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Covid 19, firmato stanotte il DPCM 8 marzo 2020

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha firmato stanotte il nuovo Dpcm recante ulteriori misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sull’intero territorio nazionale.

Il testo identifica alcune aree del Centro-Nord (l’intera regione Lombardia e poi le province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio-Emilia, Modena, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Vercelli e Asti), dove vengono imposte limitazioni stringenti ed introduce alcune restrizioni preventive anche sul resto del Paese proprio per evitare che si creino altri focolai di Covid-19 o comunque il contatto stretto tra le persone che potrebbero essere state contagiate ma essere asintomatiche. Le disposizioni sono valide da oggi, 8 marzo, al 3 aprile 2020, “salvo diverse disposizioni”.

In allegato il testo adottato.

Centro Studi Confindustria: nelle stime di produzione industriale per il 1° bimestre l’effetto COVID-19 ancora modesto

NELLE STIME DI PRODUZIONE INDUSTRIALE PER IL 1° BIMESTRE L’EFFETTO COVID-19 ANCORA MODESTO  

La produzione industriale nel primo bimestre mostra una forte oscillazione. In gennaio si è avuto un incremento dell’1,9% dovuto sia a una ricostituzione delle scorte sia a un effetto base (si confronta con livelli molto bassi a dicembre derivanti dalla forte caduta rispetto a novembre); in febbraio si è rilevato un calo dello 0,5%, spiegato solo in minima parte dagli effetti delle misure di contenimento della diffusione, in Italia, del Covid-19. In particolare, l’impatto principale deriverebbe dalle interruzioni lungo le catene globali del valore a partire dalla Cina; l’effetto del blocco delle attività nella zona rossa, invece, è limitato poiché ha inciso solo per pochi giorni (dal 23 febbraio) e ha interessato un’area ristretta. Le informazioni disponibili preannunciano un impatto più significativo nella produzione industriale di marzo e, soprattutto, in quella del secondo trimestre, quando si faranno sentire sull’industria gli effetti della caduta della domanda nel terziario. L’impatto del Covid-19 interviene in un contesto di estrema debolezza dell’economia italiana, che già si muoveva sull’orlo della recessione. Con i dati disponibili fino ad oggi questo rischio si materializza: il PIL è atteso in calo già nel primo trimestre e vi sono elevate probabilità di una caduta più forte nel secondo.

Come sta andando la produzione industriale in Italia

ll Centro Studi Confindustria rileva una diminuzione della produzione industriale dello 0,5% in febbraio su gennaio, quando è aumentata dell’1,9% su dicembre 2019. Nel primo trimestre 2020 la variazione acquisita è di -0,2% congiunturale (da -1,4% nel quarto 2019). La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, arretra in febbraio del 3,7% rispetto allo stesso mese del 2019; in gennaio è diminuita del 2,6% sui dodici mesi. Gli ordini in volume scendono dello 0,6% in febbraio su gennaio (-1,4% su febbraio 2019), quando sono aumentati dello 0,2% su dicembre (-0,6% annuo).

