Più di 200 aziende hanno già oggi formalizzato la partecipazione a SICUREZZA 2021, confermando la manifestazione -che si terrà a Fiera Milanodal 22 al 24 novembre prossimi – un’opportunità unica per valutare l’innovazione tecnologica e le soluzioni più avanzate oggi disponibili sul mercato, ma anche per aggiornarsi su trend, normative e scenari.
Una offerta importante, che per la prima volta si inserisce in una proposta di filiera allargata: non solo, infatti, torna l’abbinata con SMART BUILDING EXPO, la manifestazione della home and building automation e dell’integrazione tecnologica, ma SICUREZZA si terrà in contemporanea anche a MADE expo, manifestazione leader in Italia per il settore delle costruzioni. I tre eventi apriranno in contemporanea a Fiera Milano (Rho) il 22 novembre 2021, ma, mentre SICUREZZA e SBE si svolgeranno dal 22 al 24, MADE Expo durerà un giorno in più, fino al 25 novembre, confermando la tradizionale durata di quattro giorni.
LA PROPOSTA MERCEOLOGICA
A SICUREZZA 2021 sarà dunque finalmente possibile tornare a incontrarsi, confrontarsi di persona con i produttori e, soprattutto, scoprire il meglio che il mercato propone per la tutela di persone, beni, ambienti. Un’offerta rappresentativa di tutte le componenti del mercato, che permetterà di valutare le soluzioni più avanzate disponibili per ogni ambito applicativo.
Dalle videocamere ad altissima risoluzione, alle camere termiche che oggi trovano ampia applicazione nella prevenzione anti-Covid, fino ai software di gestione dati e ai sistemi di videoanalisi che consentono una lettura intelligente dei dati e delle immagini, i produttori e i distributori di videosorveglianza consentiranno di fare il punto su una tecnologia che oggi trova applicazione in ogni ambito sia pubblico – dai siti sensibili alle città – che privato.
Molto ampia in questa edizione l’offerta dell’antintrusione, che vedrà la presenza di primari brand internazionali e del made in Italy. Sistemi integrati pensati per industria, commercio o ambiti istituzionali, innovative proposte di nebbiogeni, ma anche tantissime proposte per il residenziale, ormai sempre più connesse e integrate con le soluzioni di domotica avanzata, che consentono di vivere una nuova dimensione del comfort e garantiscono una ottimizzazione delle risorse energetiche.La nuova centralità che la casa ha assunto nei mesi passati – e che continua oggi anche grazie alla spinta dello smart working – e l’evoluzione tecnologica che ha visto crescere in modo esponenziale la disponibilità della banda larga ha infatti ulteriormente acceso i riflettori sulle potenzialità e i vantaggi della smart home, mercato che, secondo gli ultimi dati diffusi dal Politecnico di Milano, ha saputo reggere l’urto del Covid, segnando soltanto una lieve flessione e che vale 505 milioni di euro.
Si conferma l’attenzione al tema della cyber security: banda larga, soluzioni connesse e integrate, gestione in cloud, intelligenza artificiale e IOT, che trovano sempre più spazio nelle proposte di security, non possono che mettere in primo piano il tema della sicurezza del dato. Una urgenza sia dei produttori che degli installatori, che oggi il GDPR considera a diverso titolo direttamente responsabili della tutela dei dati di chi viene “tracciato” dagli stessi sistemi.
Per dare una risposta concerta a questa urgenza, SICUREZZA ripropone la Cyber Arena, l’area espositiva e formativa realizzata in collaborazione con Fiera Milano Media – Business International, dove esperti, esponenti della security nazionale, accademici e aziende analizzeranno i trend, condivideranno best practice, presenteranno le ultime innovazioni sul tema. Il programma alternerà ogni giorno i Cyber Security Talks, incontri di approfondimento con esperti di settore che daranno la propria visione sui principali trend, ed i Cyber Security Tips, momenti formativi di breve durata con consigli e suggerimenti da mettere subito in pratica.
Varia sarà anche la proposta di controllo accessi, tra automatismi, dissuasori e sistemi di controllo dei flussi e non mancheranno le proposte antincendio, focalizzate soprattutto sulla rivelazione, e la sicurezza passiva, con serrature e casseforti.
SICUREZZA conferma inoltre in questa edizione il ricco palinsesto formativo, realizzato grazie alla collaborazione con le associazioni e gli editori di settore. La proposta arricchirà tutte e tre le giornate di fiera, con un obiettivo comune a tutti gli appuntamenti: dare un supporto concreto agli operatori, sviluppare competenze specifiche, aggiornare sulla normativa, mettendo a disposizione un valore aggiunto concreto a chi opera sul campo.
UNA VISITA IN PIENA SICUREZZA
Torniamo a incontrarci in presenza, ma soprattutto in piena sicurezza: grazie alla collaborazione con un team di esperti e in sinergia con i principali players del settore, Fiera Milano ha elaborato un Protocollo per il contenimento della diffusione del nuovo coronavirus. che illustra le modalità per lo svolgimento in sicurezza delle manifestazioni fieristiche, nel pieno rispetto delle regole e dei protocolli sanitari emanati a livello nazionale.
