Si fa sempre più intenso il dibattito sulla necessità di stipulare accordi tra i comuni italiani e gli istituti di vigilanza privata per il presidio del territorio.
In diverse regioni, come la Toscana e le Marche, si stanno sviluppando progetti concreti in questa direzione. A Pontedera, in Toscana, le associazioni di categoria stanno valutando l’ipotesi di coinvolgere istituti di vigilanza privata per migliorare la sicurezza dei negozi. Secondo Lorenzo Nuti, presidente di Confcommercio Pontedera, negli ultimi mesi si sono verificati numerosi episodi criminosi, tra cui furti e tentativi di scasso nelle attività commerciali, che hanno evidenziato plasticamente l’urgenza di implementare misure di sicurezza più efficaci.
A Firenze Comune e Camera di Commercio hanno stanziato 260.000 Euro per contributi a fondo perduto in favore di commercianti che hanno subito la “spaccata”. L’aiuto economico, nella misura massima di 5.000 euro, potrà essere speso, oltre che per il ripristino di quanto danneggiato, per l’installazione di impianti di allarme e videosorveglianza
Nelle Marche, il Comune di Porto Sant’Elpidio sta adottando misure simili. Il sindaco Massimiliano Ciarpella, insieme agli assessori Enzo Farina e Maria Laura Bracalente, ha incontrato il prefetto di Fermo, Edoardo D’Alascio, per discutere del piano sicurezza. Durante l’incontro, è stata evidenziata l’importanza di implementare sistemi di videosorveglianza e, in via sperimentale, un servizio di vigilanza privata a tutela degli edifici pubblici nelle ore notturne.
Queste iniziative riflettono una crescente consapevolezza sull’importanza di rafforzare la sicurezza urbana attraverso l’impiego di guardie particolari giurate.
Come Assiv auspichiamo da tempo una maggiore collaborazione tra enti locali e istituti di vigilanza privata per potenziare la sicurezza urbana integrata. Il settore della vigilanza privata ha compiuto significativi progressi non solo nei servizi offerti alle aziende private, ma anche nelle possibili connessioni con il potenziamento della sicurezza urbana. La normativa ha valorizzato solo in parte questa opportunità, ma un sentiero battuto si può trovare all’interno del pacchetto sicurezza Minniti, il dl 14/2017.
Pontedera, Porto Sant’Elpidio, Firenze, si inseriscono quindi nel solco delle iniziative lodevoli per affrontare un problema che gli IVP possono contribuire a risolvere, ci auguriamo che sempre più comuni li seguiranno.
La Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza evidenzia le principali direttrici di intervento lungo le quali, nel corso del 2024, gli Organismi Informativi hanno operato a tutela degli interessi nazionali, in aderenza ai principi costituzionali e agli obiettivi indicati dal Governo, e sotto il controllo del Parlamento. Come di consueto, riflette la diversificata gamma di minacce alla sicurezza nazionale che sono state alla prioritaria attenzione dell’Intelligence.
Pur con alcuni elementi innovativi, a partire dal potenziamento delle possibilità di lettura della versione digitale, l’impianto complessivo della Relazione si pone in continuità rispetto all’edizione precedente, prediligendo un’analisi di taglio strategico. Ciò, da un lato, appare conforme all’esigenza di illustrare, entro il perimetro di quanto può essere reso pubblico, la politica dell’informazione per la sicurezza; dall’altro, permette di rappresentare in un’unica narrazione l’accentuata complessità dello scenario internazionale e la tutela degli interessi nazionali che su di esso si innestano.
L’obiettivo è condividere con il Parlamento – e attraverso di esso con la comunità nazionale – i risultati dell’azione intelligence e, al contempo, restituire un’immagine quanto più fedele possibile di un quadro securitario in costante deterioramento. Al moltiplicarsi degli scenari di crisi si associa, infatti, una loro sempre più profonda interconnessione. Ne derivano fenomeni di minaccia multiformi, sfide securitarie che attraversano domini e travalicano le tradizionali distinzioni operative.
A elevare il grado di incertezza concorre la progressiva erosione dell’ordine internazionale in vigore dal secondo dopoguerra. Proposte di riforma e ipotesi di parziale riassestamento si alternano a più assertivi tentativi, corredati da attacchi sempre più forti alle fondamenta delle democrazie liberali, sia di revisione di quell’ordine, sia di indebolimento della governance globale.
Al riguardo, l’anno di Presidenza italiana ha corroborato il ruolo insostituibile del G7, che, in quanto unito da valori e principi comuni, assicura, nello scenario mondiale, un apporto fondamentale alla difesa della libertà, della democrazia e dei diritti umani. Il G7 ha dunque esteso il novero dei dossier in agenda, grazie a un ampio outreach e all’inclusione di temi innovativi come l’intelligenza artificiale: ciò, anche in virtù del sistematico contributo informativo che l’Intelligence ha garantito alla Presidenza in relazione ai temi più rilevanti in chiave di sicurezza nazionale.
Chiamando alle urne oltre metà della popolazione mondiale, il 2024 ha confermato alcuni assetti di potere e ne ha rinnovati altri, ampliando l’orizzonte dei possibili scenari di sviluppo del (dis)equilibro internazionale. L’analisi del voto globale ha inoltre evidenziato la crescente rilevanza delle questioni socio-economiche nelle scelte degli elettori più giovani, possibile segnale dello spostamento delle nuove generazioni verso un’immagine dei rapporti internazionali più competitiva che cooperativa.
