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Modifiche introdotte al Codice dei Contratti pubblici dal c.d. Decreto “Sblocca Cantieri”.

Oggetto: Criterio di aggiudicazione da applicare nelle gare per l’affidamento di servizi ad alta intensità di manodopera alla luce delle recenti modifiche introdotte al Codice dei Contratti pubblici dal c.d. Decreto “Sblocca Cantieri”.

 

Come è noto, l’Assiv ha da sempre seguito da vicino l’evolversi della problematica vicenda relativa al criterio di selezione delle offerte da applicare per appalti pubblici di servizi che abbiano contemporaneamente caratteristiche di alta intensità di manodopera e standardizzate.

L’Associazione si è battuta in diverse sedi per ottenere il riconoscimento dell’illegittimità della scelta del minor prezzo, dalla quale scaturivano risvolti negativi sia sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori sia sulla loro retribuzione.

E’ di circa un mese fa la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 8 del 21 maggio 2019) che ha risolto il contrasto giurisprudenziale sorto sulla corretta interpretazione del rapporto tra i commi 3 e 4 dell’art. 95 del D.Lgs n. 50/2016. La sentenza ha statuito, come fortemente auspicato dall’Assiv, che gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera sono aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, anche quando gli stessi abbiano contemporaneamente caratteristiche standardizzate.

Ebbene, tale approccio, senza dubbio maggiormente aderente agli obiettivi di coesione sociale e di crescita, è stato di recente confermato con il D.L. n. 32/2019 (c.d. Decreto “Sblocca Cantieri”), convertito in Legge n. 55/2019, con cui il Legislatore è intervenuto sul Codice dei Contratti pubblici.

In particolare, è stato inserito il comma 9-bis all’art. 36, in materia di contratti sotto soglia di rilevanza comunitaria, secondo cui “Fatto salvo quanto previsto all’articolo 95, comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei contratti di cui al presente articolo sulla base del criterio del minor prezzo ovvero, previa motivazione, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.

Con tale disposizione di chiusura, il Legislatore ha inteso sgombrare ogni dubbio circa la possibilità di applicare il criterio del minor prezzo agli appalti di valore inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria che siano caratterizzati da alta intensità di manodopera. Infatti, l’art. 95, comma 3, impone l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, escludendo la scelta del criterio del minor prezzo laddove si tratti di appalti il cui costo del lavoro sia pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto.

Pertanto, dalla lettura combinata dell’art. 36 e dell’art. 95, comma 3 emerge che l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento di servizi ad alta intensità di manodopera non ammette deroghe, neanche quando la procedura di gara abbia ad oggetto un contratto sotto soglia.

L’intervenuta modifica codicistica rappresenta l’approdo più lieto di una lunga vicenda che ha occupato, non solo i Tribunali Amministrativi Regionali ed il Consiglio di Stato ma anche l’ANAC, dinanzi ai quali la questione è stata ripetutamente sollevata (anche ad iniziativa dell’Assiv).

L’impegno dell’Associazione nel denunciare le ripercussioni negative che comporta l’applicazione del criterio del prezzo più basso, in particolare sulle retribuzioni e sulle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro dei lavoratori, ha trovato riscontro nel correttivo al Codice dei Contratti Pubblici che ha adottato la soluzione più consona e rispettosa dell’esigenza di assicurare una competizione non ristretta al solo prezzo, evitando che la compressione dei costi vada a discapito delle condizioni economiche dei lavoratori.

Pertanto, dopo la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che ha stabilito la prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel caso di appalti di servizi ad alta intensità di manodopera, il Legislatore ha ribadito il citato principio con particolare riferimento ai contratti sotto soglia, nell’ottica di tutelare il lavoro e l’impresa.