Green pass, mascherine, ma anche particolare attenzione alle indicazioni per l’ingresso in fiera: i varchi di accesso pedonali e veicolari sono stati ridefiniti per la corretta gestione dei flussi di transito. Inoltre, è stato implementato l’utilizzo di tecnologie digitali al fine di automatizzare le procedure di ingresso. Una app di quartiere permetterà di accedere a una serie di servizi tra i quali il fast track, la prenotazione dei parcheggi e della ristorazione. Proprio le aree di ristorazione, inoltre, sono state organizzate in modo da garantire il necessario distanziamento sociale.
Grazie a queste norme semplici e chiare sarà quindi possibile muoversi tra gli stand con la massima tranquillità, incontrarsi e confrontarsi, tutelando così il business fieristico e salvaguardando la salute di tutti.
L’appuntamento con SICUREZZA e Smart Building Expo è a Fiera Milanodal 22 al 24 novembre 2021.
Centro Studi Confindustria: Si ferma la salita della produzione industriale in agosto (-0.2%) e settembre (-0,3%). Rimangono positive le prospettive
La produzione industriale italiana è cresciuta nel terzo trimestre del 2021, secondo quanto rilevato dalle imprese intervistate dal CSC, dello 0,5% trimestrale, ovvero un ritmo fisiologicamente più contenuto di quanto osservato nei primi due (quando era aumentata rispettivamente di +1,2% e +1,5% trimestrale). Il trimestre si sarebbe chiuso in calo: ad agosto si è rilevata una riduzione dell’attività dello 0,2% (dopo l’aumento dello 0,8% riscontrato dall’ISTAT a luglio), seguito da un ulteriore calo dello 0,3% in settembre spiegato da un maggiore ricorso alle scorte di magazzino, da possibili strozzature dell’offerta lungo la filiera produttiva internazionale dovute alla scarsità di alcune componenti e materie prime e dal rallentamento produttivo dei principali partner commerciali nel 2° trimestre del 2021.
Come sta andando la produzione industriale in Italia
Le imprese intervistate dal CSC hanno rilevato un calo della produzione industriale dello 0,2% in agosto su luglio, quando l’ISTAT aveva registrato un incremento dello 0,8% su giugno e dello 0,3% a settembre. I livelli di attività sono stati superiori di oltre l’1% rispetto alla media dei primi sette mesi dell’anno. La variazione trimestrale a settembre sarebbe del +0,5%, dopo +1,2% nel 2° e +1,5% nel 1°. Gli ordini in volume destagionalizzati sarebbero aumentati in agosto dell’1,1% sul mese precedente (+0,7% su agosto 2020) e in settembre dello 0,7% su agosto (+14,1% annuo).
Gli indicatori congiunturali relativi al 3° trimestre hanno continuato a segnalare una dinamica espansiva dell’attività nell’industria, ma in leggera attenuazione: la fiducia delle imprese manifatturiere e dei servizi ad agosto e settembre è peggiorata, per via del rallentamento dei giudizi e delle attese sui livelli di produzione, e sugli ordini (ancora comunque molto espansivi), per via del canale estero. Nonostante il grado di utilizzo degli impianti da parte delle imprese manifatturiere nel 2° trimestre abbia raggiunto il valore più alto dal dicembre 2018 (77,4%), la scarsità di manodopera e l’insufficienza di materiali sono stati percepiti come fattori di crescente ostacolo alla produzione. L’indice PMI manifatturiero di settembre ha mantenuto un profilo espansivo per il 15° mese consecutivo, ma meno che in agosto. In termini trimestrali, la media del 3° è stata più bassa del 2,3% rispetto a quella del 2°. Secondo le imprese del campione di IHS-Markit, hanno pesato negativamente le interruzioni sulla catena di distribuzione, che hanno indotto un ulteriore allungamento dei tempi medi di consegna e un incremento del lavoro inevaso. Un altro elemento che potrebbe aver inciso negativamente a settembre, e potrebbe dispiegare alcuni effetti sfavorevoli anche nei mesi a venire, è la moderazione dell’attività economica dei partner commerciali: la produzione tedesca nel 2° trimestre è scesa dell’1,0% congiunturale, quella francese dello 0,9%.
D’altra parte, sono molto migliorate le attese sull’andamento dell’economia nei prossimi tre mesi, la domanda si è confermata forte come testimoniato non solo dal dato elevato in prospettiva storica dei giudizi sugli ordini, ma anche dal quinto mese consecutivo di giudizio negativo sulle scorte. L’incertezza sulle possibili ricadute economiche di eventuali irrigidimenti delle restrizioni amministrative dovute alla pandemia si è molto attenuata grazie alle percentuali di copertura raggiunte dalle vaccinazioni. Le prospettive rimangono quindi positive.
CONTROLLO CONTROLLI DEL CERTIFICATO COVID GREEN PASS CERTIFICATI VERDI VERDE
QR CODE DIGITALE DIGITALI UE UNIONE EUROPEA
ALLA FRONTIERA DI BREGANA
Green Pass obbligatorio: sintesi operativa e fac-simile per i datori di lavoro privati
di Marco Assenti e Pierluigi Rausei
Il decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127 fa obbligo ai datori di lavoro pubblici e privati di verificare il regolare possesso delle Certificazioni Verdi (Green Pass) per l’accesso al luogo di lavoro.
L’obbligo sussiste a far data dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, attualmente previsto come termine per la cessazione dello stato di emergenza determinato dalla pandemia da Covid-19 Sars-Cov2.