Sui variegati fattori di instabilità incide la velocità della trasformazione del mondo. In un intreccio costante tra ambiente digitale e ambiente analogico, l’innovazione tecnologica ha impresso un’accelerazione significativa al cambiamento delle relazioni umane, dei rapporti sociali e delle abitudini di vita. Insieme alle indiscutibili opportunità di sviluppo emergono, da una prospettiva intelligence, spazi virtuali di possibile isolamento e radicalizzazione, nuovi interessi da tutelare, vulnerabilità che ampliano la superficie di attacco agli occhi di attori ostili.
Tali evoluzioni portano a ricomprendere fra le dimensioni essenziali dell’interesse nazionale la tutela, anche nello snodo nevralgico rappresentato dalle eccellenze universitarie, della nostra capacità di innovazione e del nostro patrimonio scientifico e tecnologico più pregiato. Le evidenze intelligence rilevano infatti strategie assai sofisticate messe in campo da attori ostili determinati ad appropriarsi delle nostre conoscenze più avanzate, allo scopo di rafforzare la loro potenza geopolitica. Coerente risposta a tale fenomeno è stato il varo di un piano d’azione nazionale volto, nel pieno rispetto del principio costituzionale della libertà della ricerca scientifica, a tutelare l’Università e la Ricerca dalle ingerenze straniere. A livello globale affiorano, inoltre, reazioni alla velocità del cambiamento che si instradano lungo sentieri diversi da quelli tracciati nell’epoca in cui la globalizzazione aveva trovato il suo apogeo. È un amalgama di rischi e opportunità a cui si somma il potenziale sovraccarico informativo prodotto dall’enorme quantità di informazioni reperibili online e dalla velocità della loro diffusione, fattori che richiedono all’Intelligence un continuo adattamento di processi e strumenti al fine di valorizzare le informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale.
Tutto ciò si riflette nelle due sezioni che compongono la Relazione. La prima è dedicata allo scenario internazionale e avvia dalla crescente instabilità alle porte dell’Europa: il conflitto russo-ucraino, la guerra in Medio Oriente e la minaccia jihadista che da essa ha tratto opportunità di rilancio. Allarga dunque lo sguardo all’incertezza che avvolge altri quadranti all’attenzione intelligence (Balcani e Africa) o che deriva da ulteriori fattori di rischio (la minaccia ibrida alle democrazie liberali), e poi alla competizione che accomuna l’emergente protagonismo di un “Global South” sempre più variegato, le tensioni nell’Indo-Pacifico, i mercati globali delle materie prime e, in tale contesto, la tutela degli assetti strategici nazionali.
La seconda sezione si sviluppa sulle sfide globali che, superando ampiamente l’orizzonte annuale di questo documento, attraversano e connettono gli scenari di crisi. È anche attraverso la comprensione di temi quali i trend demografici e migratori, l’innovazione tecnologica, le sfide poste dal cambiamento climatico e dagli squilibri socio-economici che l’Intelligence affina la capacità di discernere le evoluzioni della realtà internazionale e offrire scenari che migliorino il posizionamento dell’Italia sullo scacchiere globale. A queste tematiche è associato uno degli elementi innovativi della Relazione: la dashboard infografica a introduzione del documento, un pannello di controllo acceso sulle sfide globali che, anno dopo anno, ne possa seguire l’andamento attraverso l’aggiornamento costante di alcuni indicatori utili a instradare la ricerca informativa e indirizzare l’analisi strategica. Lungo entrambi i capitoli si inseriscono inoltre le molteplici sfaccettature della sicurezza nazionale e gli approfondimenti sui tradizionali ambiti di minaccia su cui si è concentrata l’attività info-operativa. Allo stesso modo, in linea con le precedenti edizioni, a dipanarsi nel testo è una serie di analisi infografiche che hanno l’obiettivo di restituire la complessità dei temi osservati, ora aggiungendo dettaglio alla parte testuale, come nella scomposizione dei molteplici scenari di insicurezza del continente africano, ora aprendo una finestra su ulteriori dossier, ad esempio approfondendo la nuova corsa allo spazio.
Ulteriore elemento di novità è rappresentato, infine, dall’inserto dedicato all’intelligenza artificiale che, da una prospettiva intelligence, inevitabilmente indirizzata verso le possibili minacce al corretto funzionamento della vita democratica, affronta i diversi profili in cui l’IA mostra il suo potenziale dirompente, dalla trasformazione del mondo del lavoro alle applicazioni militari. La scelta di un approfondimento separato (ma annesso) alla Relazione testimonia non solo l’attenzione alla corsa in atto a livello globale per la supremazia in tale campo, ma anche la consapevolezza delle possibilità che l’IA può offrire in termini di velocità e dettaglio all’attività di informazione per la sicurezza. È anche la conferma della volontà della Comunità Intelligence di arricchire con peculiari chiavi di lettura il dibattito pubblico sugli scenari attraverso cui si schiude il cambiamento del mondo.
Le pagine che seguono mirano in definitiva a testimoniare l’impegno degli Organismi Informativi ad assolvere alla propria missione di tutela degli interessi nazionali, nell’esclusivo interesse della Nazione e delle sue istituzioni democratiche.