Il primo bimestre 2020 registra una variazione acquisita della produzione di -0,2% rispetto al quarto 2019. Fino a febbraio l’impatto delle misure di contenimento della diffusione in Italia del Covid-19 risulta essere ancora limitato nell’industria ed è riconducibile quasi esclusivamente alle interruzioni lungo le catene globali del valore, originate dalla mancata produzione in diversi distretti della Cina. Per quanto riguarda invece gli effetti diretti, dipendenti dal blocco delle attività deciso dalle autorità in alcuni comuni italiani, in febbraio al momento sono marginali per due ragioni: il decreto è entrato in vigore il 23 febbraio e ha interessato un’area ristretta, con una quota di industria pari a circa il 20% del tessuto produttivo locale (<0,1% del valore aggiunto nazionale). A fronte di un limitato shock negativo sul fronte dell’offerta nel periodo di rilevazione, l’economia italiana si trova ad affrontare uno shock della domanda i cui effetti sono iniziati alcune settimane fa e oggi sono diffusi e profondi nel comparto dei servizi: in alcuni settori (ristorazione, alloggi, trasporti, attività di intrattenimento e di divertimento) il calo della domanda si è accentuato drammaticamente dopo la scoperta dei focolai di Covid-19 in Italia. In particolare hanno contribuito il forte e repentino rallentamento dei flussi turistici verso l’Italia e le crescenti preoccupazioni che hanno modificato radicalmente i comportamenti delle famiglie. Gli effetti della diminuzione dell’attività nel terziario non sono ancora stati colti dalle statistiche sull’industria in febbraio, ma saranno già evidenti da marzo e, ancora di più, nei mesi primaverili. Nei prossimi mesi, inoltre, inizieranno a farsi sentire in Italia le conseguenze della diffusione del virus nel resto d’Europa e saranno tanto più forti quanto più le misure saranno radicali nei Paesi legati da relazioni commerciali con l’Italia (blocco delle attività e dei movimenti di persone). Alla luce delle informazioni disponibili fino ad oggi, c’è da attendersi un calo del PIL italiano già nel trimestre in corso, specie a causa della caduta del valore aggiunto nei servizi, e – se la situazione non migliorerà rapidamente (uno scenario che al momento appare improbabile) – un peggioramento della dinamica nel secondo, quando anche l’industria registrerà importanti contraccolpi. Un’indagine condotta presso le imprese associate a Confindustria conferma questo scenario, evidenziando un calo della domanda (per la maggior parte di quelle intervistate) che si ripercuoterà sull’attività dei prossimi mesi. L’entità dell’impatto sul PIL è difficile da quantificare e dipenderà dalla durata e dalla diffusione della crisi sanitaria a livello nazionale e internazionale. In assenza di misure efficaci e tempestive di politica economica – non solo in Italia – il rischio peggiore è che si verifichi un avvitamento tra shock della domanda e dell’offerta in grado di provocare una forte e prolungata recessione.

Indagine rapida CSC – febbraio 2020 – tabella in variazioni % e grafico produzione industriale

 

 

“Un piano shock come nel Dopoguerra”. Intervista a Vincenzo Boccia (Confindustria)

Per il presidente degli industriali “in termini economici è come aver subito gli effetti di un conflitto”.

Il decreto da 3,6 miliardi “è acqua fresca, anche Gualtieri lo sa”.

Al Governo chiede di agire d’urgenza, misurare le parole e “sforare per fare investimenti”

05/03/2020 13:46 CET

By Alessandro De Angelis

Presidente Vincenzo Boccia, nell’incontro di ieri con il Governo, avete parlato di misure che trasformano l’Italia in una grande zona gialla. Quale è il suo giudizio?

Al tavolo c’è stata grande convergenza con tutte le associazioni di categoria sui punti discussi. Li riassumiamo: governare l’emergenza sanitaria, evitare e non subire l’emergenza economica che sta contagiando il paese più velocemente della questione sanitaria; evitare che, non affrontando subito – e ripetiamo subito – la questione economica, si possa trasformare anche in emergenza sociale. Prima prendiamo consapevolezza, meglio è.

Ha avuto la sensazione che c’è questa consapevolezza?

Cominciano ad averla. In tal senso il confronto con tutte le parti ha aiutato.

Torniamo alle misure varate. Scuole chiuse, partite senza pubblico, cinema, musei, teatri sbarrati. Qual è l’impatto economico immediato e nel medio periodo di questa serrata nazionale?

È un impatto molto forte. Innanzitutto queste scelte andrebbero spiegate meglio dal punto di vista comunicativo. Qual è il punto: il punto è contenere il contagio ed evitare il collasso del sistema sanitario. La gente invece ieri, nel confronto comunicazionale, ha ricevuto un messaggio di allarme. È bene spiegarla, per evitare che l’allarme sia più grosso di quello che immaginiamo. Uno vede le scuole chiuse e pensa a che cosa possa esserci dietro.