Il d.l. n. 127/2021 obbliga chi svolge un’attività lavorativa nel settore privato a dimostrare documentalmente il possesso della Certificazione Verde (Green Pass), esibendola su richiesta, per poter accedere al luogo di lavoro e cioè al luogo in cui è svolta l’attività lavorativa.
Dopo una sintetica analisi degli obblighi, delle conseguenze e delle sanzioni, negli ultimi tre paragrafi del presente contributo si forniscono i fac-simile per la redazione della procedura aziendale, nonché per la designazione degli incaricati del controllo e per l’informativa agli stessi.
Soggetti obbligati al possesso del Green Pass
Più specificamente il d.l. n. 127/2021 individua come soggetti obbligati al possesso e all’esibizione della Certificazione Verde (Green Pass) la generalità dei lavoratori subordinati, autonomi, in formazione e volontari.
La norma, in effetti, estende l’obbligo così generalizzato a tutti coloro che svolgono un’attività lavorativa nel settore privato, specificamente si rivolge a chiunque svolge, “a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato”, in tutti i casi in cui al fine di poter svolgere la propria attività di lavoro, di formazione o di volontariato devono accedere (anche temporaneamente ed occasionalmente) al luogo di lavoro, sia in forza di contratti diretti con il datore di lavoro, sia “sulla base di contratti esterni” (di appalto, di somministrazione di lavoro, di fornitura, ma pure di accordi di distacco interno o transnazionale).
Nel d.l. n. 127/2021, pertanto, si rinviene un testo normativo formulato in modo da assicurare la più ampia estensione materialmente possibile dell’obbligo di verifica del possesso di Green Pass.
La norma identifica, infatti, i soggetti obbligati con riferimento a ogni tipologia di “lavoratore”, prescindendo del tutto dal tipo di contratto individuale in forza del quale lo stesso si trova a rendere la propria prestazione nei confronti dell’imprenditore, datore di lavoro privato, chiamato a verificare l’osservanza dell’obbligo legale.
Ne consegue, a solo titolo di esempio, che sono ricompresi nell’obbligo non soltanto la generalità dei dipendenti assunti direttamente dall’impresa e dei collaboratori autonomi della stessa, ma anche i dipendenti dell’appaltatore (che svolgono la propria attività presso i locali dell’azienda committente), i lavoratori distaccati, i lavoratori somministrati (all’impresa utilizzatrice da un’Agenzia di somministrazione di lavoro), così pure i tirocinanti e gli stagisti, ma anche gli agenti (che accedono ai locali dell’impresa preponente) e il consulente del lavoro o il dottore commercialista (che hanno l’esigenza di recarsi presso gli uffici dell’impresa cliente, anche per presenziare a una ispezione del lavoro o a una verifica fiscale), così pure l’amministratore e i soci lavoratori dell’azienda.
Secondo le FAQ rese disponibili dal Governo (www.dgc.gov.it/web/faq.html) anche il lavoratore domestico (colf, badante, baby-sitter) soggetto al controllo, mentre chi lavora sempre in smart working non è tenuto a possedere ed esibire il Green Pass. Tuttavia, le FAQ precisano che “in ogni caso lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di Green Pass”. D’altro canto, nella modalità agile il lavoratore è generalmente libero di scegliere il luogo dove operare e seppure tale lavoro venga spesso svolto all’interno delle mura domestiche, quindi non soggetto alle restrizioni imposte dai Protocolli di regolamentazione condivisa rinnovati il 6 aprile 2021, ma esso può essere svolto anche in locali condivisi in coworking dove i lavoratori in modalità agile possono interagire con altre persone, in tal caso si renderà necessario attivare il controllo del Green Pass, facilmente assolvibile mediante l’invio del QR-code all’incaricato del controllo.
Inoltre, sempre secondo le FAQ governative anche il titolare dell’azienda che lavora in essa deve essere controllato dal soggetto designato e incaricato per i controlli. Quanto ai liberi professionisti le FAQ affermano espressamente: “Il libero professionista quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa viene controllato dai soggetti previsti”.
Soggetti esentati
D’altra parte, il d.l. n. 127/2021 esonera dall’obbligo di possedere e di esibire il Green Pass tutti coloro che sono “esenti dalla campagna vaccinale”, sulla scorta di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con Circolare del Ministero della Salute n. 35309 del 4 agosto 2021, vale a dire dai Medici dei Servizi vaccinali delle Aziende e dei Servizi Sanitari Regionali, dai Medici di Medicina Generale o dai Pediatri di Libera Scelta che operano nell’ambito della campagna di vaccinazione nazionale anti-SARS-CoV-2.
Le certificazioni mediche degli esentati devono contenere:
i dati anagrafici identificativi dell’interessato;
la specifica dicitura: “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui all’art. 3, comma 1, del decreto-legge 23 luglio 2021, n 105”;
la data di fine di validità della certificazione (“certificazione valida fino al …”);
dati che individuano specificamente il Servizio vaccinale in cui opera il Medico vaccinatore ovvero l’Azienda o il Servizio Sanitario Regionale presso cui opera il Medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta che redige il certificato;
timbro e firma del medico certificatore (apposti anche in modalità digitale);
numero di iscrizione all’ordine o codice fiscale del medico certificatore.
