Il sistema di gestione della parità di genere

Articolo di Massimo Cassinari (ICMQ Notizie n. 107/2022)

Il tema della disparità di trattamento tra uomo e donna sul posto di lavoro è all’ordine del giorno praticamente da quando esistono i “posti di lavoro” (cioè da quando ha iniziato ad esistere un’organizzazione del lavoro strutturata con definizione di compiti, ruoli, responsabilità e, non da ultimo, retribuzioni). Si riscontra una diversità di trattamento tra uomo e donna sia in relazione alla percentuale di persone che hanno un’occupazione sia in riferimento alle retribuzioni a parità di mansione. Tali differenze si riscontrano in tutto il mondo; facendo riferimento all’Europa si nota come il distacco sia meno accentuato nei paesi nordici (secondo la rilevazione dell’indice di parità di genere effettuata dall’European Institute for Gender Equality per il 2021, Svezia e Danimarca raggiungono un punteggio rispettivamente di 83,9 e 77,8 su 100) mentre l’Italia di posiziona a “metà classifica” (con un punteggio di 63,8 su 100). Per quanto ci siano Paesi “messi peggio” (per esempio Ungheria e Grecia), risalire questa classifica è uno degli obiettivi che il legislatore si è posto ormai da diversi anni. L’obiettivo è coerente con la cosiddetta “Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile” individuata delle Nazioni Unite che definisce 30 focus da raggiungere entro il 2030. Tra questi compare anche la parità di genere.

Cosa succede in Italia
A livello nazionale esistono diversi provvedimenti che affrontano il tema, in particolare si segnalano:
– il “codice della pari opportunità” (D.lgs. 198/2006 del 11/06/2006, integrato con Legge 162 del 05/11/2021);
– il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che nell’ambito della sezione “inclusione e coesione” include un capitolo relativo alle politiche per il lavoro che tratta anche di parità di genere.
Nell’ambito del processo di attuazione dei provvedimenti di cui sopra, un passo significativo è la pubblicazione da parte di UNI della Prassi di Riferimento PdR 125, che definisce linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere. È possibile chiedere ad un Ente di Certificazione di rilasciare un certificato di conformità alla PdR 125. Rispetto alle “classiche” certificazioni di sistema di gestione (qualità, ambiente, salute e sicurezza sul lavoro ecc…), vi è tuttavia una differenza rilavante che sarà chiara dopo l’illustrazione dei contenuti del documento.

La PdR 125
La PdR 125 definisce una serie di indicatori di prestazione (KPI) che “fotografano” la situazione dell’organizzazione in riferimento alle pari opportunità. Gli indicatori sono complessivamente 34 e sono divisi in 6 macro aree:
1. Cultura e strategia;
2. Governance;
3. Processi HR;
4. Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda;
5. Equità remunerativa per genere;
6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
A ciascun indicatore è associato un obiettivo; nella maggior parte dei casi si tratta di obiettivi/indicatori di tipo qualitativo. Ad esempio, l’indicatore 1 della sezione cultura strategia richiede la “Formalizzazione e implementazione di un piano strategico che possa favorire e sostenere lo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo e preveda valori aziendali coerenti con una cultura inclusiva”. In situazioni di questo tipo, la valutazione del raggiungimento dell’obiettivo è di tipo sì/no (il Piano di Strategico è presente e attuato o non lo è, non vi sono vie di mezzo). In altri casi, l’indicatore è di tipo quantitativo, ad esempio l’obiettivo 3 della sezione opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda: “Percentuale di donne nell’organizzazione con qualifica di dirigente”. La valutazione di questo indicatore si esplicita in un valore percentuale; in questo caso i criteri per definire se l’obiettivo è raggiunto sono descritti nel dettaglio dalla Prassi di Riferimento per ogni singolo KPI.
Le organizzazioni di dimensioni ridotte potrebbero avere difficoltà ad applicare alcuni degli indicatori (es: quello sopra citato relativo alla percentuale di dirigenti sarebbe difficile da valutare in un’azienda a conduzione familiare in cui non ci sono dirigenti). Per questo motivo, la Prassi di Riferimento classifica le organizzazioni in quattro categorie:
– Micro: fino a 9 addetti
– Piccola: da 10 a 49 addetti
– Media: da 50 a 249 addetti
– Grande: 250 addetti e oltre
Non tutti i KPI sono applicabili a tutte le categorie di organizzazione, in particolare vi sono esclusioni per micro e le piccole organizzazioni.
La particolarità citata nei paragrafi precedenti consiste nel fatto che l’organizzazione non può ottenere la certificazione se non raggiunge almeno il 60% degli obiettivi ad essa applicabili. I sistemi di gestione “classici” sono, invece, orientati al miglioramento continuo e non definiscono un livello minimo al di sotto del quale non si può ottenere la certificazione, fatta salva, ovviamente, la capacità di garantire il rispetto delle prescrizioni (legali e di altro tipo) applicabili. Il raggiungimento degli obiettivi non è tuttavia l’unico requisito per l’ottenimento della certificazione, vi sono requisiti tipici dei sistemi di gestione: l’organizzazione deve definire un Piano Strategico, metterlo in atto, monitorarne l’applicazione e rivederlo periodicamente nell’ottica del miglioramento. Si tratta del ciclo di miglioramento continuo secondo il ciclo Plan – Do – Check – Act (PDCA) comune a tutti i sistemi di gestione. Purtroppo, la struttura della PdR 125 non è allineata alla High Level Structure che contraddistingue tutte le norme ISO della stessa categoria (sistemi di gestione) e questo complica l’integrazione con eventuali altri sistemi di gestione presenti in azienda.

I vantaggi della certificazione
L’ottenimento della certificazione consente di accedere a una serie di benefici, tra cui:
– l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali fino a un massimo di 50.000 €/anno (attualmente per l’anno 2022);
– un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
L’iter di certificazione è analogo a quello degli altri sistemi di gestione e consiste in un audit iniziale (diviso in fase 1 fase 2) nel quale verrà valutato anche il livello di raggiungimento degli obiettivi, e audit periodici di sorveglianza/rinnovo con cadenza annuale.

Fonte: ICMQ