Centro Studi Confindustria: Servizi in crescita e industria in stabilizzazione, ma il taglio dei tassi è rinviato a giugno

Crescita dell’Italia frenata a inizio 2024: servizi in moderata risalita e industria in stabilizzazione. Dalla revisione Istat, la crescita italiana è stata più robusta nel 2023 rispetto alle stime precedenti. Petrolio più caro, inflazione ancora alta nell’Eurozona, taglio dei tassi rinviato a giugno. La domanda interna è attesa debole e per l’export di beni le prospettive sono incerte. Germania quasi in recessione, negli USA l’industria è in frenata, mentre la Cina punta in alto.

  • Crescita frenata. L’economia italiana è sostenuta da inflazione bassa, fiducia delle famiglie in aumento e servizi in crescita, mentre l’industria sembra stabilizzarsi. Vari, però, i fattori negativi: si protrae il freno ai flussi commerciali nel canale di Suez, il petrolio continua a rincarare, il taglio dei tassi è rinviato ancora, il credito alle imprese resta in calo. Si prospetta un PIL debole nel 1° trimestre 2024.
  • Petrolio più caro. Il prezzo del gas è su un sentiero di lenta flessione, pur restando alto rispetto ai livelli pre-crisi (a marzo 26 €/mwh, da 35 a fine 2023). Il petrolio invece continua gradualmente a rincarare (85 $/barile, da 78), ormai su un livello storicamente elevato: le scorte Ocse di greggio infatti sono in discesa (-56 milioni di barili a febbraio, da settembre 2023) perché, mentre la domanda è tirata dagli emergenti, l’offerta è limitata dai cali nei paesi Opec ed ex-Urss, nonostante l’aumento negli USA.
  • Inflazione alta, taglio tassi rinviato. L’inflazione italiana è rimasta bassa e stabile a febbraio (+0,8% annuo), con i prezzi energetici (-17,3%) che non risentono finora del caro-petrolio e quelli core in frenata (+2,2%). Tuttavia, nella media Eurozona, pur scendendo (+2,6% da +2,8%, con la core al +3,1%), l’inflazione resta sopra la soglia BCE del +2,0%. Inoltre, le attese di inflazione a un anno sono salite (2,4% nell’Eurozona, 2,5% negli USA). Perciò, a marzo, la BCE ha lasciato i tassi fermi (4,50%) e la FED è attesa fare altrettanto (5,50%). I mercati hanno spostato in avanti (giugno) l’attesa del primo taglio.
  • Domanda interna attesa debole. Per i consumi, più luci: a gennaio, le vendite al dettaglio scendono poco (-0,3%); si ha un marginale calo degli occupati (-0,1%), ma l’andamento di medio termine resta molto positivo e sostiene i redditi; a febbraio è risalita ancora la fiducia delle famiglie; tassi e prestiti non aiutano. Per gli investimenti, più ombre: il credito è in calo (-4,0% annuo a gennaio); a febbraio gli ordini delle imprese di beni strumentali si assottigliano; il sentiment delle aziende (IESI) è calato.
  • Servizi in moderata espansione. A gennaio RTT (CSC-TeamSystem) ha indicato un aumento nei servizi (+1,1%). A febbraio, il PMI conferma che il settore è tornato a crescere, moderatamente (52,2 da 51,2); la fiducia delle imprese, però, ha subito una battuta d’arresto, dopo alcuni mesi di risalita.
