiettivo di perseguire un risultato di compromesso, capace di salvaguardare l’unità tra le parti sociali e al contempo mediare fra la necessità di riallineamento dei costi legati al lavoro e la loro sostenibilità nel lungo periodo. Perché, senza garantire la seconda, ogni concessione sul primo si traduce in una vittoria di Pirro, foriera di crisi strutturali del settore che nessun beneficio possono portare ai lavoratori.

Un addendum al nuovo CCNL, quindi, molto sofferto e molto oneroso. Un risultato di assoluto rilievo, che ora è compito di tutti difendere con atti concludenti e non vaghe promesse. Iniziando proprio dal Ministero del Lavoro, cui abbiamo chiesto la pubblicazione in tempi rapidissimi delle tabelle del costo medio orario del lavoro da adottare con Decreto Ministeriale, strumento indispensabile per consentire ai committenti, sia pubblici che privati, l’elaborazione di bandi di gara valorizzati secondo gli attuali costi del lavoro. A questo proposito spiace rilevare che, al contrario di quanto già fatto dalle Associazioni Datoriali, le OOSS non hanno ancora sciolto la riserva sull’ulteriore accordo, rallentando così il procedimento amministrativo per l’emanazione del Decreto.

Ci troviamo infatti nel bel mezzo di una situazione nella quale la risposta del mercato è un’incognita, questo perché purtroppo, per molteplici responsabilità – molte delle quali, dobbiamo essere onesti in proposito, sono riconducibili alla politica che per anni ha fatto finta di non vedere le criticità di un sistema normativo e regolamentare che andavano ingigantendo –  i committenti sono stati capaci di imporre costi davvero vergognosi per i servizi fiduciari, livellando in basso le retribuzioni del settore, con un effetto osmotico a danno della vigilanza armata, proprio nel momento in cui questa era il soggetto di un percorso di rilancio professionale, qualificazione e diversificazione dei compiti. Questa circostanza rappresenta un aggravante che è impossibile sottostimare negli effetti negativi che ha prodotto, proprio perché il personale armato veniva in quel momento incardinato nel sistema sicurezza Paese, con regole, professionalizzazione e livelli minimi di qualificazione ben precisi e incomprimibili, quindi costosi.

L’auspicio di ASSIV nei confronti del Ministero del Lavoro

Per tali ragioni, l’auspicio è che il Ministero del Lavoro – che certamente a ciò non è obbligato, se non moralmente – possa procedere alla diramazione di una Circolare o una Nota di accompagnamento, che ribadisca la necessità, per le stazioni appaltanti, di indicare nel bando di gara il CCNL di riferimento e stabilisca in maniera ferma l’incomprimibilità degli oneri derivanti dal costo del lavoro.

Il futuro del settore

È sensato prevedere, in una prima fase applicativa, che il nostro settore registri una sensibile contrazione della domanda, proprio perché una lettura superficiale di tali misure evidenzierebbe esclusivamente il dato dell’aumento del costo del servizio. Tuttavia, siamo convinti che, chiariti alcuni aspetti strettamente connessi gli uni agli altri, dalle nuove condizioni può generarsi una offerta di qualità più elevata rispetto il passato, proprio perché gli Istituti di Vigilanza Privata potranno finalmente costruire le proprie offerte di servizio non solo sulla riduzione del costo, come sono stati costretti sinora, per la falsa convinzione che prezzi bassi significhino risparmio. Sappiamo che le cose stanno diversamente, ossia che a costi bassi non possono che corrispondere servizi inadeguati, con un danno reale per le stazioni appaltanti che deriva dal fatto di doverne sostenere i costi senza poter al contempo garantire adeguati livelli di sicurezza alle proprie strutture. Nel medio termine ne trarrebbe giovamento tutto il sistema. Si tratta, in buona sostanza, di garantire finalmente piena applicazione alla ratio che sottende la grande riforma normativa del comparto avvenuta oltre dieci anni orsono: le imprese potranno finalmente fare ciò per cui si sono preparate in questi lunghi anni, ossia innalzare la qualità dei servizi offerti con una definizione chiara e misurabile dei livelli di processo e una accentuata qualificazione delle maestranze. Saranno le competenze che definiranno il valore del lavoro. Da questo punto di vista, alle parti sociali congiuntamente spetta un compito ineludibile: garantire il costante monitoraggio delle gare di appalto, per aiutare ad individuare benchmark e criteri minimi capaci di “suggerire” alle stazioni appaltanti i migliori parametri sui quali costruire i capitolati, per ottimizzare il rapporto costo-rendimento.

