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ICMQ in collaborazione con Scuola Internazionale Etica & Sicurezza: Introduzione alla psicologia della sicurezza e alla percezione del rischio. 18 aprile 2024

Introduzione alla

PSICOLOGIA DELLA SICUREZZA E ALLA PERCEZIONE DEL RISCHIO

18 Aprile 2024 – dalle 9:00 alle 13:00

Formazione a distanza (FAD)

Perché le procedure e le contromisure di sicurezza non vengono rispettate? Perché molte persone sembrano non “vedere” alcune minacce e prendono decisioni in modo apparentemente superficiale? Perché comportamenti molto pericolosi finiscono per diventare la normalità?

La risposta a queste domande riguarda i meccanismi psicologici e sociali attraverso cui ciascuno di noi, inconsapevolmente, interpreta gli eventi e l’ambiente circostante, stimando, spesso in modo erroneo, le possibili fonti di rischio. Chi opera nell’ambito della sicurezza deve tenere in considerazione che le persone si preoccupano solo dei pericoli che percepiscono e che, pertanto, se un evento non è valutato come una minaccia, esse saranno meno motivate a tutelarsi e ad adottare comportamenti sicuri, rendendo sé stesse e l’organizzazione in cui operano più vulnerabili.

OBIETTIVI

Il corso si propone di fornire un’introduzione alla psicologia della sicurezza e del rischio, per comprendere i fattori cognitivi ed emotivi che influenzano le decisioni e il comportamento umano in relazione alla sicurezza e implementare azioni correttive che possano colmare il gap tra rischio calcolato e rischio percepito.

Al termine del corso i partecipanti saranno in grado di:

  • Identificare i fattori psicologici che influenzano la percezione del rischio
  • Definire le caratteristiche del fattore umano
  • Comprendere la relazione tra percezione e comportamento
  • Rendere più efficace l’adozione di misure di sicurezza e la gestione del rischio

DESTINATARI

Il Corso è rivolto a professionisti che operano nell’ambito della sicurezza (Security e Safety), RSPP, RLS, HSE, dirigenti e datori di lavoro, gestione di personale.

REQUISITI

Nessuno requisito specifico richiesto.

STRUTTURA DEL CORSO

Durata complessiva: 4 h

Il corso si svolgerà in modalità FAD secondo il seguente calendario:

  • Giovedì 18 Aprile 2024 dalle 9:00 alle 13:00

ATTESTATI

Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

CREDITI

Saranno riconosciuti 4 crediti formativi validi per il mantenimento della certificazione UNI 10459 Professionisti della Security. I Responsabili e gli Addetti SPP, che ne faranno esplicita richiesta, riceveranno inoltre, un attestato di frequenza al Corso di Aggiornamento, con relativa durata, da Agenzia formativa accreditata, valido ai sensi del D. Lgs. 81/08 e s.m.i.

Per gli Associati ASSIV sono previste delle tariffe promozionali.

Per il programma e le iscrizioni clicca qui

Sole 24 Ore, Maria Cristina Urbano: Le associazioni di categoria presidio necessario per la democrazia

Sole 24 Ore, Maria Cristina Urbano: Le associazioni di categoria presidio necessario per la democrazia

ASSIV si pone come riferimento per gli associati e i loro lavoratori per dialogare con istituzioni e sindacati. Obiettivo: mediare tra posizioni anche distanti

Forte di tanti anni di vita aziendale e associativa, mi corre l’obbligo di pormi la domanda se i corpi intermedi abbiano ancora un ruolo e, nel caso, se tale ruolo abbia uguale natura rispetto a ciò che il costituente volle riconoscere loro dopo la grande crisi della democrazia sfociata nella Seconda Guerra Mondiale.

Le vicende legate al rinnovo del contratto del comparto dei fiduciari e della vigilanza armata, faticosamente e dolorosamente protrattesi per tanti anni e che solo negli ultimi mesi ha trovato positiva composizione, mi inducono a credere che le ragioni profonde per le quali si volle riconoscere ai corpi intermedi una funzione centrale nella nuova architettura costituzionale restano più che mai valide. Una trattativa, quella per il rinnovo del CCNL di comparto, che ha mostrato tutte le crepe sistemiche conseguenti la frammentazione della rappresentanza datoriale e la difficoltà delle organizzazioni sindacali di possedere una effettiva capacità di rappresentanza.