Si tratta di una grande vittoria per l’ordinamento che finalmente ha esplicitato l’unico approccio costituzionalmente compatibile e conforme al dato normativo, ma anche per l’Associazione, che a lungo ha rivendicato l’illegittimità della scelta del criterio del minor prezzo adoperato dalle Stazioni Appaltanti forti dell’incertezza normativa e giurisprudenziale che si registrava in materia.

Avv. Matteo Valente

 

La Camera avvia l’esame del disegno di legge per consentire la protezione degli assets italiani all’estero da parte dei nostri Istituti di vigilanza.

COMUNICATO STAMPA

La Commissione Affari Costituzionali della Camera avvierà questa settimana l’esame della proposta di legge dell’On. Lollobrigida (FdI) recante “Disposizioni in materia di impiego delle guardie giurate all’estero”.

“Si tratta di un intervento normativo lungamente atteso dal comparto – commenta la dott.ssa Maria Cristina Urbano, Presidente dell’ASSIV, l’associazione che rappresenta la vigilanza privata e i servizi fiduciari in Confindustria -, capace di sviluppare un circolo virtuoso a beneficio delle aziende che potranno svolgere all’estero le attività di vigilanza, delle aziende che beneficeranno dei servizi di sicurezza e dell’intero sistema Paese.

E’ appena il caso di ricordare – prosegue la dott.ssa Urbano – che le imprese italiane di vigilanza negli ultimi anni hanno affrontato un radicale ed impegnativo percorso, nel contesto dell’innovativo quadro normativo nazionale, che ha consentito il raggiungimento di elevati standard qualitativi. Gli investimenti in strumenti, tecnologie e nella formazione del personale consentiranno, una volta che la legge sarà stata approvata – come ci auguriamo – agli Istituti di vigilanza di farsi trovare pronti anche per affrontare le ulteriori sfide in termini di formazione e ricerca di competenze che i contesti operativi esteri richiedono. D’altronde è già obbligo di legge per le aziende italiane che operano all’estero (pari a circa il 60% del totale) garantire la sicurezza del proprio personale, specialmente in contesti a rischio medio-alto. Tali attività, oggi appaltate esclusivamente ad imprese straniere, potranno finalmente essere affidate agli Istituti di vigilanza, che potranno ricorrere anche all’impiego del personale altamente qualificato in uscita dalle forze armate.

Qualità dei servizi, occupazione, tutela delle informazioni sensibili delle nostre imprese, sicurezza dei lavoratori impiegati dalle aziende italiane all’estero e fiscalità generale (per un settore che, secondo l’ONU, vale 250 miliardi di dollari l’anno), tutti trarranno indiscutibili benefici dalla norma in discussione.

In rappresentanza dei principali Istituti di vigilanza italiani, e degli oltre 40mila dipendenti da questi impiegati, siamo grati all’on. Lollobrigida e a Fratelli d’Italia per aver voluto porre con forza la materia all’ordine del giorno del Parlamento. E’ nostra intenzione – conclude la dott.ssa Urbano – non far mancare ogni possibile sostegno a questa meritoria iniziativa, nell’auspicio che lo spirito della norma possa essere condiviso da tutte le forze politiche, nell’interesse del Paese”.