Obblighi per l’imprenditore
Il datore di lavoro è obbligato a effettuare i controlli richiesti dal Legislatore in forza del d.l. n. 127/2021 e conseguentemente di indicare come tali controlli devono essere effettuati in azienda e da chi.
In effetti gli imprenditori devono verificare il rispetto dall’obbligo di possedere e di esibire il Green Pass in capo alla generalità dei lavoratori, nel senso ampio sopra indicato, dovendo pertanto individuare entro il 15 ottobre 2021 le modalità operative per organizzare in concreto le verifiche in azienda.
Occorre quindi, entro la data di avvio dei controlli obbligatori:
– realizzare e diffondere a tutti gli interessati una specifica “procedura aziendale”, la quale contiene e definisce le modalità operative per l’effettuazione delle verifiche, tenendo conto delle peculiarità della singola realtà aziendale, ma anche in ragione delle specifiche caratteristiche dell’organizzazione del lavoro, dei processi produttivi e dei layout aziendali, per cui le procedure possono essere differenziate anche in base ai flussi di ingresso in azienda (variabili nel rispetto della flessibilità in entrata e in uscita prevista dai Protocolli di regolamentazione condivisa allo scopo di evitare assembramenti; secondo le FAQ, infatti, “il Green Pass non fa venir meno le regole di sicurezza previste da linee guida e protocolli vigenti”), ovvero in ragione delle condizioni di svolgimento delle mansioni assegnate alla generalità o a particolari categorie di lavoratori;
– designare e comunicare a tutti gli interessati i soggetti “incaricati del controllo”, gli unici autorizzati ad effettuare i controlli (detti anche “verificatori”).
Lavoratori che operano presso terzi
Se i lavoratori svolgono la loro attività anche in un luogo di lavoro diverso da quelli nella disponibilità del datore di lavoro da cui dipendono, il controllo sul rispetto dell’obbligo di possedere e di esibire il Green Pass spetta sia al datore di lavoro che al soggetto presso il quale le prestazioni lavorative vengono rese. In questo senso, a solo titolo di esempio, i lavoratori dipendenti dell’appaltatore sono controllati dal proprio datore di lavoro ed anche dagli incaricati del committente dove si recano per realizzare l’opera o fornire il servizio oggetto dell’appalto.
Quanto invece ai lavoratori che svolgono la loro attività lavorativa presso soggetti non imprenditori e non datori di lavori sono controllati esclusivamente dagli incaricati del proprio datore di lavoro: qui l’esempio può riguardare i tecnici delle società di fornitura o di gestione delle utenze domestiche (gas, luce, acqua, telefono, internet) che si recano presso una abitazione (secondo le FAQ del Governo rimane facoltà delle famiglie chiedere comunque l’esibizione del Green Pass), ma anche i riders addetti alle consegne a domicilio (le FAQ precisano, infatti: “ai rider non va chiesto il Green Pass, (…) a verificarne il possesso saranno i vertici delle loro aziende nel caso in cui questi lavoratori debbano recarsi in un luogo per svolgere la loro attività”).
Luogo di lavoro
Il d.l. n. 127/2021 non amplia soltanto il concetto di “lavoratore”, ma anche quello di “luogo di lavoro”. La norma, infatti, estende l’obbligo di possesso e di esibizione del Green Pass non soltanto agli stabilimenti, alle sedi, agli uffici dell’impresa datore di lavoro, ma alla generalità dei “luoghi in cui l’attività lavorativa è svolta”.
Ne consegue che il Green Pass viene richiesto per accedere a qualsiasi luogo nel quale il lavoratore sia tenuto, anche solo in parte, temporaneamente o occasionalmente, a svolgere la propria attività lavorativa.
S’intende, tuttavia, che il luogo di lavoro così estensivamente considerato deve essere in ogni caso idoneo, anche solo potenzialmente, a porre il lavoratore da controllare in contatto con altri lavoratori nel corso dello svolgimento dell’attività lavorativa.
In questa prospettiva sembra non doversi considerare luogo di lavoro, ai fini del controllo richiesto dal d.l. n. 127/2021, l’abitazione disabitata presso cui si rechi un tecnico del servizio idrico per verifiche all’impianto, al contrario va considerato tale lo spazio della logistica dove avvengono lo stoccaggio e il carico-scarico delle merci rispetto al conducente dell’impresa di autotrasporto e ai dipendenti assegnati al magazzino.
Organizzare ed effettuare i controlli
Nel contesto della “procedura aziendale” vanno specificamente delineate le modalità di espletamento dell’incarico di verifica e di controllo da parte dei designati, con riguardo all’accertamento delle violazioni rispetto agli obblighi sanciti dal d.l. n. 127/2021.
In particolare, il datore di lavoro deve individuare “con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi”. Ne deriva che il datore di lavoro deve designare e delegare con apposito atto scritto uno o più incaricati delle attività di verifica e di controllo, avendo ampia facoltà di scelta circa il lavoratore da individuare, potendo eventualmente privilegiare soggetti che per le funzioni svolte nell’organizzazione aziendale del lavoro possono più agevolmente assicurare i controlli, si pensi ai responsabili di reparto, di produzione, ai capi ufficio, ai team leader.