Condizioni, queste, che hanno origine a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ’90 dello scorso secolo e vieppiù aggravatesi; sintomo, tra i tanti, della profonda crisi del nostro sistema democratico e delle modalità di partecipazione alle decisioni collettive. Sistema che denota criticità endogene sempre più gravi, sottoposto al contempo alla pressione inesorabile del fattore esogeno riconducibile alla globalizzazione. Il combinato disposto di queste pressioni porta al paradossale risultato di una società le cui storiche componenti vanno annullandosi in un globalismo informe e al contempo in un individualismo esasperato in una contraddizione solo apparente: quando la collettività si compone solo di “io” e non di “noi”, se la capacità delle entità statuali di difendere gli interessi delle comunità si dissolve a vantaggio di poteri economico-finanziari dalla identità opaca e indefinibile, allora si pongono le basi perché anche imprese e lavoratori non possano più vedere rappresentati i loro legittimi interessi mediante un fisiologico processo di confronto che, partendo dal basso, giunga a trovare una sintesi efficace attraverso molteplici livelli. È questa, in breve, la qualificante funzione dei corpi intermedi in un sistema genuinamente democratico, capace di fare sintesi tra istanze particolari per trasformarle nell’interesse generale. L’alternativa è il prevalere del più forte, il perseguimento del mero interesse egoistico che, senza guida, si sostanzia nell’esatto contrario di quanto sostenuto non senza ironia da de Mandeville nella sua “Favola delle api”.

Quello sinora descritto, a mio parere, è un processo che pone davvero in crisi (forse irreversibile, anche se il solo pensarlo pone i brividi a chi si è formata alla scuola del pensiero liberale) la società democratica di stampo occidentale come la conosciamo e che ha riflessi materiali in molti aspetti della nostra vita quotidiana. Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che i corpi intermedi sono stati un fattore fondamentale per lo sviluppo civile ed economico del nostro Paese. Le associazioni di categoria e i sindacati, prima attori fondamentali del confronto tra le parti sociali, tra queste e lo Stato, tra centro e periferie, capaci di mettere a sintesi istanze confliggenti e di trovare le convergenze necessarie e le indispensabili mediazioni, oggi soffrono di una profonda crisi di rappresentanza che si ripercuote negativamente anche su aziende e lavoratori. Lasciando in tal modo incontrastata la voce del più forte, che si tratti di una singola azienda o di un agguerrito ma largamente minoritario gruppo di lavoratori. Tale stato di cose non può che esacerbare le difficoltà e, lasciate sole dinanzi la loro impotenza, le componenti sociali, ormai disarticolate, non potranno che contribuire ad aumentare l’entropia del sistema. Autori ben più autorevoli della sottoscritta hanno provato a descrivere le linee di tendenza che conducono le civiltà al collasso. Non si tratta, in questa sede, di arrangiare ardite teorie catastrofiste, ma è bene tenere a mente che una società, come un palazzo, non può sostenere a lungo la disarticolazione delle proprie colonne portanti.

La politica non è in questo esente da colpe, per aver avviato o almeno facilitato tale processo, nella infondata convinzione che i corpi intermedi non costituissero più un valore aggiunto ma solo un intralcio rispetto i tempi della decisione politica, che si sono fatti progressivamente più frenetici. Decretando così l’inevitabile marginalizzazione dei partiti e l’affermarsi del personalismo dei leader politici, che ha a sua volta minato dal di dentro i meccanismi di selezione della classe dirigente. Ma anche associazioni datoriali e sindacali hanno perversamente contribuito al loro progressivo indebolimento per il miope perseguimento di interessi corporativi, perdendo di vista il ruolo centrale che la costituzione ha loro affidato. Anche singole imprese, capaci di raggiungere un ruolo di leadership per le posizioni dominanti che hanno saputo costruirsi nei mercati di riferimento, forti del loro potere contrattuale, si sono illuse di poter fare da sole, abbandonandosi ad un protagonismo che ha dato loro l’illusione di poter imporre i loro interessi immediati, mentre invece contribuivano a porre le condizioni per la loro ininfluenza nel lungo periodo.

Occorre avere il coraggio e l’umiltà di tornare a riconosce alle organizzazioni datoriali il ruolo fondamentale di rappresentanza cui queste sono vocate, perché capaci di mediare efficacemente tra posizioni anche distanti, sulla base della corretta conoscenza e valutazione dei dati di fatto, nell’auspicio che possano tornare a fornire il loro contributo alla crescita, anche culturale e valoriale, del nostro Paese.

Con umiltà ma determinazione, ASSIV pone tutte le sue energie nel continuare a porsi come ineludibile riferimento per i propri associati, e indirettamente per i loro lavoratori, per dialogare costruttivamente con istituzioni e sindacati, perché non è possibile abdicare a tale funzione senza portare la responsabilità di contribuire alla più generale crisi del sistema con cui prima o poi dovremo fare i conti.