In questa nota si cerca di fare chiarezza sullo stato di avanzamento del PNRR analizzando i documenti pubblici disponibili e i dati di ItaliaDomani e della piattaforma REGIS. L’analisi si organizza attorno a 4 tematiche:
L’impatto del PNRR sulla crescita del PIL. Nel Piano Strutturale di Bilancio (PSB) di fine settembre, l’impatto del PNRR sulla crescita del PIL italiano è stato rivisto al ribasso nel 2024 e 2025, e alzato nel 2026 rispetto a quanto indicato nel DEF di aprile scorso. Le stime più recenti sembrano scontare non solo un ritardo nell’implementazione delle misure rispetto a quanto pianificato, ma anche un peggioramento nel grado di efficienza (“medio” e non più “alto”) nello spendere le risorse.
Programmazione finanziaria e progettuale: i numeri del PNRR. La previsione di spesa sostenuta al 31 ottobre 2024 era di 58,6 miliardi di euro (30% dei 194,4 miliardi di risorse totali a disposizione). Tuttavia, dal monitoraggio della pianificazione finanziaria e progettuale emerge che al 13 dicembre sono state attivate il 95% delle risorse del Piano e sono stati siglati contratti (risorse impegnate) per 125 miliardi (64%).
Spese sostenute e potenziali ritardi di spesa, misura per misura. Per il 2024 erano previste spese per 42,2 miliardi. I 14 miliardi registrati su REGIS al 31 ottobre hanno riguardato principalmente misure quali i crediti d’imposta, gli investimenti ferroviari e gli investimenti in edilizia scolastica. Tra le misure più critiche, cioè con un livello di spesa inferiore al 25% del pianificato fino al 2024, ci sono le “politiche attive del mercato del lavoro (ALPMs)” e gli investimenti “Tecnologie a zero emissioni nette” e i “Contratti di filiera agricoltura”.
Il confronto internazionale. Nonostante i possibili ritardi di spesa, il Piano italiano sta avanzando con una velocità di implementazione superiore ad altri paesi. L’Italia ha raggiunto il 43% dei traguardi e obiettivi concordati con la Commissione Europea contro il 28% medio dei paesi con un piano che vale almeno 5 miliardi; inoltre ha ricevuto il 63% delle risorse, ben sopra la media europea del 48%.
Disclaimer: in data 29 novembre 2024, il Governo ha dichiarato che: “I dati 2024 sulla spesa complessiva, attualmente pari a circa 59 miliardi di euro – in corso di aggiornamento sulla piattaforma REGIS per il loro allineamento con l’Italia reale dei cantieri aperti e degli investimenti ultimati – evidenziano un incremento di circa 17 miliardi di euro nel corso dei primi dieci mesi dell’anno, in un percorso di crescita costante che per il 2024 dovrebbe attestarsi a circa 22 miliardi di euro, in linea con le previsioni aggiornate di finanza pubblica”.
La presente nota riporta valori non del tutto allineati rispetto all’ultima dichiarazione del Governo perché riferiti a una rilevazione dei dati effettuata circa un mese prima:
la spesa sostenuta fino al 31 ottobre 2024 è di 14 miliardi, cioè circa 3 miliardi in meno rispetto ai 17 dichiarati dal Governo;
inoltre, è in corso una nuova revisione del Piano, per cui è probabile aspettarsi una ulteriore modifica della pianificazione di spesa di alcune misure, comprese quelle nel 2024 (è plausibile che calino da 42,2 miliardi nel 2024 ai 22 citati nella dichiarazione governativa).
Non è stato possibile aggiornare i dati contenuti in questa nota poiché dal 7 novembre Confindustria non ha più accesso alla piattaforma REGIS, ma solo ai dati di ItaliaDomani che però sono insufficienti a fornire una panoramica precisa e tempestiva dell’andamento del Piano. Tuttavia, seppur consapevoli di un margine di errore legato ad alcune discrepanze temporali e a una pianificazione finanziaria non perfettamente aggiornata, si ritiene comunque utile pubblicare questo documento per far chiarezza su come sono stati utilizzati i 58,6 miliardi finora spesi, nell’attesa che vengano rilasciati nuovi dati da parte del Governo.
1. L’impatto del PNRR sulla crescita del PIL
Qual è stato finora e quale sarà nei prossimi anni l’impatto del PNRR sul PIL? Dopo una prima valutazione di impatto ex-ante fornita nel documento di avvio del Piano (aprile 2021) sotto varie ipotesi di efficienza della spesa, il Governo ha rivisto la programmazione più volte, da ultimo nel Piano Strutturale di Bilancio (PSB) di fine settembre. Proprio nel PSB, tuttavia, non è chiaro quale sia, tra le varie stime di impatto ivi contenute, quella presa a riferimento, e quindi ritenuta più plausibile, nella formulazione del quadro macroeconomico previsivo.
Questa sezione fornisce un commento delle più aggiornate stime governative di impatto del PNRR sul PIL italiano, al fine di comprendere come il Governo giudica l’efficacia di implementazione del Piano.
1.1 Cosa dice l’ultima revisione delle stime?
Nel DEF di aprile era previsto un impatto del PNRR sul PIL di 0,9 punti percentuali (p.p.) di crescita aggiuntiva per il 2024, ma nella stima aggiornata del PSB, a ormai pochi mesi dalla fine dell’anno, l’impatto stimato è crollato a 0,1 p.p.
Revisioni al ribasso sulle stime di impatto erano già avvenute in passato: per esempio, per il 2023 la stima di impatto annuale del PNRR è passata da +0,7 p.p. nel DEF 2021 a +0,5 p.p. nel DEF 2024, ovvero “a consuntivo” rispetto alle informazioni sulla spesa effettiva. Revisioni ancora più ampie si sono registrate per il 2021 e 2022 (Grafico 1).