  • Industria convalescente. RTT segnala un aumento del fatturato nell’industria a gennaio (+3,2%), che suggerisce un recupero della produzione a inizio anno (-0,5% nel 4° trimestre). A febbraio, l’HCOB PMI è salito ancora di poco (48,7 da 48,5), ma in area di contrazione, segnalando che il calo dell’industria si attenua; l’indagine rapida CSC rafforza l’attesa di una stabilizzazione della produzione; tuttavia, prosegue il decumulo di scorte e cala di nuovo la fiducia delle imprese manifatturiere, su livelli bassi.
  • Germania: quasi recessione. La Germania ha subito un calo del PIL di -0,3% nel 4° trimestre 2023, dopo due trimestri fermi. La domanda è debole, sia domestica a causa del crollo degli investimenti       (-1,9%), frenati dall’alto costo del credito, che estera (-1,6% l’export, in calo da oltre un anno). L’industria tedesca rimane molto contratta: -3,1% il gap del valore aggiunto dal pre-Covid; più pesante il quadro per le costruzioni (-9,8%), penalizzate dal meteo avverso. Gli indicatori recenti non segnalano ripresa: ripido il declino degli ordini delle imprese manifatturiere (-29 il saldo a gennaio, da zero a inizio 2023).
  • Export di beni: prospettive incerte. Nel 4° trimestre 2023 il commercio mondiale è aumentato (+0,5%), per la prima volta dopo quattro trimestri di contrazione (-1,9% nell’anno). Ma le difficoltà del trasporto marittimo (90% degli scambi globali), e i suoi costi, continuano ad alimentare incertezza. Il canale di Suez, da cui passano il 15% delle merci globali, ha ridotto di circa il -40% la movimentazione di navi (a gennaio-marzo 2024, in termini annui) e, in parallelo, è aumentata quella per il Capo di Buona speranza (+86%). Le tariffe di collegamento marittimo da Shanghai a Genova stanno rientrando dal picco di fine gennaio, ma restano molto alte (-30% i primi sette giorni di marzo, dopo un +218% su novembre 2023).
  • USA: industria in frenata. La produzione industriale USA a febbraio è in leggero aumento (+0,1%), ma la variazione nel 1° trimestre 2024 si profila piatta (dopo il -0,6% del 4° 2023). In ambito manifatturiero, sembrano prevalere segnali di debolezza anche tra gli indicatori: i Direttori degli acquisti di Chicago e il PMI si confermano in zona recessiva (44,0 e 47,9), al contrario del solo ISM (52,2). Viceversa, i nuovi posti di lavoro creati a febbraio (275 mila) sono stati superiori alla media del 4° trimestre (212 mila).
  • La Cina punta in alto. Per il 2024 la Cina fissa l’obiettivo di crescita al +5,0%, traguardo realistico ma sfidante, perché si è affievolito il rimbalzo post-pandemia. La determinazione a raggiungere l’obiettivo e a contrastare i rischi di crisi immobiliare traspare anche dal taglio dei tassi sui mutui a cinque anni realizzato dalla Banca Popolare Cinese (-25 punti, invece dei 15 attesi). Intanto, gli indicatori congiunturali segnalano un continuo, pur marginale, miglioramento dell’attività manifatturiera cinese.