Questo, d’altronde, è ciò che chiedono i cittadini. Un recente studio realizzato da Ipsos per conto della Fondazione Astrid rileva che il 70% degli italiani considera il ruolo dei corpi intermedi strategico per permettere al Paese di ripartire, ma meno del 50% dei nostri concittadini ha fiducia nei partiti, nelle organizzazioni datoriali e sindacali. È evidente come recuperare tale deficit di credibilità debba essere una priorità. L’errata concezione per la quale nella società contemporanea l’accesso illimitato all’informazione renda inutili le realtà organizzative intermedie tra individuo e Stato si traduce materialmente nell’impossibilità di far valere le legittime ragioni della massa non organizzata. Nulla di nuovo, si dirà, la teoria delle lobby è stata formulata già nell’immediato secondo dopoguerra. Ma se il nostro Paese rincorre da decenni, senza successo, l’obiettivo di una regolamentazione normativa dell’attività di rappresentanza di interessi, mi verrebbe da dire provocatoriamente che forse ciò è anche dovuto al fatto che stanno venendo meno proprio i soggetti che naturalmente ed istituzionalmente dovrebbero svolgerla.

ASSIV non intende rassegnarsi a tale visione e continuerà con coerenza a ribadire la centralità di una forte e unitaria rappresentanza datoriale, perno di quel confronto che, solo, potrà garantire al nostro comparto il futuro che merita.

Maria Cristina Urbano

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Smart working , dal 1° aprile è ritorno all’ordinario. Decide l’azienda con accordo individuale

Smart working , dal 1° aprile è ritorno all’ordinario. Decide l’azienda con accordo individuale

Lo smart working è stato il primo rimedio predisposto durante la pandemia per far fronte all’emergenza sanitaria. Sono stati milioni i lavoratori costretti a proseguire, ove possibile, la propria attività lavorativa da remoto, in deroga agli obblighi della Legge n. 81/2017 e in assenza di accordi individuali .

In vigore ininterrottamente fino ad agosto 2022, questo regime semplificato è andato incontro a diverse proroghe applicate a una categoria sempre più ristretta di lavoratori. L’ ultima di queste, prevista dal DL Anticipi (art.18-bis della Legge 191/2023), ha fissato la scadenza del 31 marzo come termine ultimo per l’accesso agevolato che, ad oggi, resta ancora in vigore per il settore privato limitatamente a sole due categorie:

  • – i dipendenti con almeno un figlio under 14 a condizione che nel nucleo familiare non vi sia un genitore non lavoratore o già beneficiario di altri strumenti di sostegno al reddito per sospensione o cessazione dell’attività assegnati a mansioni compatibili con il lavoro da remoto ;
  • – i lavoratori cd “fragili” così definiti sulla base di valutazioni dei medici competenti e a causa dell’età avanzata ovvero di fattori derivanti da immunodepressione, patologie oncologiche, terapie salvavita/comorbilità, indipendentemente dalla compatibilità con la mansione .
  • Genitori e caregiver, restano le priorità – Dal 1° aprile nessuna categoria di lavoratore potrà  più far valere un diritto al lavoro agile, come testimoniato dai numerosi ricorsi fioccati durante la pandemia per far valere le proprie prerogative ( ordinanza del 29.01.2021 del Tribunale di Taranto per i dipendenti pubblici ; decreto n. 2759 del 23.04.2020 del Tribunale di Bologna per i lavoratori diversamente abili; ordinanza n. 5961 del 21.01.2021 del Tribunale di Roma per la generalità dei lavoratori).  

Previa richiesta del lavoratore, i datori di lavoro potranno, dunque, scegliere discrezionalmente, sulla base delle proprie esigenze organizzative, se adibire i propri dipendenti al lavoro da remoto.

Ad ogni modo , dovranno comunque essere rispettate le disposizioni di legge  ancora vigenti ( aggiornate dal DL Conciliazione )  che riconoscono priorità alle richieste di smart working , provenienti dalle seguenti categorie di lavoratori  :

  1. dipendenti che fruiscano delle due ore di permesso giornaliero fino al terzo anno di vita della figlia o del figlio con disabilità grave oppure dei permessi mensili per l’assistenza ad altra persona con disabilità grave, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente e continuativo; 
  2. Lavoratrici e lavoratori con grave disabilità accertata (art. 3 comma 3, Legge 104/1992);
  3. Dipendenti che rientrano nella nozione di caregiver familiare di cui all’art. 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
  4. Genitori fino a dodici anni di età del figlio.   

Torna l’accordo individuale – Ora dal 1° aprile 2024 sarà ritorno all’ordinario , e per poter lavorare da remoto tornerà ad essere centrale l’accordo individuale stipulato tra il datore di lavoro e il proprio dipendente in accordo con quanto eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva. Sulla base del combinato disposto dell’ art. 19 della Legge 81/2017 con il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile del 7 dicembre 2021l’accordo individuale di smart working deve definire : 

  1. la durata, che può essere a termine o a tempo indeterminato;
  2. le modalità di alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali;
  3. i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali;
  4. gli aspetti relativi all’esecuzione della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e alle condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari nel rispetto della disciplina prevista nei contratti collettivi;
  5. le modalità di utilizzo degli strumenti di lavoro;
  6. i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e/o organizzative necessarie ad assicurare la disconnessione;
  7. le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto sia dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/70) che dalla normativa in materia di protezione dei dati personali;
  8. l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile;
  9. le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali”.