Notazioni metodologiche
L’impatto è calcolato come differenza tra uno scenario in cui il Piano viene realizzato (“con PNRR”) e uno scenario base, ipotetico, in assenza delle misure previste dal PNRR (“senza PNRR”);
Le stime di impatto qui commentate considerano solo l’effetto delle risorse “aggiuntive”;
L’impatto è stimato sotto diverse ipotesi di efficienza di spesa (alta, media o bassa), dove gradi più bassi scontano ritardi, errori nella selezione, progettazione e messa in opera degli investimenti;
Le stime di impatto sono formulate o come impatto cumulato dal suo inizio (2020) fino al 2026, o come impatto annuale (cioè, quanto il Piano è stimato far aumentare il PIL da un anno all’altro).
D’altronde, le stime di impatto del Piano sui primi anni di implementazione sono state abbassate dal Governo di pari passo con la revisione della distribuzione temporale della spesa per anno, anch’essa sistematicamente spostata in avanti.
Allo stesso tempo, tuttavia, il Governo nelle successive revisioni ha mantenuto l’impatto cumulato all’ultimo anno pressoché invariato, sotto l’ipotesi implicita che tutte le risorse saranno comunque spese entro la finestra di implementazione 2020-2026.
Mantenendo l’effetto cumulato al 2026 pressoché fisso, le revisioni al ribasso dell’impatto annuale sui primi anni di implementazione si traducono meccanicamente in revisioni al rialzo sugli anni a venire.
Nel PSB, la stima di impatto cumulato al 2026, sotto l’ipotesi di efficienza alta, è stata rivista leggermente al rialzo rispetto al DEF di aprile, da 3,4 p.p. a 3,7 p.p.
Ciò diventa un problema ora che mancano solo due anni alla conclusione del Piano. In particolare, gli 0,8 p.p. di crescita aggiuntiva “spariti” dal 2024 (si veda Grafico 1) sono stati quasi completamente attribuiti all’ultimo anno: infatti la stima di impatto del PNRR sul PIL 2026 si è raddoppiata, da +0,8 a +1,6 p.p.
Una stima di crescita aggiuntiva così ampia, tuttavia, fa sorgere molte perplessità. Prendendola alla lettera e immaginando che al 2026 lo scenario senza PNRR sia allineato con la crescita media annua pre-pandemia (+0,5%), con un calcolo molto approssimativo ci si dovrebbe aspettare una crescita del PIL oltre il 2%. Ma i previsori nazionali e internazionali danno ad oggi una crescita nel 2026 intorno all’1%, quindi non paiono scontare uno scenario di impatto del Piano così ampio.
1.2 L’efficienza di implementazione
Come detto in precedenza, le simulazioni di impatto governative sono formulate sotto ipotesi di vari gradi di efficienza. Il PNRR iniziale di aprile 2021, in particolare, presentava una rosa di stime di impatto ex-ante sotto tre livelli di efficienza. Da allora, nei documenti ufficiali è sempre stata aggiornata e presa a riferimento soltanto la stima di impatto sotto l’ipotesi di efficienza alta. Il Governo, però, non ha mai esplicitamente chiarito quale ipotesi ritenesse più plausibile, nemmeno ora che sono trascorsi alcuni anni, sufficienti per poter effettuare una prima valutazione sulla qualità delle misure già realizzate. Da quanto emerge dal PSB, per la prima volta il Governo sembrerebbe giudicare in “medio” il grado di efficienza nell’implementazione delle spese del PNRR effettuate finora. Infatti, se si confronta il profilo annuale degli impatti sul PIL per gli investimenti (suddivisi in “già implementati” e “da implementare”) della Tavola III.4.1 del PSB con quello descritto nello scenario con efficienza media (detto “prudenziale”) della Tavola A.V.1 del PSB, appaiono del tutto uguali (Tabella A).
2. Programmazione finanziaria e progettuale: i numeri del PNRR
In questa seconda sezione si analizzano i “numeri” chiave che aiutano a delineare la programmazione finanziaria e progettuale del PNRR, offrendo una visione più chiara delle fasi procedurali attraverso cui si sviluppa la spesa delle risorse. L’ammontare di spesa sostenuta o effettuata, pari a 58,6 miliardi di euro al 31 ottobre, è forse il dato più noto per indicare lo stato di avanzamento del Piano; tuttavia, considerare solo questo valore rischia di offuscare la comprensione completa dello stato di avanzamento di tutto il Piano. Infatti, il sistema di monitoraggio e rendicontazione REGIS consente, attraverso specifici indicatori, di quantificare in dettaglio le varie fasi della pianificazione a monte, rendendo visibile la progressione dell’utilizzo dei 194,4 miliardi di risorse finanziarie del dispositivo per la ripresa e resilienza RRF (Grafico 3).
2.1 Come sta procedendo la pianificazione finanziaria e progettuale del PNRR?
Appare utile illustrare i sei valori chiave, di cui i primi tre riferiti alla pianificazione finanziaria e i successivi tre al monitoraggio dei progetti.