Appare meno condivisibile, invece, il coinvolgimento, quali incaricati dei controlli Green Pass, del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e degli Addetti alla sicurezza, i quali potrebbero essere distolti dai loro compiti così come delineati dal D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro), stante l’esigenza dei controlli si ritiene a cadenza quotidiana.
Quanto alle modalità di svolgimento dei controlli, il d.l. n. 127/2021 stabilisce che essi devono essere effettuati “prioritariamente, ove possibile, (…) al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro”, prevedendo tuttavia che le verifiche possono essere svolte anche “a campione”.
Ne consegue che la modalità ordinaria per effettuare i controlli consiste nella verifica del possesso di una Certificazione Verde (Green Pass) valida all’ingresso del luogo di lavoro, ma la norma consente di effettuare la verifica anche dopo l’accesso dei lavoratori in azienda, pertanto durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Rispetto alla campionatura non si ritiene che la facoltà di effettuare i controlli anche a campione, riconosciuta dal d.l. n. 127/2021, permetta di evitare una verifica giornaliera, stante la finalità della norma, mentre appare legittimo individuare criteri di selezione che possano riguardare il momento dell’ingresso in azienda (ad es. uno ogni tre), oppure la quantità complessiva dei lavoratori che si recano al lavoro (ad es. almeno il 50%) o ancora le diverse collocazioni nell’organizzazione aziendale (ad es. due lavoratori per ogni reparto/ufficio/team).
Per quanto attiene agli strumenti che possono essere affidati agli incaricati delle verifiche per effettuare i controlli, il d.l. n. 127/2021 richiama quelli previsti dal DPCM 17 giugno 2021, per cui deve essere utilizzata l’applicazione “VerificaC19”, attraverso la quale si può constatare il possesso e la validità del Green Pass, in base alla immediata lettura del QR Code.
L’incaricato del controllo potrebbe richiedere al lavoratore verificato di esibire un documento di identità allo scopo di accertare l’effettiva corrispondenza dei dati anagrafici con quelli visualizzati dall’App “VerificaC19”, ma senza annotare alcun dato e senza effettuare fotografie, scansioni o fotocopie dei documenti.
Secondo le FAQ del Governo, infatti, “al momento non sono previste piattaforme” dedicate (“se ne potrà verificare in seguito la realizzabilità da un punto di vista tecnico ed eventualmente modificare il DPCM che disciplina le modalità di verifica”).
Conseguenze per il lavoratore che non esibisce il Green Pass
Qualora il lavoratore subordinato non risulti in possesso del Green Pass o comunque non sia in grado di esibirne uno in corso di validità, le conseguenze sono differenti a seconda delle dimensioni aziendali:
– aziende che occupano da 15 dipendenti in su: opera l’assenza ingiustificata con sospensione della retribuzione e di qualsiasi altro compenso comunque denominato, in base alle previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, ma senza conseguenze disciplinari;
– aziende che occupano fino a 14 dipendenti: dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sostituire il lavoratore con altro dipendente, assunto a tempo determinato, e allo stesso tempo sospendere il lavoratore senza Green Pass per una durata che corrisponde a quella del contratto di lavoro del sostituto, ma per un periodo non superiore a dieci giorni, che può essere rinnovato per ulteriori dieci giorni per una sola volta, ma comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
Con riferimento ai soggetti che si recano in azienda senza vincolo di subordinazione, come nel caso dei consulenti e dei liberi professionisti in genere, dei collaboratori, degli agenti, dei tirocinanti e degli stagisti, l’accertamento del mancato possesso della Certificazione Verde impone una sospensione temporanea del rapporto di lavoro non subordinato, valutando le singole situazioni caso per caso. Si ritiene necessariamente da sospendere temporaneamente il contratto con il quale l’imprenditore individuale si reca in azienda per un incarico di manutenzione continuativa di strutture, impianti o macchinari.
Accertamento e contestazione delle violazioni
Il d.l. n. 127/2021 stabilisce che gli incaricati dei controlli sono tenuti all’accertamento e alla contestazione delle violazioni, nonché a trasmettere al Prefetto competente per territorio gli atti relativi alle violazioni riscontrate.
In attesa della conversione in legge del decreto e degli attesi chiarimenti amministrativi, sembra di poter ritenere, anche alla luce della legge 24 novembre 1981, n. 689 che governa il sistema sanzionatorio in materia di illeciti amministrativi, che i soggetti incaricati dal datore di lavoro sono tenuti ad accertare, ma non a contestare, le violazioni accertate.
A questo fine si potrà chiedere legittimamente all’incaricato del controllo di compilare un modello di “Processo Verbale di Constatazione” idoneo a rendere edotto il Prefetto di tutti gli elementi che consentono di contestare l’illecito amministrativo e di applicare le conseguenti sanzioni amministrative, vale a dire: identificazione del trasgressore, descrizione del fatto che integra la violazione amministrativa, indicazione del tempo e del luogo della commessa violazione e dell’accertamento, individuazione dell’incaricato accertatore, sottoscrizione dell’accertatore.
La contestazione/notificazione dell’illecito amministrativo (ai sensi dell’art. 14 della legge n. 689/1981), con la relativa irrogazione delle sanzioni applicabili, spetta, infatti, esclusivamente al Prefetto al quale l’incaricato dei controlli è obbligato a trasmettere gli atti dell’accertamento, con le modalità che verranno definite dal Ministero dell’Interno.