Inevitabile corollario a tutto quanto sopra: l’introduzione di una norma ad hoc che garantisca un meccanismo di riallineamento economico dei contratti in esecuzione, per tener conto del sostanziale aumento delle retribuzioni conseguenza del nuovo quadro contrattuale o, in caso di mancato adeguamento dei corrispettivi, quantomeno la facoltà per l’appaltatore di sciogliere il vincolo contrattuale. In mancanza, la maggior parte dei contratti in essere si trasformerebbe in un abbraccio mortale per le aziende.

Tutto ciò, come sopra ricordato, va comunque ad innestarsi su un percorso virtuoso già intrapreso dalle imprese del comparto vigilanza, iniziato con la riforma del settore e portato avanti con convinzione, che ha avuto anche il benefico effetto di permettere l’ulteriore consolidamento delle imprese virtuose. Percorso che ha recentemente trovato nell’approvazione delle norme di riferimento UNI 11925 e 11926 un ulteriore fondamentale passo avanti, che davvero faciliterà l’ulteriore professionalizzazione del nostro personale, definendo i requisiti relativi all’attività degli operatori dei servizi ausiliari alla sicurezza, ossia gli addetti di imprese incaricate della gestione del patrimonio di un’organizzazione, al fine di assicurarne i requisiti di fruibilità, disponibilità, funzionalità, nonché identificando i servizi ausiliari alla sicurezza non regolamentati da norme cogenti e idonei ad assicurare le condizioni di fruibilità di beni materiali e immateriali di un’organizzazione, da parte dei suoi utenti, nonché lavoratori e altre persone coinvolte.

Se si considera, infine, l’attitudine di molte imprese del settore ad adottare ed implementare i processi tecnologici, che vanno sostanziandosi in una spinta digitalizzazione ed in una efficace integrazione tra elemento fisico e infrastruttura immateriale, il quadro che viene delineandosi è di un profondo mutamento della vigilanza privata, che apre più porte di quante non ne chiuda.

Se solo l’unità della rappresentanza fosse finalmente percepito come un valore in sé e come lo strumento per garantire la tutela dei legittimi interessi del comparto, davvero potremmo navigare avendo in poppa il vento del cambiamento.

#Assiv#Associazioni#Normative#Scenari#Vigilanza

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Parità di genere : le scadenze per la certificazione

Parità di genere : le scadenze per la certificazione

Sviluppare progetti che rendano le aziende più inclusive è una necessità che oramai molte aziende riconoscono. I benefici di una cultura aziendale orientata all’inclusione e alla parità di genere sono individuati in fattori di crescita come il miglioramento dell’immagine aziendale, delle performance, anche in termine di riduzione di costi.  

Ma spesso questo percorso, non privo di ostacoli , è visto come frutto di complicazioni e molte aziende vi rinunciano.

A tal fine, il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha aperto il 6 dicembre scorso un avviso con modalità a sportello per ottenere contributi concessi in forma di servizi di assistenza tecnica e accompagnamento alla certificazione della parità di genere erogati alle aziende dagli organismi di certificazione accreditati. Le aziende hanno tempo fino al prossimo 28 marzo per presentare le domande per l’assegnazione dei contributi.

Si tratta nello specifico di 2500 euro per l’assistenza tecnica e accompagnamento alla certificazione e di 12.500 euro, sotto forma di servizi erogati dagli organismi di certificazione iscritti nell’apposito elenco. Per l’accesso ai contributi è necessario effettuare un pre-screening che dimostri un adeguato grado di maturità dell’impresa sui temi inerenti alla parità di genere; è inoltre richiesta la presentazione di un preventivo formulato da un Organismo di Certificazione presente nell’Elenco degli Organismi di certificazione aderenti. 