Il primo valore riguarda l’importo delle procedure di attivazione (PRATT), che al 13 dicembre ammonta a 184,4 miliardi (95% del totale RRF). Si tratta di risorse per le quali è stato definito un criterio di assegnazione ex-ante tramite atto pubblico da parte dell’Amministrazione Titolare della misura. Si tratta, dunque, di risorse per le quali è stata emanata l’autorizzazione formale per avviare le attività di spesa (criteri di ammissibilità, linee guida, ecc.). All’appello mancano da “attivare” circa 10 miliardi. Questo è un primo valore da monitorare perché consente di capire le “mancate attivazioni” di certe misure.
Il secondo valore riguarda l’importo delle convenzioni, che ammonta a 161,7 miliardi (83% del totale RRF). Si tratta di risorse relative ai progetti selezionati per i quali è stato siglato un accordo tra l’Amministrazione Titolare (i Ministeri) e i Soggetti Attuatori (enti locali, enti pubblici e privati, ecc.). In pratica, è la somma che il Governo decide di mettere a disposizione per la realizzazione delle attività previste. Un importo inferiore rispetto alle PRATT indica un ritardo nel siglare gli accordi (es. decreti di riparto) o una differente contabilizzazione, per esempio dei crediti di imposta, registrati solo parzialmente.
Il terzo valore riguarda il costo ammesso dei progetti che ammonta a 140,5 miliardi (72%). È l’ammontare di risorse destinato a coprire i costi puntualmente finanziabili tramite il contributo del PNRR, come definito dalla Amministrazione Titolare. Tornando all’esempio dei crediti d’imposta, a differenza dei primi due valori, in cui in automatico si traducevano in una PRATT e una convenzione, qui i crediti d’imposta vengono contabilizzati solo a fronte delle domande effettuate dai beneficiari (es. Ecobonus, Sismabonus e Transizione 4.0).
Due caveat nella lettura di questi primi 3 valori. Primo, seppur ci sia una certa gerarchia negli importi di ciascuna fase di avanzamento (nel senso che l’importo delle PRATT dovrebbe essere maggiore dell’importo delle convenzioni, che a sua volta dovrebbe essere maggiore del costo ammesso dei progetti), vi sono situazioni in cui non è così: è il caso di misure che alle risorse RRF combinano altre risorse, ad esempio il Fondo Complementare, altri fondi NGEU o risorse proprie. Secondo, come avvenuto in passato, alcuni dei tre valori sopra indicati possono superare la dotazione totale delle risorse del Piano: ciò avviene se, per garantire un margine al raggiungimento dei traguardi e obiettivi previsti, sono ammessi più progetti.
Il quarto valore riguarda l’impegno finanziario per progetti, che ammonta a 125,1 miliardi (64%). Si tratta delle risorse accantonate dai Soggetti Attuatori per il pagamento di uno o più soggetti realizzatori dei lavori o fornitori di servizi. Sono, quindi, risorse giuridicamente vincolate, poiché esiste un obbligo legale di pagamento (es. è stato siglato un contratto tra un ente locale e un’azienda fornitrice di servizio). Per questa ragione, il valore degli impegni è una buona approssimazione per sapere quanti progetti verranno realizzati in futuro.
Il quinto valore riguarda i pagamenti dei progetti, che ammonta a 57,5 miliardi (30%). Si tratta del valore delle spese effettivamente pagate dai Soggetti Attuatori ai soggetti realizzatori, a fronte delle fatture presentate. È un valore di spesa “per cassa”.
L’ultimo valore, quello più noto, riguarda la previsione di spesa sostenuta, per 58,6 miliardi (30%). È il valore previsto dei rimborsi certificati dalle Amministrazioni Titolari a favore dei Soggetti Attuatori. È una sorta di valore di spesa “per competenza” e non necessariamente coincide con il valore di spesa “per cassa” di cui sopra. Dovrebbe coincidere con il valore economico realizzato, cioè il valore economico a stato avanzamento lavori (SAL) delle opere finora realizzate o dei beni o servizi acquistati.
Un caso concreto per chiarire. A titolo esemplificativo, si analizzano le varie fasi procedurali per l’investimento M4C1I3.2 “Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori” della missione M4-Istruzione e ricerca. A questa misura sono stati destinati 2.100 milioni di euro dal solo fondo RRF. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha attivato procedure per 1.867 milioni (il Ministero è anche Soggetto Attuatore per questa misura). Per differenza, mancano da attivare ancora 233 milioni. L’importo delle convenzioni vale oltre 1.828 milioni, mentre quello del costo ammesso dei progetti è solo di poche migliaia di euro inferiore, vale quasi 1.828 milioni. Il Soggetto Attuatore ha già siglato contratti per 1.658 milioni e pagato fatture per 1.135 milioni. La previsione di spesa sostenuta vale 1.122 milioni, ma è probabile che tale valore verrà aggiornato al rialzo a breve. Infatti, l’investimento sembra stia andando meglio del previsto: entro il 2024 erano state pianificate spese per 501 milioni, ma ad oggi tale valore è quattro volte superiore (+224%).
3. Spese sostenute e potenziali ritardi di spesa
In questo capitolo si qualifica la spesa finora sostenuta, andando a individuare misura per misura dove sono state spese le risorse e dove potrebbero configurarsi dei ritardi. Per ciascuna misura è stato costruito un indicatore che visualizza possibili situazioni di criticità, fornendo quindi un segnale d’allerta affinché stakeholder e policy maker possano intervenire tempestivamente per raggiungere i relativi traguardi e obiettivi prefissati nel Piano. Poi, si fornisce una panoramica su quali saranno le maggiori sfide, in termini di spesa PNRR, che si dovranno affrontare in futuro. Infine, si conclude con alcune considerazioni per una corretta interpretazione dei numeri presentati.
