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Sulle origini del virus SARS-CoV-2

Sulle origini del virus SARS-CoV-2


Una rassegna dei contributi scientifici e delle iniziative politiche

A due anni dallo scoppio della pandemia, non sono state finora accertate con sufficiente chiarezza le origini del virus SARS-CoV-2, un ceppo di coronavirus che non era mai stato precedentemente identificato nell’uomo.


In ambito scientifico, la certezza assoluta è molto difficile da raggiungere. Nel caso della SARSCoV-2, si aggiungono due altri fattori specifici che rendono ancora più “incerte” e provvisorie le interpretazioni sulle origini.


Anzitutto il tempo. Confrontando la situazione attuale con quella di casi precedenti – in particolare, il Coronavirus della sindrome respiratoria Medio-Orientale e la sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-1 – il tempo a disposizione finora non è stato molto per arrivare a conclusioni convincenti; inoltre, ci sono state difficoltà eccezionali a condurre indagini sul terreno a ridosso dello scoppio epidemico a Wuhan, a seguito delle forti limitazioni agli spostamenti che le misure restrittive hanno imposto.
Inoltre, il dibattito sull’origine della pandemia, le cui prime segnalazioni si ebbero a Wuhan, nella provincia di Hubei in Cina, è diventato da subito un argomento usato anche strumentalmente nella contrapposizione tra le due superpotenze, Stati Uniti e Cina, che si sono più volte rinfacciati accuse alla ricerca di colpevoli più che della verità.


In questo difficile contesto, l’Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization, WHO) ha cercato di costruire un percorso condiviso, basato cioè sul consenso di tutti i Paesi, per approfondire il tema e cercare spiegazioni plausibili.

Si è così assistito in questi ultimi mesi sia a una copiosa produzione di letteratura scientifica sulle origini del virus sia a un confronto politico continuo e conflittuale, che non ha risparmiato attività di disinformazione, con corto circuiti e contaminazioni tra i due livelli che hanno favorito la confusione. In questa congerie di argomentazioni scientifiche e discorsi e interessi politici, che
ha attecchito su un humus di inevitabile incertezza di ogni ipotesi da verificare con rigore, sono proliferate sulla rete (al di fuori dei circuiti scientifici accreditati a livello internazionale) e, quindi, anche tra l’opinione pubblica ipotesi pseudo-scientifiche o antiscientifiche. Atteggiandosi a forme di scetticismo, non sono mancate ipotesi di complottismo o negazionismo, in modo
spregiudicato e ideologizzato.

Un momento fondamentale di svolta si è avuto a fine marzo 2021, quando sono stati pubblicati, in forma di rapporto, i risultati della prima fase di studio dell’origine del virus, promossa dalla WHO in collaborazione con la Cina, che ha ospitato per un mese una missione scientifica internazionale.

Il rapporto ha analizzato quattro ipotesi e ne ha valutato la plausibilità. Le prove raccolte dimostrerebbero che la SARS-CoV-2 non è un virus manipolato di proposito; e l’ipotesi di un’origine del virus causata da un incidente in un laboratorio cinese è ritenuta altamente improbabile. Le tre ipotesi più credibili sono, invece, tutte riconducibili a un’evoluzione e trasmissione in natura (con il passaggio dall’ospite animale serbatoio o primario all’uomo, attraverso un ospite animale intermedio – l’ipotesi considerata più probabile – o tramite il contatto con prodotti della catena alimentare del freddo).


L’immediato dibattito scientifico e politico che ne è seguito ha criticato anzitutto il mancato bilanciamento tra le teorie legate al salto di specie in natura e l’incidente di laboratorio, per quanto nessuna delle due fosse supportata da risultati chiari, il che solleverebbe dubbi sull’imparzialità e la non interferenza cinese.

A prese di posizione nette e contrapposte al riguardo all’interno della comunità scientifica si è aggiunto il confronto politico, anche molto acceso, tra i governi e le istituzioni, che hanno alimentato anche ipotesi di diffusione intenzionale del virus a seguito di esperimenti di laboratorio.