Analizziamo l’impatto sulla crescita

L’impatto è sulla percezione che il mondo ha di noi e dei cittadini italiani ed europei. Facciamo un esempio: io cittadino vedo che il mio Comune potrebbe essere in zona rossa, potrebbero chiudermi l’azienda per 15 giorni e vado in Cassa integrazione, l’effetto è che io sposto le mie intenzioni di acquisto. Potremmo fare mille esempi sulle disdette del turismo e l’emergenza del settore.

Sembra che il Governo si stia muovendo su una sorta di politica dei due tempi: prima la salute, poi l’economia. Dove è sbagliato questo ragionamento?

Le due cose vanno viste insieme, altrimenti sei un dogmatico, non un realista. Le racconto un episodio. Una volta, era da poco morto Karol Wojtyla, partecipai a un convegno con Joaquin Navarro Valls. A una domanda, appunto sul Papa, ripose: “Sapeva distinguere le cose importanti dalle cose urgenti”. Bene, oggi la politica dove distinguere le cose importanti da quelle urgenti.

Quali sono quelle importanti e quelle urgenti?

Le importanti e urgenti sono quelle che abbiamo spiegato ieri al presidente del Consiglio. Occorre, subito, un intervento compensativo per fronteggiare l’arretramento della domanda privata. Ricordiamo un numero. Noi esportiamo 550 miliardi all’anno. Di questi, 450 vengono dalla manifattura, che non può lavorare solo con lo smart working. Ora se noi rimandiamo le fiere e gli ordini arrivano tra qualche mese, se gli altri paesi bloccano i voli e i clienti pospongono le visite negli stabilimenti, se questa questione diventa anche francese, spagnola, tedesca, tutto questo comporterà un drammatico rallentamento dell’export del paese. Altro che manovra: in termini economici è come aver subito gli effetti di un conflitto.

Cioè lei vede un momento straordinario come quello in cui si trovò l’Italia nell’immediato dopoguerra?

Esattamente. Allora abbiamo avuto la capacità di risollevarci dalle macerie. E oggi, come allora, occorre un piano “straordinario”, un piano “shock” che compensi il crollo della domanda privata. Su questo va aperto un grande confronto con l’Europa, altro che decimali.

Insomma, per una situazione eccezionale, risposte eccezionali.

Elementare direi. Va guardata in faccia la realtà.

Adesso parliamo delle sue proposte. Prima però, mi faccia dire. Ho la sensazione che, in questo suo allarme, ci sia una critica alla lentezza e al balbettio di fondo del Governo, che ancora traccheggia sul decreto.

È chiaro che nella prima fase si sono concentrati sulla questione sanitaria. Adesso, in termini economici, la zona rossa è diventata l’Italia. Basta incertezze, occorre immediatezza nelle decisioni. Approfitto di questa conversazione per dire: non usiamo la questione europea come alibi per rallentare. Decidiamo. Subito. Noi siamo stati concreti, e responsabili, e nessuno di noi ne ha fatto una questione categoriale, adesso spetta al Governo dimostrare altrettanta concretezza. Abbiamo fornito tutti gli elementi per un grande piano di convergenza nazionale tra Governo, forze politiche, parti sociali, amministrazioni. Non è una trattativa con le singole categorie, è la base, concreta e responsabile, per affrontare la crisi.

I famosi 3,6 / 4 miliardi sono acqua fresca?