3.1 Quanto è stato speso finora?
Come già evidenziato, il dato comunemente utilizzato per riassumere lo stato di avanzamento del Piano è la spesa sostenuta, al 31 ottobre pari a 54,1 miliardi di euro, ovvero il 67% della dotazione di risorse prevista entro la fine del 2024, pari a 87,6 miliardi; per differenza nei due mesi mancati si sarebbero dovuti teoricamente spendere 32,7 miliardi entro fine anno, escludendo l’ipotesi di un parziale rinvio. Invece, se la spesa sostenuta viene valutata rispetto alla dotazione complessiva del dispositivo RRF, la percentuale cala al 30% e le risorse da spendere salgono a 136 miliardi entro fine 2026 (Grafico 4). Infatti, nel 2025 e 2026 sono pianificate spese per oltre 57 e 49 miliardi, importi decisamente consistenti.
Attraverso i dati REGIS e di ItaliaDomani è possibile esaminare dettagliatamente come sono stati utilizzati i 58,6 miliardi di euro, misura per misura. L’analisi consente di evidenziare sia i successi, sia le eventuali criticità nel percorso di spesa, fornendo un quadro puntuale della progressione del Piano.
Per facilitarne la comprensione, è stato elaborato un indicatore sintetico (c.d. “alert”) che, per ogni misura, segnala la rischiosità, in termini di distanza, nel raggiungere l’obiettivo di spesa pianificata. L’indicatore è molto semplice, si basa sul rapporto tra spesa effettuata fino al 31 ottobre 2024 e la spesa pianificata dal 2020 al 2024. Si associa un maggior rischio alle misure con percentuali più basse, ovvero tra lo 0% e il 25%. Man mano che si sale nelle classi di percentuale (25-50%, 50-75%, 75-100%), il rischio associato diminuisce progressivamente. Inoltre, l’indicatore tiene conto della dimensione della misura: si è scelto arbitrariamente di giudicare più rischiosi quei progetti il cui importo di spesa previsto è superiore a 500 milioni. Così facendo, l’indicatore consente di individuare quelle misure che potrebbero richiedere interventi correttivi per restare allineate alla pianificazione finanziaria del Piano.
In Appendice, è riportato un elenco completo delle misure e del loro stato di avanzamento.
3.2 Dove si è speso?
Considerando solo le prime 20 misure del PNRR per importo speso, il livello di spesa appare in media piuttosto elevato: 43,8 miliardi, pari al 94% dei 46,5 miliardi pianificati nel periodo 2020-2024. Invece le altre misure, la cui spesa complessiva finora è stata di 14,8 miliardi, mostrano una percentuale media di spesa decisamente più bassa, pari al 36% dei 41,1 miliardi previsti (Grafico 5).
A livello di singole misure, le risorse spese hanno riguardato principalmente tre aree: i crediti d’imposta (Ecobonus, Sismabonus e Transizione 4.0), gli investimenti ferroviari (linee di Alta Velocità e altri collegamenti regionali) e gli investimenti in edilizia scolastica (scuole, asili, mense, palestre). Tra l’altro, appare evidente come metà della spesa effettuata sia imputabile a misure automatiche (26,7 miliardi, il 46%) e un’altra parte a investimenti già in essere all’avvio del Piano, ovvero quelli per tratte ferroviarie ad Alta Velocità (6,1 miliardi, il 10%).
Sempre tra le prime 20 misure per spesa effettuata, ben 14 misure hanno un livello di spesa superiore al 75% (alert con pallino verde); cinque di queste hanno addirittura una percentuale superiore al 100%, segnale che rispetto al pianificato hanno speso di più e quindi stanno procedendo più rapidamente del previsto. Delle restanti 6 misure, 5 hanno una percentuale di spesa compresa nell’intervallo 50%-75% (alert con pallino giallo) e solo una nell’intervallo 25%-50% (alert con pallino rosso). Inoltre, tutte queste restanti 8 misure hanno un ulteriore segnale di criticità nell’indicatore di alert perché la loro spesa pianificata al 2024 è superiore alla soglia di 500 milioni, rendendo il loro conseguimento probabilmente più sfidante.
3.3 Dove ci sono potenziali ritardi di spesa?
Considerando “critiche” quelle misure di spesa caratterizzate da una spesa prevista superiore ai 500 milioni e da bassi livelli di spesa, compresi tra lo 0% e il 25% o tra il 25% e il 50%, emerge che su 16,3 miliardi ne sono stati spesi complessivamente solo 3,0, cioè il 18% (Grafico 6). Tra le misure meno performanti, con un livello di spesa inferiore al 25%, ci sono sicuramente le “politiche attive del mercato del lavoro (ALPMs)”, gli investimenti “Tecnologie a zero emissioni nette” e i “Contratti di filiera agricoltura”. Per la prima, era prevista una spesa di 2,6 miliardi entro il 2024, ma al 31 ottobre sono stati spesi soltanto 182 milioni, il 7%, risultando quindi in forte ritardo; per le seconde, sono previsti circa 2 miliardi di spesa ciascuna, ma al 31 ottobre non risultava alcuna spesa effettuata.