Poiché tutti convenivano sulla necessità di proseguire col lavoro scientifico – essendo attualmente impossibile provare o confutare le varie teorie in campo sull’origine del virus – ad ottobre del 2021 sono da segnalare, tra i vari fatti: la WHO ha annunciato la costituzione di un team di 26 esperti per supervisionare i nuovi studi sulle origini della SARS-CoV-2 e altri patogeni con potenziale pandemico; il governo cinese ha comunicato lapidariamente che avrebbe fatto del proprio meglio per sostenere e cooperare con la WHO sullo studio scientifico ma non permetterà agli scienziati stranieri di vedere i dati da soli; gli Stati Uniti hanno reso pubblico il
rapporto di approfondimento e aggiornamento sulle origini del virus commissionato dal presidente Biden alle agenzie di Intelligence. Quest’ultimo rapporto ritiene che il virus non sia stato sviluppato come arma biologica, che manchino prove sufficienti per fare una valutazione della validità delle ipotesi di trasmissione in natura o in laboratorio, che i funzionari cinesi non
fossero a conoscenza del virus prima che emergesse il focolaio iniziale di COVID-19, che la cooperazione della Cina sarebbe molto probabilmente necessaria per raggiungere una valutazione conclusiva delle origini del COVID-19, e che molto probabilmente le lacune di conoscenza non saranno mai colmate.

Sulla base di una rassegna della letteratura scientifica e del dibattito politico, l’impressione è che spesso la politica abbia prevalso sull’esigenza di accertare i fatti e risalire alla verità sull’origine del virus. È probabile che errori di procedura e valutazione ci siano stati da più parti – sia in Cina che negli Stati Uniti –, lungo catene di comando che intrecciano responsabilità ai livelli locali e
centrali di governo. Oltre alle incertezze perduranti sull’origine del virus, la storia di questi mesi sembra indicare che non ci siano a livello internazionale dei meccanismi istituzionali efficaci per indagare in modo ottimale le origini di una pandemia, cosa invece vitale per prevenire future pandemie.

Scarica lo studio

A cura del Centro Studi di Politica Internazionale (www.cespi.it)

Fonte: Senato della Repubblica

Decreto festività: il testo in Gazzetta Ufficiale

Decreto festività: il testo in Gazzetta Ufficiale

Decreto Legge 24 dicembre 2021, n. 221: Ulteriori misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della salute Roberto Speranza, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali.

Green Pass

Dal 1° febbraio 2022 la durata del green pass vaccinale è ridotta da 9 a 6 mesi.  Inoltre, con ordinanza del Ministro della salute, il periodo minimo per la somministrazione della terza dose sarà ridotto da 5 a 4 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario.

Mascherine

  • obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto e anche in zona bianca;
  • obbligo di indossare le mascherine di tipo FFP2 in occasione di spettacoli aperti al pubblico che si svolgono all’aperto e al chiuso in teatri, sale da concerto, cinema, locali di intrattenimento e musica dal vivo (e altri locali assimilati) e per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso o all’aperto. In tutti questi casi è vietato il consumo di cibi e bevande al chiuso;
  • obbligo di indossare le mascherine di tipo FFP2 sui tutti i mezzi di trasporto.

Ristoranti e locali al chiuso

Fino alla cessazione dello stato di emergenza, si prevede l’estensione dell’obbligo di Green Pass rafforzato alla ristorazione per il consumo anche al banco.  

Eventi, feste, discoteche

Inoltre, è stato stabilito che fino al 31 gennaio 2022

  • sono vietati gli eventi, le feste e i concerti, comunque denominati, che implichino assembramenti in spazi all’aperto;
  • saranno chiuse le sale da ballo, discoteche e locali assimilati.

Ingressi di visitatori in strutture socio-sanitarie e Rsa

È possibile entrare per far visita alle strutture residenziali, socio-assistenziali, socio-sanitarie e hospice solo ai soggetti muniti di Green Pass rafforzato e tampone negativo oppure vaccinazione con terza dose.