Lo sa e lo ha detto anche il ministro Gualtieri. Ma anche se saranno 5, 6, 7 non basteranno, sono solo un inizio che va all’interno di un quadro più complessivo. Occorre attivare la domanda pubblica, questo è il primo punto delle nostre proposte: si usino tutte le risorse disponibili nel paese per attivare le infrastrutture, secondo il modello del Ponte Morandi, anche con le correzioni indicate dalla nostra associazione dei costruttori, e secondo quello che dicemmo sin dal febbraio 2018: la politica dei fini. Significa: ti do il commissario, do più poteri al sindaco ma in X mesi devi fare l’opera piccola, media o grande, attivare cantieri e scaricare a terra una potenza di fuoco mai vista. Per la prima volta, il paese dei rinvii e delle lungaggini deve avere consapevolezza dei tempi.

Si deve sforare e quanto?

L’idea di uno sforamento ci può stare. Di fronte all’emergenza ci stanno anche piani straordinari, qui non stiamo parlando di reddito di cittadinanza e quota 100. Occorre un salto di qualità. Il primo punto sono le infrastrutture, ed è chiaro che ci vuole più flessibilità, noi diciamo 3.000 miliardi a livello europeo da finanziare attraverso eurobond a 30 anni nel solco del Green New Deal e da investire in tempi brevi. Il secondo punto è il credito. È chiaro quello che succederà.
Parecchie imprese rischiano di chiudere, basti pensare al turismo.
Ecco, succederà alle imprese della zona rossa come a quelle del settore turistico, che stanno già avendo un crollo delle prenotazioni. Se non li aiutiamo tra sei mesi non riaprono, falliscono, così come tutte le aziende che avranno cali di fatturato. Questa fase di transizione è cruciale, perché si può evitare che il “dopo” sia una catastrofe. È chiaro che, subito, vanno messi in campo elementi innovativi di credito.

Le ripeto la domanda che le ho fatto all’inizio: il Governo ha consapevolezza di quel che sta accadendo?

Quando le parti sociali sono unite, il Governo reagisce. Abbiamo adottato uno spirito non polemico nel linguaggio e nel merito.
Si è sottovalutato il problema all’inizio, è scoppiata un’epidemia in una zona circoscritta, ora vengono prese misure forti. Il problema è che al Nord hanno fermato l’economia.

Ha ragione il sindaco di Milano Beppe Sala a sensibilizzare su questo tema o ha torto?

Ha ragione. Quanto prima arriviamo a una fase di normalizzazione meglio è, compatibilmente con il perimetro della questione sanitaria. Ma bisogna accelerare il più possibile. Il mondo ha percepito l’Italia come una grande zona rossa. In questo senso tutti noi dovremmo recuperare l’etica della responsabilità. Il linguaggio non è un aspetto marginale, il cosa dici e il come lo dici. Prima di usare le parole devi sapere gli effetti che generano nell’economia e della società.

In queste parole c’è una critica soft a come il Governo sta gestendo questa crisi. Vede troppa incertezza politica e comunicativa?

Ha perfettamente ragione: è una critica soft. Ma la logica adesso è: guardiamo a domani. Ed evitiamo di dire cosa abbiamo sbagliato finora, altrimenti non se ne esce. Tutti dobbiamo autoregolamentarci.

Un Governo che è entrato in questa emergenza fermo su tutto, anche sulle crisi industriali, ha la forza per affrontare questa emergenza oppure è inevitabile un “Governo di emergenza”?

Non entriamo nel merito dei Governi, ma in questo momento stiamo invocando una immediatezza di reazioni. Un cambio in corsa, in piena crisi, lo vedo complicato ma credo che, se non sarà capace di decisioni tempestive, arriverà qualche fattore esogeno. Ieri lo abbiamo detto al tavolo. Va difesa la dignità e la capacità di reazione del paese. Tocca al Governo valutare gli effetti e fare scelte. E, ripetiamo, a ogni scelta corrisponde un effetto. Finora le scelte sono state fatte senza pensare agli effetti. Vale su tutto.

La sua linea è condivisa dai suoi successori?
Assolutamente sì. Ci sarà una grande continuità con questi assi che sono la storia, il presente e il futuro di Confindustria, la discontinuità sarà nello stile di presidenza. Su quello, ognuno ha il suo.