Invece, tra le misure con livello di spesa compreso tra il 25% e il 50% compaiono il Piano asili nido, gli Investimenti in progetti di rigenerazione urbana e lotta al disagio sociale e i Partenariati estesi a università, centri di ricerca, imprese e finanziamento progetti di ricerca di base. Queste misure dovranno essere oggetto di un attento monitoraggio.
Nel valutare questi ritardi, occorre anche tener conto della distribuzione temporale della spesa pianificata fino al 2026. Un eventuale ritardo di spesa nel 2024 potrebbe essere facilmente recuperato l’anno successivo specialmente se negli anni successivi gli importi di spesa prevista sono più limitati: ad esempio, la misura Tecnologie a zero emissioni nette non prevede spese dopo il 2024 e in caso di ritardo ci sarebbe un certo margine per realizzarla entro la fine del PNRR. Viceversa, in caso di elevati importi anche nel biennio 2025-2026, certe misure potrebbero diventare più difficili da completare, perciò rischiose, qualora si dovessero concretizzare i ritardi registrati nel 2024: questo è ad esempio il caso della misura “Sviluppo del biometano, secondo criteri per promuovere l’economia circolare”, in cui la spesa pianificata aumenterà di 3 volte, fino a 1,9 miliardi, a cui si dovranno sommare i potenziali ritardi accumulati nel 2024 (cioè, i 500 milioni ad oggi pianificati ma non ancora spesi).
3.4 Dove saranno spese le risorse?
Il Grafico 7 documenta le spese (effettuate e/o previste) disaggregate per anno e per missione, rivelando una certa eterogeneità dello stato di avanzamento di spesa. È basato sui dati REGIS al 17 ottobre, per un totale di 54,1 miliardi e non si è potuto aggiornarlo con i dati di ItaliaDomani. Seppur manchino circa 4,5 miliardi rispetto ai 58,6 del 31 ottobre, è utile analizzare le tendenze generali per ciascuna missione.
Fino al 2022 per tutte le missioni la spesa effettuata coincide quasi completamente con quella pianificata, anche in ragione delle revisioni sulla pianificazione via via effettuate per realizzare l’allineamento. Solo la missione M3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile presenta un lieve ritardo.
Per il 2023, invece, si nota come per la missione M4 – Ricerca e sviluppo, si sia speso più di quanto inizialmente previsto (circa 3,1 miliardi contro i 2,0 previsti); viceversa, per la missione M5 – Inclusione e coesione si nota un ritardo di spesa di circa 1,3 miliardi a fronte di una spesa prevista di 2,1 miliardi.
Per il 2024 il ritardo di spesa accomuna tutte le missioni. Complessivamente al 17 ottobre erano stati spesi solo 9,5 miliardi sui 42,2 pianificati; perciò, ne restavano ancora 32,7 da spendere entro fine anno. Solo la missione M6 – Salute ha superato il 50% delle spese previste, mentre tutte le altre sono su percentuali inferiori (in media il 23%).
Per il 2025 e 2026, tutte le missioni, tranne la M1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, mostrano che i picchi di spesa devono ancora avvenire.
Tornando ai dati di spesa effettuata più recenti (58,6 miliardi di Italia Domani del 31 ottobre), emerge che restano ancora da spendere 135,8 miliardi, comprese le risorse mancanti nel 2024, come ripartite nel seguito.
Per la M1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura:
2,5 miliardi per il Piano Italia a 1 Gbps;
2 miliardi per le tecnologie a zero emissioni nette;
1,3 miliardi di investimento in capitale umano per rafforzare l’Ufficio di Processo; seguono molte altre misure, di importi inferiori o prossimi al miliardo.
Per la M2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica:
3,0 di sviluppo del trasporto rapido di massa;
2,5 miliardi di rafforzamento smart grid;
2,2 per il parco agrisolare;
2,2 per promuovere le rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo;
2 per il potenziamento del parco autobus regionale per il trasporto pubblico;
seguono altre 7 misure con importo superiore al miliardo;
Per la M3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile:
2,0 per sviluppare il sistema di gestione del traffico (ERTMS);
1,9 per il potenziamento delle ferrovie al Sud;
1,8 per il potenziamento dei nodi ferroviari;
1,8 miliardi per le linee Alta Velocità (Liguria-Alpi);
7,3 miliardi circa per altre misure riferite sempre al miglioramento del sistema ferroviario.
Per la M4 – Istruzione e ricerca:
3,3 miliardi per l’edilizia scolastica;
2,4 per il piano asili nido e scuole dell’infanzia;
1,4 per gli IPCEI (Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo);
altre 6 misure hanno importi compresi tra 1 e 1,4 miliardi.
Per la M5 – Inclusione e coesione: le spese sono concentrate attorno a tre misure principali, cioè:
le politiche attive del mercato del lavoro e formazione professionale per 5,3 miliardi;
il social housing per 1,9 miliardi;
gli investimenti di rigenerazione urbana e contro il degrado sociale per 1,5 miliardi;
tutte le altre misure hanno importi inferiori al miliardo.
Per la M6 – Salute:
2,6 miliardi per la misura “Casa come primo luogo di cura”;
2,3 per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero (digitalizzazione);
1,8 per le “Case della Comunità e presa in carico della persona”;
1,4 miliardi per la telemedicina;
1,2 per rafforzare l’infrastruttura tecnologica per l’analisi dati;
seguono altre misure dagli importi inferiori al miliardo.