Estensione del Green Pass

Estensione dell’obbligo di Green Pass ai corsi di formazione privati svolti in presenza.

Estensione del Green Pass rafforzato

Estensione dell’obbligo di Green Pass rafforzato a:

  • al chiuso per piscine, palestre e sport di squadra;
  • musei e mostre;
  • al chiuso per i centri benessere;
  • centri termali (salvo che per livelli essenziali di assistenza e attività riabilitative o terapeutiche);
  • parchi tematici e di divertimento;
  • al chiuso per centri culturali, centri sociali e ricreativi (esclusi i centri educativi per l’infanzia);
  • sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò.

Fonte: governo.it

Convertito in Legge il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146: ulteriori misure a tutela del lavoro

Convertito in Legge il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146: ulteriori misure a tutela del lavoro

​È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 17 dicembre 2021, n. 215 recante la “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.

In sede di conversione sono state apportate le seguenti principali modifiche:

Misure in materia di termini procedurali relativi ai trattamenti e assegni di integrazione salariale emergenziale (art. 11 bis)
I termini di decadenza per l’invio dei dati necessari per il conguaglio, il pagamento o per il saldo delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza epidemiologica da COVID-19, scaduti tra il 31 gennaio e il 30 settembre 2021, sono differiti al 31 dicembre 2021. Inoltre, le domande già inviate alla data di entrata in vigore della legge di conversione, non  accolte, sono considerate validamente presentate.

Fondo Nuove Competenze (art. 11 ter)
Al fine di potenziare gli interventi previsti dal PNRR, le risorse stanziate dalla Legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 324, L. 30 dicembre 2020, n. 178) possono essere altresì destinate in favore dell’ANPAL per essere utilizzate per le finalità indicate dall’art. 88, comma 1, del D.L. n. 34/2020 (convertito con modificazioni in L. n. 77/ 2020). Quest’ultima disposizione, in particolare, prevede che – per consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica – per gli anni 2020 e 2021, i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale dalle associazioni dei datori di lavoro e dei  lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, oppure dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda, possono realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa oppure per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori, con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi.

Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 13)
La Legge di conversione, modificando l’art. 14 del T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. n. 81/2008), introduce la previsione secondo cui, con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, per svolgere il monitoraggio e contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia  contrattuale, l’avvio dell’attività di tali lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, secondo le modalità operative previste dall’art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015 per il lavoro intermittente. In caso di violazione, si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione.  

Peraltro, in caso di provvedimento di sospensione per violazioni sulla sicurezza o per lavoro irregolare, per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016). In tali ipotesi, il datore di lavoro è comunque tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione.

Per maggiori dettagli, consulta la Legge.

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Vaccino anti Covid e facoltà datoriali

Vaccino anti Covid e facoltà datoriali

di Antonio Tarzia (Adapt)

Con l’imminente arrivo dei primi vaccini a protezione dell’infezione da Covid 19 i datori di lavoro pubblici e privati cominceranno ad interrogarsi sulla possibilità (nel senso di “facoltà”) di obbligare i propri dipendenti a vaccinarsi per eliminare (o quantomeno circoscrivere) le rigide linee guida per il contenimento del virus e per ridurre il (correlato) rischio di essere chiamati a rispondere in caso di malattia (o di decesso) del lavoratore di cui sia accertata la causa in relazione alla circolazione del virus all’interno dei locali di lavoro.

La questione, allo stato, non è stata (quantomeno ufficialmente) affrontata dal Legislatore, che si limita ad evocare il rispetto della libertà di scelta ritenendo (forse auspicando) che la scelta vaccinale si imporrà da sola senza necessità di un intervento “forzoso” da parte della legge.