Il focus del mese – Dalla revisione Istat, crescita italiana più robusta

  • Le revisioni ISTAT. La dinamica dell’economia in Italia viene misurata mese per mese dall’Istat, ma i dati più recenti sono “provvisori” e vengono poi rivisti via via che diventano disponibili per l’Istituto informazioni più complete: per la Contabilità Nazionale, i primi rilasci sono basati su stime econometriche fondate su indicatori, mentre stime più solide si ottengono ad esempio quando sono disponibili i dati sui bilanci delle imprese. Negli ultimi anni le revisioni sono state abbastanza ampie. Così è anche per le stime pubblicate a marzo 2024, in particolare per alcune variabili (investimenti). Al punto da modificare il giudizio sulla dinamica economica nell’anno appena concluso e in quello da poco iniziato.
  • PIL 2023 più alto. Il profilo trimestrale del PIL (a prezzi costanti) è stato rivisto al rialzo: la variazione per l’intero 2023 è pari a +1,0% (+0,9% nei dati annuali), ben più di quanto stimato dall’Istat a fine gennaio (+0,7%, stima preliminare). Il 1° trimestre è stato limato al ribasso di -0,1%, ma il 2° rialzato di +0,2% e il 3° di +0,1% (e anche il 4° del 2022 di +0,2%). Perciò, la variazione annua del 2023 già “acquisita” al 3° trimestre è salita di 3 decimi rispetto ai dati di gennaio (da +0,7%, a +1,0%), che è una revisione molto marcata visto il basso ritmo di crescita di partenza. Anche il trascinamento al 2024 è salito, da +0,1% a +0,2%.
  • Investimenti: non sono calati ma cresciuti. Le novità maggiori si registrano sugli investimenti fissi: con i dati aggiornati, non si vedono più riduzioni nel corso del 2023; il dato peggiore è il 2° trimestre piatto, mentre il 1° registra ora una forte crescita. Nei dati diffusi in precedenza (dicembre 2023), invece, il 1° era debole, vi era stato un crollo nel 2° e un piccolo calo anche nel 3°. A ciò si aggiunge un balzo, inatteso, nel 4°. Come risultato, la crescita degli investimenti nel 2023 è ora di +4,9% (di cui +4,2% acquisito al 3°), mentre prima della revisione la variazione acquisita al 3° era di +0,4%. Dunque, da quasi stagnazione a forte espansione.
  • Più consumi privati e pubblici. Sui consumi delle famiglie la revisione è stata minore, ma comunque significativa: +0,2% a trimestre nella prima metà del 2023, rilevante specie per il 2° che nei dati prima della revisione aveva una dinamica piatta. In questo caso, la variazione acquisita al 3° è invariata, perché l’Istat ha rivisto in pari misura e in direzione opposta anche la dinamica nel 2022. Anche i consumi della PA sono stati rivisti al rialzo nel 2023, molto più di quelli privati: in media, +0,3% a trimestre nei primi 3; la variazione acquisita al 3° trimestre è salita da -0,4% a +1,1%, con un intero 2023 che registra un +1,2%. Siamo passati, quindi, da una piccola flessione della spesa pubblica, a un deciso aumento.
  • Forte decumulo di scorte. A fronte di più alti investimenti (+0,8 il maggior contributo al PIL, nei primi 3 trimestri) e anche consumi totali (+0,4), la revisione ha abbassato molto la dinamica delle scorte (-1,0).
  • Rivisti anche lavoro e deficit. La revisione Istat coinvolge anche altre variabili economiche di primaria importanza. Le Unità di Lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA) mostrano ora una dinamica più alta nel 2023 (+2,2% annuo): in particolare, nei primi 3 trimestri crescono di +0,2% a trimestre in più rispetto ai vecchi dati. Il Deficit della PA nel 2023 è stimato più ampio: 7,2% del PIL, dal 5,3% previsto dal Governo a settembre, per il forte incremento della spesa in conto capitale connessa ai crediti d’imposta (Superbonus, Transizione 4.0).
  • Migliori prospettive sul 2024. Se l’anno scorso l’economia italiana è cresciuta dell’1,0%, un ritmo molto più alto di quelli a cui eravamo abituati nel pre-Covid, nonostante la stretta BCE, e grazie anche al PNRR, le previsioni sul 2024, finora modeste (l’ultimo Consensus indicava +0,7% per il PIL), non possono che essere più positive, anche perché i tassi sono attesi in calo e il PNRR in accelerazione.
  • Succede anche negli altri paesi? I dati Eurostat, raccogliendo le statistiche nazionali, inglobano le revisioni dei singoli paesi UE, che non sono da meno di quelle italiane. In Francia, ad esempio, l’aggiornamento rileva un profilo più basso per investimenti e consumi privati, più alto per i consumi pubblici. In Spagna, forte rialzo della spesa pubblica, ribasso degli investimenti. Sono tempi incerti per l’economia, difficili per gli economisti.

Fonte: Centro Studi Confindustria