Sanzioni per il lavoratore che viola gli obblighi
A fronte della possibilità di operare controlli a campione, può accadere che un lavoratore si rechi comunque al lavoro in mancanza di valido Green Pass o che non lo esibisca (eventualmente anche ove ne sia in possesso, ma rifiuti di esibirlo).
In tal caso se con controllo successivo viene accertato che il lavoratore non è in grado di esibire una Certificazione Verde in corso di validità, il lavoratore è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 600 a euro 1.500 che viene irrogata del Prefetto competente territorialmente, prevista dall’art. 9-septies, comma 9, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, peraltro, stante la struttura di rinvio della norma sanzionatoria, deve ritenersi che la sanzione si raddoppia in caso di violazioni reiterate (da 1.200 euro a 3.000 euro).
Inoltre, il lavoratore sarà allontanato dal luogo di lavoro, assente ingiustificato o sospeso a seconda delle dimensioni aziendali, in ogni caso privo di retribuzione, ma potrà essere destinatario anche delle sanzioni disciplinari previste dalla contrattazione collettiva applicata in azienda.
Rimangono ferme le eventuali violazioni penali accertate agli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro dal D.Lgs. n. 81/2008.
Sanzioni per il datore di lavoro inadempiente
Anche i datori di lavoro che violano gli obblighi imposti dal d.l. n. 127/2021 sono soggetti a specifiche sanzioni amministrative a norma dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge n. 19/2020, convertito dalla legge n. 35/2020.
In particolare, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 400 euro a 1.000 euro, che si raddoppiano in caso di violazioni reiterate (da 800 euro a 2.000 euro), i datori di lavoro che:
– omettono di effettuare i controlli richiesti;
– omettono di individuare e definire entro il 15 ottobre 2021 le modalità di organizzazione delle verifiche;
– omettono di individuare e designare formalmente gli incaricati dei controlli.
Anche per il datore di lavoro, peraltro, rimangono ferme le eventuali violazioni penali che vengano accertate dagli organismi di vigilanza rispetto agli obblighi di sicurezza sul lavoro sanciti dal D.Lgs. n. 81/2008.
Va precisato, peraltro, che secondo le FAQ del Governo, le aziende che effettueranno controlli a campione sul personale non incorrono in sanzioni qualora durante un controllo degli organismi di vigilanza istituzionali dovesse essere riscontrata la presenza di lavoratori privi di Green Pass, se i controlli sono stati effettuati nel rispetto di adeguati modelli organizzativi in base alle previsioni del decreto-legge n. 127/2021, vale a dire adottando e attuando una apposita procedura organizzativa per le verifiche, che fa venir meno la responsabilità del datore di lavoro.
Procedure organizzative per le verifiche
Con la finalità specifica di fornire ai datori di lavoro privati una sorta di utile vademecum per gli adempimenti imposti dal d.l. n. 127/2021, così come più sopra sinteticamente esposti, nell’attesa di specifiche indicazioni da parte delle Istituzioni competenti, si propone anzitutto un documento1 contenente, con esposizione essenziale e per quanto possibile sintetica, redatte con la chiarezza richiesta dall’essere destinata a informare tutto il personale e tutti gli assoggettati agli obblighi di legge, le procedure organizzative necessarie per effettuare in modo compiuto e aderente al dettato normativo la verifica del possesso del green pass per l’accesso nei luoghi di lavoro. Il documento andrà trasposto carta intestata della singola azienda e reso noto, mediante la massima diffusione concretamente possibile nel contesto aziendale, a tutti gli interessati.
1 Si precisa che nel documento allegato oltre a una proposta di Procedura Organizzativa vi sono anche i fac simile per la designazione dell’incaricato dei controlli e dell’informativa allo stesso.
(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.
Green Pass, tra regole incerte, dubbi applicativi e scarsi controlli
di Antonio Tarsia
Comunque la si pensi, prescindendo dall’utilità (o dalla necessità) di questo strumento ai fini di prevenzione dalla malattia da COVID 19 (ma dichiaratamente anche ai fini di esercitare una sorta di moral suasion verso chi non è ancora vaccinato), la gestione del Green Pass non sarà facile per nessuno: lavoratori, imprese, organi di controllo.
Non tanto e non solo per i tanti dubbi applicativi, in alcuni casi alimentati proprio dalle numerose FAQ, quanto per il numero degli adempimenti che vi appaiono connessi per dare corretto adempimento ad una semplice attività di controllo. Costituita, in estrema sintesi, dal riconoscimento della validità di un codice a matrice (il cosiddetto QR code) che autorizza il cittadino ad accedere ai luoghi di lavoro ed in (molti altri) luoghi pubblici e privati.
Il cosiddetto “certificato verde”, nonostante l’esasperata attenzione al tema da parte dell’Autorità Garante della Privacy – almeno in parte dovuti alle tante sollecitazioni da più parti ricevute – contiene in realtà solo alcuni dati anagrafici che abitualmente (e quotidianamente) rilasciamo senza nulla opporre ai vari social a cui siamo iscritti (nome, cognome, data di nascita) anche per scaricare la più banale delle “APP”; e informazioni che riguardano il vaccino (tipologia e data di vaccinazione, data di guarigione, validità in corso), in conformità a quanto stabilito dal Regolamento Europeo entrato in vigore l’1 luglio 2021.