Roma, lì 24 giugno 2019

Imposta sulla pubblicità e livree sui mezzi aziendali: una storia infinita

Segnaliamo l’Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13636, in materia di imposta sulla pubblicità e insegne identificative sui mezzi di servizio degli IVP. L’argomento è stato molto dibattuto e oggetto di provvedimenti di segno opposto. Il 6 marzo del 2018 Assiv ha pubblicato l’interessante lavoro dell’avvocato Massimiliano Marche, che faceva il punto sulla controversa questione, rinviando alla prossima sentenza della Corte di Cassazione. In effetti siamo difronte  ad una ordinanza di rinvio che cassa la sentenza impugnata (oggetto del precedente commento) e rinvia alla CTR del Piemonte, che si dovrà pronunciare di nuovo. La Cassazione ribadisce che le insegne sulle auto di servizio sono un obbligo sancito dalla legge, e quindi non un mezzo pubblicitario, ma che oltre una certa dimensione, l’obbligo cede al fine pubblicitario.  Il provvedimento recita: “le norme vigenti fanno obbligo a tutti gli istituti di vigilanza privata operanti in Italia di dotare i propri autoveicoli con contrassegni distintivi ed identificativi dell’istituto stesso e le dimensioni di tali contrassegni non sono rimesse alla discrezionalità dell’istituto privato ma devono avere caratteristiche dimensionali, per altro autorizzati dall’autorità di PS, tali da consentire l’immediata riconoscibilità degli stessi: pertanto la norma de qua, pur prevedendo l’esenzione dal pagamento dell’imposta ove l’esposizione di un logo o di una targa configuri un obbligo ex lege, mostra tuttavia di considerare rilevante il rispetto di un limite dimensionale superato il quale deve ritenere comunque sussistere un’ipotesi di veicolazione di messaggio pubblicitario”.  Limite da individuarsi nelle disposizioni di cui al d.lgs. n. 507/1993, art. 17, comma I, lettera i), a meno che, ad avviso di chi scrive, l’autorizzazione della Prefettura, oltre a comprendere “i contrassegni distintivi ed il logo” (cit. DM 269/2010, allegato D), disponga anche le dimensioni necessarie ad una corretta identificazione in strada.

 

Maria Cristina Urbano

 

In allegato trovi l’Ordinanza della Corte di Cassazione del 21 maggio 2019, n. 13636

Spending review: imparare dal passato e favorire la crescita

Piergiorgio Carapella, Alessandro Fontana, Andrea Montanino
  • Il 5 giugno la Commissione europea ha concluso che la procedura per disavanzi eccessivi nei confronti dell’Italia sarebbe giustificata: per la violazione della regola del debito nel 2018 e gli elevati rischi di violazione nel 2019 e 2020. L’11 giugno si è riunito il Comitato Economico e Finanziario chiedendo all’Italia di dettagliare le modalità per il rientro del debito.
  • La Commissione sottolinea che nel Documento di Economia e Finanza di aprile non sono presenti misure dettagliate per evitare l’aumento dell’IVA, se non un generico riferimento a una revisione della spesa.
  • L’analisi e valutazione della spesa pubblica (spending review) è il processo che ha come obiettivo la riallocazione delle risorse per conseguire una maggiore qualità ed efficienza della spesa.
  • È tempo di avviare una nuova revisione della spesa, che inizi oggi e finisca con la legislatura, estesa anche agli enti territoriali. Si tratta finalmente di impostare un approccio di tipo generale e replicabile, che modifichi radicalmente le modalità di definizione dei programmi di spesa pubblica e il loro monitoraggio. Un investimento organizzativo e metodologico di questo tipo ha infatti senso se mira alla costruzione di un approccio permanente, piuttosto che ad un esercizio di valutazione una tantum.
  • Il coordinamento dovrebbe essere affidato alla Presidenza del Consiglio con un Sottosegretario ad hoc per dare un forte input politico. Fissati obiettivi quantificabili e verificabili ex-post e condivisi questi con cittadini e imprese, una delivery unit, a cui riportano dei team specializzati, dovrebbe dettagliare la metodologia in un apposito manuale in modo da consentire l’applicazione di pratiche uniformi. Per superare le resistenze, un sistema di incentivi ai singoli funzionari e alle amministrazioni coinvolte è necessario.
  • L’attuale normativa è confusa e non organica perché prevede tre diverse forme di spending. Le continue innovazioni non hanno dato stabilità al processo. Peraltro, non è stato fatto il bilancio delle esperienze passate che è negativo perché non sono riuscite a ridurre le risorse pubbliche a parità di servizi pubblici offerti, a ridefinire il perimetro dell’azione pubblica e neanche ad aumentare l’efficienza.

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