Per la M7 – RepowerEU:
Transizione 5.0, che vale 6,3 miliardi, costituisce la misura maggiore;
seguono 1,4 miliardi per l’efficientamento dell’edilizia pubblica;
1 miliardo per rafforzare il potenziamento del parco ferroviario con treni a zero emissioni;
seguono altre misure minori.
3.5 Considerazioni sullo stato di avanzamento della spesa
Il 2024 è terminato, ma non sono ancora disponibili i dati di spesa aggiornati a fine periodo. Perciò, nel valutare l’avanzamento di spesa occorre tener presente alcuni aspetti:
1) da un lato esiste un disallineamento tra i dati caricati a sistema e lo stato di avanzamento delle opere. È ragionevole attendersi un cospicuo aumento di spesa nei due mesi finali di dicembre:
per via di un ritardo fisiologico nel caricare i dati sulla piattaforma da parte dei Soggetti Attuatori;
per via di una rendicontazione delle spese “a stato avanzamento lavori” (SAL);
discrepanze temporali derivanti dal fatto che i pagamenti sono effettuati dai Soggetti Attuatori a chi realizza il progetto, ma il valore di spesa sostenuta viene validata in un secondo momento dalle Amministrazioni Titolari una volta che ricevono le fatture dai Soggetti Attuatori;
Ad esempio, lo scorso anno, a ottobre 2023, REGIS indicava una spesa prevista per l’anno in corso di soli 3 miliardi, mentre poi ex-post si è rivelata essere di quasi 22 miliardi;
2) dall’altro lato, per contro, è ormai probabile che ci siano dei ritardi effettivi nella messa a terra di alcuni progetti o che ci sia un minor tiraggio per alcune misure (il Rapporto di previsione del Centro Studi Confindustria ipotizza spese per circa 21 miliardi in meno nel 2024 e 19 nel 2025 rispetto alla pianificazione finanziaria disponibile su REGIS). Inoltre, a preoccupare sulla tempestiva attuazione del Piano, è che parte delle risorse spese negli anni precedenti riguardavano misure automatiche o preesistenti.
Anche ipotizzando di realizzare tutte le spese previste nel 2024, nel biennio 2025-2026 rimangono da spendere quasi 108 miliardi. È probabile che entro la fine del 2026 non si riuscirà a spendere tutte le risorse pianificate.
4. Il confronto internazionale
4.1 Come sta procedendo il cronoprogramma del PNRR?
Nonostante i possibili ritardi di spesa evidenziati nel paragrafo precedente, occorre rilevare che il Piano sta comunque avanzando. La Commissione Europea eroga a rate le risorse finanziarie soltanto quando il Paese ha conseguito positivamente le “condizioni” (Milestone & Target) definite nel Piano sia per riforme, sia per investimenti, secondo un cronoprogramma concordato. Su questo fronte sembra che la PA stia registrando una buona performance. Ad oggi, l’Italia ha raggiunto i traguardi e gli obiettivi prefissati e, in data 26 novembre, la Commissione europea ha approvato una valutazione preliminare sul conseguimento positivo dei 39 obiettivi connessi al pagamento della sesta rata da 8,7 miliardi (Tabella B). Il pagamento della sesta rata è avvenuto il 23 dicembre, al termine del consueto iter procedurale, mentre il 30 dicembre è stata sottomessa la richiesta di pagamento della settima rata per 18,3 miliardi.
4.2 Rispetto agli altri paesi europei, come sta procedendo il Piano italiano?
Il ritmo di implementazione del PNRR italiano sembra essere superiore a quello di altri paesi europei (Grafico 8). Il Piano italiano è il più grande in termini di risorse totali: 194,4 miliardi di euro, seguito da quello spagnolo (163), polacco (60) e francese (42). Ciò costituisce una sfida notevole perché aumenta la pressione sulla struttura amministrativa per la messa a terra dei progetti.
Però, per ora, l’Italia si colloca tra i paesi dove il Piano sta procedendo più celermente, in relazione agli accordi stabiliti con la Commissione Europea:
il 43% dei traguardi e obiettivi sono stati raggiunti, rispetto al 28% medio dei paesi i cui piani hanno un valore di almeno 5 miliardi;
il 64% delle risorse (122,1 miliardi, di cui 46,5 come sovvenzioni e 75,7 come prestiti) sono state erogate all’Italia dall’Europa, ben sopra la media europea (48%).
Occorre tener presente che però, con l’approssimarsi della scadenza del PNRR, i paesi che hanno ricevuto un importo più limitato di risorse potrebbero rapidamente colmare il vantaggio maturato dal Piano italiano in questo momento.
Nel 2024 l’economia italiana ha registrato una crescita del Pil in volume dello 0,7%, pari a quella del 2023. Lo sviluppo è stato stimolato sia da un contributo positivo della domanda nazionale al netto delle scorte (+0,5%) sia della domanda estera netta (+0,4%), mentre è stato lievemente negativo il contributo della variazione delle scorte (-0,1%). Dal lato dell’offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite in agricoltura (+2,0%), nei servizi (+0,6%) e, in misura inferiore, nel complesso dell’industria (+0,2%).
La crescita dell’attività produttiva è stata accompagnata da una espansione dell’input di lavoro e dei redditi. Il rapporto tra indebitamento delle Amministrazioni pubbliche e Pil ha registrato un forte miglioramento rispetto al 2023, attestandosi a -3,4%. Il saldo primario è migliorato, passando da -3,6% a +0,4%. La pressione fiscale è cresciuta di oltre un punto percentuale.