Alcune precisazioni al riguardo dei punti della norma. 

In merito al luogo di lavoro, dopo quattro anni di sperimentazione di massa, gli enti preposti INPS e Agenzia delle Entrate hanno risolto questioni attinenti i profili fiscali ( circ. ADE n. 25 del 18.08.2023 ) , assicurativi e contributivi ( mess. INPS n. 1072 del 13.03.2024 ) del lavoro da remoto all’estero. In sede di accordo individuale potrebbe risultare opportuno disciplinare in maniera dettagliata lo svolgimento della prestazione all’estero. 

Altro aspetto da tenere in considerazione è quello che riguarda le misure tecniche e organizzative per assicurare idonei tempi di riposo. Quello della disconnessione è un tema che assume valore centrale, pur ricevendo una considerazione insufficiente da parte del Legislatore. Nel nuovo contesto tecnologico e organizzativo, con la diffusione del fenomeno del c.d. “working anytime, anywhere”, e l’esposizione dei dipendenti a nuovi rischi sanitari e psicosociali derivanti dall’iperconnessione, potrebbe tornare utile disciplinare in maniera dettagliata il diritto alla disconnessione del lavoratore. ( Il diritto alla disconnessione dei lavoratori agile (e non) 

Anche se il lavoratore non è presente fisicamente nel luogo di lavoro, il datore di lavoro è obbligato a garantire la salute e sicurezza del lavoratore che svolge la propria prestazione di lavoro in modalità agile. A tal fine va consegnato al lavoratore e al rappresentante della sicurezza dei lavoratori un ‘informativa sritta nella quale vengono individuati, e aggiornati periodicamente, i rischi specifici connessi alla prestazione in smart working. Il lavoratore parimenti è tenuto a collaborare all’attuazione delle misure di prevenzione per fronteggiare eventuali i rischi  anche all’esterno dei locali aziendali (Lavoro agile, sicurezza e tutela assicurativa).

Comunicazioni obbligatorie, attenzione alle sanzioni – A partire dal 1° aprile , i datori di lavoro del comparto privato dovranno inviare la comunicazione d’inizio periodo della prestazione in modalità agile o di proroga entro 5 giorni successivi all’inizio della prestazione in modalità agile ovvero dall’ultimo giorno comunicato prima dell’estensione di tale periodo. Diversamente, per i datori di lavoro del settore pubblico nonché le agenzie di somministrazione, il termine di comunicazione è fissato entro il 20 del mese successivo a quello di inizio dell’attività agile.  

Dal punto di vista procedurale, le comunicazioni devono essere inviate telematicamente mediante l’ordinaria procedura con l’applicativo sul portale Servizi Lavoro, accessibile tramite SPID e CIE. Se i datori di lavoro (privati e pubblici nonché le AdS) non rispetteranno tali termini, ecco che scattano le sanzioni pecuniarie da € 100,00 a € 500,00 per ogni lavoratore.

Fonte: Lavorosi

Videosorveglianza e patti per la sicurezza urbana, riunione a Lecco

Videosorveglianza e patti per la sicurezza urbana, riunione a Lecco

Esaminati dal Comitato ordine pubblico in prefettura i progetti dei comuni di Cernusco Lombardone, Ello e Olgiate Molgora

Il prefetto di Lecco, Sergio Pomponio, ha presieduto ieri una riunione Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica finalizzata all’esame di alcuni progetti di videosorveglianza realizzati per partecipare al bando di finanziamento promosso dal Ministero dell’Interno. 

Le progettualità, predisposte dai rappresentanti dei comuni di Cernusco Lombardone, di Ello e Olgiate Molgora presenti all’incontro, sono state valutate positivamente dal Comitato poiché contengono requisiti e caratteristiche necessari per la funzionalità degli impianti di videosorveglianza e prevedono l’installazione di telecamere per la lettura targhe, in particolare, ai varchi di accesso e uscita dai territori interessati.

Nel corso della riunione sono stati inoltre sottoscritti, dal prefetto e dagli Amministratori interessati, i patti per l’attuazione della sicurezza urbana, elaborati per sostenere le azioni di prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, per promuovere il rispetto del decoro urbano e per favorire lo scambio informativo tra le Forze di polizia e la polizia locale. 

I sistemi di videosorveglianza – ha dichiarato Pomponio – sono utili strumenti per elevare i livelli di sicurezza anche nelle realtà territoriali meno grandi e svolgono un’efficace azione deterrente nei confronti delle varie forme di illegalità e di degrado urbano.

Fonte: Ministero dell’Interno