Così in realtà non è (e non sarà), e già da qualche settimana circolano sui social ipotesi di “libretto (o passaporto) vaccinale” e ipotesi di facoltà di imporne l’obbligo da parte di alcuni “attori della sicurezza”, in casi particolari (es: trasporto aereo, viaggi all’estero, ecc).

La questione pone in realtà delicati problemi che riguardano le libertà costituzionali, il diritto alla salute, l’obbligo dell’imprenditore di garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, lo statuto dei lavoratori. Norme che – già di fatto, ancorchè in modo non esplicito – hanno subito (e tuttora subiscono) parziali contrazioni in forza del periodo emergenziale, ma che, inevitabilmente, si riproporranno con prepotenza all’attenzione di tutti a cessazione del medesimo, che verosimilmente avverrà alla fine della prossima primavera, quando il vaccino comincerà a diffondersi tra la popolazione creando una sorta di barriera naturale che dovrebbe, quantomeno, ridurre la circolazione del virus.

Un primo punto della questione riguarda anzitutto la durata della protezione vaccinale, che – a quanto si dice – sarà simile a quella dei comuni vaccini influenzali. Di tal chè non è da attendersi che l’unica dose di vaccino somministrata nei prossimi mesi produrrà una protezione permanente, come in passato è avvenuto per i vaccini del vaiolo e della poliomelite. Ciò significa che il problema resterà latente nel tempo, e che andrà prima o poi affrontato in tutti i suoi aspetti, anche in considerazione del fatto che il virus potrebbe subire mutazioni e riproporsi in forma pandemica nel medio tempo, considerando la sua capacità di adattarsi ad organismi “veicolo” e a diffondersi con sorprendente velocità tra la popolazione umana.

Un secondo punto della questione riguarda la facoltà dei datori di lavoro di imporre l’obbligo vaccinale ai propri dipendenti. In via generale l’art.2087 impone all’imprenditore di “adottare…le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica…del lavoratore”. In tal senso, il datore di lavoro assolve a quest’onere attraverso l’attuazione dell’art.77 del Dlgs 81/2008 scegliendo i dispositivi di protezione individuale, tra i quali sono compresi anche quelli della protezione delle vie respiratorie (mascherine facciali, ecc). Ma lo stesso art.2087 pone anche un vincolo, rappresentato dall’obbligo di tutelare la personalità morale del lavoratore, che potrebbe essere intesa nel senso che il datore di lavoro non può scegliere (rectius: imporre) il vaccino come dispositivo di protezione individuale (e qui si pone la questione….) a chi non desidera farlo.

Allo stato dell’arte, da anni, soprattutto nelle grandi imprese, l’imprenditore mette a disposizione gratuitamente il vaccino antinfluenzale a chi lo desidera, accompagnando lo stesso ad una sorta di moral suasion interna verso i dipendenti e collaboratori. E’ verosimile che ciò avverrà anche per il vaccino anti Covid 19, ad esempio mettendo a disposizione una sede aziendale in cui effettuare la somministrazione del vaccino in orario di lavoro, atteso che – anche se il vaccino dovrebbe essere gratuito – non è detto che la somministrazione dello stesso sia anche tale……. Questa “offerta” non sarà certamente sufficiente a convincere i riottosi, ma sarà un primo passo.

Un terzo punto della questione riguarda la competenza ad “imporre” o meno l’obbligo vaccinale. Alcuni illustri costituzionalisti hanno già espresso il parere che non basti un DPCM ma che occorra una “legge del Parlamento” che ne imponga l’obbligo.

Ma è verosimile che ciò non basti, considerando che la materia della Sanità ha fonte costituzionale ed è equamente distribuita tra Regioni e Stato e che, come noto, ciascuna Regione decide sul numero dei vaccini obbligatori per l’accesso alla scuola secondo le sensibilità locali.

Sembra quindi un tema aperto, che il Legislatore dovrà porsi a brevissimo termine, cessando di fuggire l’argomento rifugiandosi verso la “libertà di scelta”, e affrontando il tema nelle opportune sedi.

Antonio Tarzia

Avvocato in Venezia