Parità di genere : Dal 6 dicembre al 28 marzo finanziamenti per il conseguimento della certificazione

Andando in ordine si avvicina anche una seconda scadenza che è quella del 30 aprile. Entro la fine del mese prossimo l’ art. 3 della Legge 5 novembre 2021 n 162 obbliga le aziende con più di 50 dipendenti, alla redazione del rapporto sulla situazione del proprio personale maschile e femminile mentre per le aziende di dimensioni inferiori la trasmissione è facoltativa.

Se si conseguono parametri minimi , l’invio del rapporto biennale è il primo gradino per ottenere la certificazione della parità di genere. 

Dal 2022 le aziende possono ottenere la certificazione per la parità di genere con un audit accurato che dà diritto a molti vantaggi. Tra questi, anche alcuni benefici economici: le aziende certificate hanno un punteggio premiale sia nel caso di partecipazione a bandi per fondi nazionali e comunitari, sia nelle procedure di affidamento di appalti pubblici. Inoltre la certificazione garantisce uno sgravio contributivo pari all’1% dei contributi previdenziali e assistenziali, fino a un massimo di 50.000 euro annui, riconosciuto previa domanda all’ INPS seguendo le modalità indicate nel mess. n. 4614 del 21.12.2023

La certificazione può essere richiesta da qualsiasi azienda, di qualsiasi dimensione e forma giuridica, operante nel settore pubblico o privato. Per favorire la misurazione del grado di maturità di un’organizzazione rispetto alle pari opportunità e ottenere la certificazione della parità di genere, le linee guida della UNI/PdR 125:2022 hanno individuato 6 macro aree di valutazione e 33 indicatori qualitativi e quantitativi. A ciascun indicatore è associato un punteggio che, ponderato in relazione all’area di appartenenza, genera la valutazione finale. 

Min. Lavoro : Parità di genere , 3 milioni per la formazione finanziata ai fini della certificazione

Fonte: lavorosi

Istat: Spesa delle famiglie in valori correnti ancora in aumento per l’inflazione

Spesa delle famiglie in valori correnti ancora in aumento per l’inflazione

Nel 2023, secondo le stime preliminari, la spesa media mensile cresce in termini correnti del 3,9% rispetto all’anno precedente. In termini reali invece si riduce dell’1,8% per effetto dell’inflazione (+5,9% la variazione su base annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo), senza particolari differenze tra le famiglie più o meno abbienti.

Povertà assoluta familiare e individuale stabile

Secondo le stime preliminari, nel 2023, le famiglie in povertà assoluta si attestano all’8,5% del totale delle famiglie residenti (erano l’8,3% nel 2022), corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui (9,8%; quota pressoché stabile rispetto al 9,7% del 2022). Invariata anche l’intensità della povertà assoluta a livello nazionale (18,2%).

In peggioramento l’incidenza della povertà assoluta individuale al Nord

Nel Nord, dove le persone povere sono quasi 136mila in più rispetto al 2022, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è sostanzialmente stabile (8,0%), mentre si osserva una crescita dell’incidenza individuale (9,0%, dall’8,5% del 2022). Il Mezzogiorno mostra anch’esso valori stabili e più elevati delle altre ripartizioni (10,3%, dal 10,7 del 2022), anche a livello individuale (12,1%, dal 12,7% del 2022).

Peggiora la condizione delle famiglie con p.r. lavoratore dipendente

L’incidenza di povertà assoluta è stabile all’8,2% tra le famiglie con persona di riferimento (p.r.) occupata (interessando oltre 1 milione 100mila famiglie in totale). Da segnalare, però, un peggioramento rispetto al 2022 della condizione delle famiglie con p.r. lavoratore dipendente: l’incidenza raggiunge il 9,1%, dall’8,3% del 2022, riguardando oltre 944 mila famiglie.

Scarica la nota ISTAT