Questi dati restano noti e in carico alla sola autorità sanitaria che esegue la prestazione sanitaria e non sono conservati – né cedibili – in nessun’altra banca dati. Chi esegue il controllo, poi, si limita a verificare, attraverso una spunta a luce verde, se il “QR Code” che viene esibito è in corso di validità.
Andando per ordine e limitandoci agli adempimenti che le imprese private debbono (o dovrebbero) porre in essere verso i dipendenti/collaboratori – ed altri soggetti che ad altro titolo lavorativo accedono nei luoghi di lavoro – si segnala anzitutto la necessità di integrare l’informativa privacy, attraverso una nuova comunicazione ai dipendenti – che non è certo se possa essere unica ed esposta in luogo visibile nell’ambiente di lavoro o se debba essere nominativa e controfirmata (quantomeno) per ricevuta – la quale indica le modalità di controllo che l’impresa ha adottato (dove, come e quando) e l’eventuale soggetto delegato al controllo stesso (che potrebbe essere una figura interna o anche esterna all’impresa).
Va da sé che la delega dev’essere rilasciata per iscritto e contenere in dettaglio i compiti delegati e dovrà essere inoltre sottoscritta per accettazione da parte del delegato, che risponderà in caso di omissioni o violazioni (anche se non è chiaro in quali limiti e misura). In assenza di precisazioni sul punto, si ritiene comunque che la delega non necessiti di particolari formalità legali (procura notarile), ma è certo che sarebbe opportuno adottare un meccanismo che renda certa ed incontrovertibile la data di rilascio.
A monte di questi due primi adempimenti, l’impresa è chiamata ad integrare altri tre fondamentali documenti aziendali: a) il MOG (Modello Organizzativo Gestionale, ex art. 30 del d.lgs. n. 231 del 2001) individuando “adeguati modelli organizzativi” che descrivano tempi, luoghi e modalità di esecuzione dei controlli (giornalieri, a campione o altro); b) il piano adottato dalcomitato aziendale per “l’applicazione e la verifica delle regole contenute nel Protocollo di regolamentazione, con partecipazione delle RSA e del RLS”; ed infine c) il codice disciplinare contenuto nel Regolamento Interno Aziendale, per sanzionare le ipotesi di accesso ai luoghi di lavoro eludendo la sorveglianza ed il controllo, ovvero l’uso fraudolento o contraffatto del Green Pass (cartaceo o informatico che sia). Ma soprattutto, si ritiene, per dare una veste giuridica appropriata all’assenza dal lavoro, prevista senza retribuzione ma senza sospensione dal rapporto di lavoro, che rappresenta una finctio, se non una aberratio juris, oltre che una contraddizione in termini, inventata per evitare di adottare di volta in volta un provvedimento scritto nei confronti dei lavoratori non in regola col Green Pass.
Se questi adempimenti (che potrebbero essere anche più numerosi se, ad esempio, si ritenesse necessario adeguare anche il Documento di Valutazione dei Rischi) saranno effettivamente posti in essere e onorati dai datori di lavoro – considerando la prevedibile (ed auspicabile) breve durata della norma (attualmente prevista al 31 dicembre 2021) – è presto dirlo, anche perché la norma non li richiama esplicitamente, se non, come sopra detto, in qualche FAQ.
Ciò detto, è comunque scontato che qualche aggiornamento o elusione dell’attività di controllo sarà possibile (anzi probabile), anche in caso di predisposizione di tutto l’apparato documentale di cui sopra. Nelle cosiddette “FAQ” che si susseguono in questi giorni, della cui natura giuridica ci si interroga in continuazione, emergono “chiarimenti” ai tanti (legittimi) dubbi posti dalla normativa, che spesso tali non sono, giacché aggiungono elementi di novità non direttamente ricavabili dalla norma stessa.
Per fare alcuni esempi: si afferma (in modo sibillino) che chi lavora sempre in smart working non deve avere il Green Pass, ma che il lavoro agile non può essere utilizzato per eludere l’obbligo di certificazione verde. Quali siano i comportamenti elusivi possibili, non è detto. Dunque le FAQ, che dovrebbero fornire chiarimenti e interpretazioni, debbono a loro volta essere interpretate da chi legge. E scusate il bisticcio.
Si afferma poi che l’obbligo del Green Pass non determini il venir meno delle regole di sicurezza previste da linee guida e protocolli vigenti. Non è chiaro se la FAQ sia stata scritta solo per tranquillizzare chi temeva che le imprese ne avrebbero profittato per un allentamento delle misure di protezione, per ragioni ovviamente produttive. Ma appare comunque un chiarimento superfluo, visto che le regole dei vari “protocolli condivisi” sono destinate a valere, per legge, fino alla fine dell’emergenza sanitaria.
Si sostiene, ancora, che le aziende che effettueranno controlli a campione sul personale non incorrano in sanzioni nel caso che l’Autorità riscontri la presenza di lavoratori senza Green Pass, a condizione che i controlli siano stati effettuati nel rispetto di “adeguati modelli organizzativi”. Ma chi stabilisce se questi modelli sono effettivamente adeguati o no? E soprattutto: quali criteri di verifica saranno adottati per la valutazione di un modello che stabilisca un controllo a campione?
