Nuovo Codice dei contratti pubblici: luci e ombre

di Maria Cristina Urbano

La vigilanza privata, nonostante la sempre più efficace integrazione tra uomo e tecnologia, rimane un comparto che si caratterizza per essere labour intensive. Per tali servizi, uno dei problemi più importanti dell’attuale codice è il criterio di aggiudicazione, spesso collimante con il minor prezzo.

Maria Cristina Urbano

Lo scorso 28 marzo il CdM ha approvato in via definitiva il nuovo Codice dei contratti pubblici. L’iter era partito lo scorso 16 dicembre quando il Consiglio dei Ministri, in attuazione dell’articolo 1 della legge delega del 21 giugno 2022, n. 78, aveva approvato in esame preliminare la riforma del codice degli appalti. 

Dopo un attento esame da parte delle competenti Commissioni di Camera e Senato quindi, che hanno espresso parere positivo con raccomandazioni, il Codice è tornato all’attenzione della Presidenza del Consiglio e del Ministero dei Trasporti, i quali hanno recepito nel testo definitivo le indicazioni contenute nei pareri parlamentari.

Tra queste indicazioni, è stato recepito anche parte di quanto contenuto all’interno della memoria che Assiv aveva inviato alle Commissioni e con la quale aveva offerto alla valutazione dei parlamentari il punto di vista di un comparto dalle caratteristiche affatto particolari. 

La vigilanza privata, infatti, nonostante la sempre più efficace integrazione tra uomo e tecnologia, rimane un comparto che si caratterizza per essere labour intensive. Per tali servizi, uno dei problemi più importanti dell’attuale codice è il criterio di aggiudicazione, spesso collimante con il minor prezzo, problema in gran parte superato con il cd Decreto Sblocca Cantieri del 2019 che ha modificato l’art. 95, anche grazie a un intervento emendativo fortemente voluto da Assiv-Anie che ha novellato l’articolo.

Il problema, temiamo, non potrà tuttavia trovare soluzione definitiva sino a quando non si procederà alla adeguata qualificazione delle stazioni appaltanti, investimento di risorse pubbliche che tornerebbe decuplicato in termini di benefici economici per l’erario e di qualità dei servizi offerti ai cittadini. 

Sul tema, l’art. 63 di riforma del Codice non ci sembra quindi adeguato perché incentrato sulla fase di “qualificazione” senza tutelare il mercato nella fase “successiva”, vale a dire quella in cui una stazione appaltante indica procedure di gara gravemente illegittime. La soluzione da noi proposta suggeriva di prevedere il controllo da parte dell’ANAC sulla corretta redazione degli atti di gara. In tal modo, attraverso la creazione di un sistema sanzionatorio a carico dei soggetti che hanno redatto una procedura di gara illegittima, si potrebbero limitare gli evidenti errori che ancora si rilevano.  

Il nuovo codice degli appalti, invece, prova a risolvere l’annosa questione della revisione dei prezzi per i servizi (art. 60). Non abbiamo mai mancato di ribadire in ogni occasione che la struttura della revisione dei prezzi del nuovo codice era pensata solo per il mondo dei lavori, con ripercussioni negative su settori come quello dei servizi, aventi strutture esecutive e tempistiche di durata dell’appalto diverse tra loro. La nuova formulazione invece, dividendo i due settori, va nella direzione auspicata. 

Un commento differente lo dobbiamo purtroppo fare per l’art. 62, che fa salva l’attuale normativa per il contenimento della spesa che disciplina gli obblighi di acquisto accentrato. Detta normativa, tuttavia, ha prodotto negli anni una situazione abnorme in cui per un medesimo servizio e su un medesimo territorio possono coesistere due o più convenzioni (si pensi alla coesistenza di convenzioni regionali e nazionali negli acquisti per il SSN).

Notiamo, infine, come l’art. 98 si prefigga il lodevole obiettivo di definire i casi in cui un operatore economico pone in essere un illecito professionale grave, superando la genericità della norma ora in vigore (art. 80, D.lgs. 50/2016) che ha comportato un elevato contenzioso e notevoli dubbi interpretativi in merito a quali fossero le fattispecie che integrassero un caso di illecito professionale. Siamo peraltro soddisfatti che il governo abbia fatto proprie le nostre preoccupazioni in proposito: la disposizione prevista dal comma 4, lettera i), presente nella prima versione del Codice e ora abolita, avrebbe infatti vanificato lo sforzo perché avrebbe reintrodotto un riferimento indefinito a condotte ulteriori rispetto quelle elencate nei punti precedenti.

Non possiamo fare a meno quindi di sottolineare, come considerazione generale, che il contributo predisposto da Assiv abbia contribuito a consolidare un nuovo Codice a vantaggio degli operatori economici e della Pubblica Amministrazione, per servizi ai cittadini sempre più efficienti, in un nuovo clima di fiducia e rispetto tra pubblico e privato che rappresenta la chiave di volta per ridare al Paese lo slancio cui questo anela da tempo.

Assiv proseguirà nella sua attività propositiva, fondata su una oggettiva analisi delle criticità che affliggono il settore della vigilanza privata e proponendo soluzioni equilibrate, in un dialogo franco e costruttivo con le istituzioni, nell’interesse del comparto che rappresenta ma senza mai perdere di vista l’interesse collettivo.

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