Si sostiene, infine, che le persone che ricevono in casa artigiani per un intervento o una riparazione di routine non siano tenuti a controllare il green pass in quanto “non sono datori di lavoro ma stanno acquistando dei servizi”. Creando il ragionevole dubbio sul fatto che gli artigiani debbano, come gli altri, essere obbligati a possedere il certificato verde, e comprensibili perplessità su questa decisione, essendo noto che è proprio nell’ambito privato e familiare che si produce il maggior contagio. Ma prendiamo atto che, nel caso opposto, alcuni milioni di cittadini dovrebbero scaricare l’APP per il controllo di validità del Green Pass, se vuole ricevere in casa l’idraulico o l’elettricista.
Sarebbe facile contestare la ragionevolezza e la comprensibilità di queste (e altre) FAQ, ma ci si limita solo a poche osservazioni, dando per scontato che questo complicato sistema, se non velocemente (e drasticamente) perfezionato, porterà a facili elusioni.
Il lavoratore trovato senza Green Pass, ad esempio, cercherà di “barattare” col datore di lavoro l’assenza non retribuita con una giornata di lavoro a distanza, ovvero con una giornata di ferie, o infine chiedendo due ore di permesso per correre nella farmacia più vicina a fare un tampone rapido. Tutti questi comportamenti sarebbero, stricto iure, sanzionabili ai sensi dell’art. 3, comma 9 del decreto-legge n. 127 del 2021, essendo assunti (secondo le FAQ) a scopo “elusivo” della norma. Ma è plausibile che nessuno sanzionerà nessuno. Perché non c’è interesse a farlo. E perché i controlli sono delegati agli stessi datori di lavoro.
Ma la parte del leone la farà probabilmente il certificato di malattia, magari di un solo giorno, che non si nega a nessuno, che per legge può coprire anche la giornata antecedente quella di inizio dell’assenza (in cui è avvenuto il controllo). In questi casi chi accerterà il comportamento elusivo? E quale sarà la normativa prevalente? C’è chi sostiene che una volta accertata l’irregolarità (o la mancanza) del green pass l’assenza scatti per legge e duri (senza retribuzione) fino alla presentazione del Green Pass. Sia nel caso di malattia, sia nel caso di proseguimento dell’attività in smart working. Ma c’è chi sostiene il contrario. A meno che un’ennesima FAQ non stabilisca che la malattia (o il lavoro agile) intervenute successivamente al controllo che accerta l’assenza del Green Pass non dia ex se titolo alla mancata copertura assicurativa da parte dell’INPS. Scatenando un nuovo putiferio interpretativo.
Le FAQ, come detto, escludono l’obbligo di controllo da parte del privato cittadino che riceve un artigiano nella sua abitazione in quanto, come detto, non è tecnicamente “un datore di lavoro”. Come già detto, la verità (sottaciuta) è che la regola generale non sarebbe di fatto tecnicamente applicabile in questi casi. Ma resta ovviamente aperta la questione a monte: se le regole di controllo all’accesso valgono per gli appaltatori e gli appaltanti, perché non dovrebbero valere per i committenti e gli esecutori di (pur modesti) contratti d’opera?
Dai tanti webinar organizzati sull’argomento, sembra comunque che il maggior problema che le imprese segnalano in questa fase sia quello di non poter registrare i dati del personale già vaccinato, che consentirebbe di “scavallare” la data di scadenza dell’obbligo procedendo (per questi) ad un unico controllo. In tal modo l’onere resterebbe confinato ai non vaccinati (il 20% della popolazione nazionale dai 12 anni in su).
La questione è già stata posta al Garante, che è intervenuto, con decisione negativa, sanzionando le palestre (cfr. decisione del Garante Privacy del 3 settembre 2021), affermando che non è possibile in alcun modo trattare dati sensibili di natura sanitaria.
La decisione, in realtà, sembra opinabile. Avviene infatti già abitualmente che alcuni dati sanitari, riferiti a dipendenti o anche a clienti delle imprese, finiscano sui tavoli e negli archivi delle aziende. Si pensi agli infortuni sul lavoro o all’occasionale infortunio in azienda (o in negozio), occorso da un utente/cliente di un servizio. Si pensi alle frequentissime ipotesi di clienti di aziende che segnalano anomalie di prodotti alimentari acquistati, che abbiano provocato allergie, problemi addominali, rotture di denti, ecc. Per procedere al risarcimento del danno l’impresa deve necessariamente raccogliere una serie di dati (perizie mediche, certificati, ricevute di farmacia, cartelle cliniche, ecc.) che dimostrino l’entità e la durata dei danni e i costi sostenuti dall’infortunato. Come si procede in tal caso? Semplicemente acquisendo il consenso dell’interessato al trattamento dei dati personali sensibili, che vengono trattenuti per il periodo necessario alla definizione della pratica.
In realtà – e in conclusione – basterebbe poco per risolvere il problema, ma soprattutto per rendere effettivo ed efficace l’uso di uno strumento come il Green Pass, che indubbiamente può avere la sua utilità. Ma occorre buona volontà, meno bizantinismi e più elasticità. I DPCM ci hanno obbligato a chiuderci in casa e, in certi periodi, a non superare i 50 metri oltre la soglia, per godere della” ora d’aria”. Perché non adottare una deroga di buon senso alla normativa privacy, che costringe spesso a dar ragione a chi contesta ogni cosa solo per il gusto di contraddire.