La vigilanza privata attende risposte concrete dal nuovo Governo

di Maria Cristina Urbano

Per parte nostra, saremo sempre pronti a una leale collaborazione con le Istituzioni, nella ferma convinzione che nel confronto risieda la soluzione a molti dei problemi che opprimono imprese, cittadini e pubbliche amministrazioni

In attesa che i risultati elettorali si consolidino e che vengano proclamati eletti 400 deputati e 200 senatori, cosa che avverrà ufficialmente solo il prossimo 13 ottobre, vorremmo giocare d’anticipo, chiedendo ai futuri parlamentari la disponibilità ad inserire nell’agenda politica alcune questioni esiziali per il comparto della vigilanza privata, che da troppo tempo richiedono risposte concrete. 

Innanzitutto, seppur per certi versi paradossale, chiediamo che si vigili sull’apparato amministrativo-giudiziario dello Stato affinché sia garantita la piena ed incondizionata applicazione delle norme di settore, anche e soprattutto per quanto riguarda i principi contenuti nel Codice degli Appalti in materia di gare per servizi di sicurezza, in quanto ad alta intensità di manodopera. Volendo sintetizzare: rispetto degli ambiti esclusivi di competenza; applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa con contestuale divieto di offerte al ribasso sui costi del lavoro certificati; inserimento della clausola sociale.

Sulla scia di alcune best practices, nonché di svariate deroghe al TULPS approvate nel corso degli ultimi anni, il nostro auspicio è che si possa superare l’anacronistico e inefficiente limite imposto alla sicurezza privata della sola tutela dei beni. I tempi sono maturi affinché sia garantito alla vigilanza privata l’accesso a compiti di tutela della sicurezza pubblica, in forma sussidiaria e regolamentata, sempre in subordine ed in collaborazione con le Forze dell’Ordine, le quali potrebbero così ottimizzare l’impiego delle proprie risorse umane, strumentali e finanziarie per attività di più alto profilo. Gli esempi che funzionano sono d’altronde diversi, introdotti mediante leggi speciali, quali l’affidamento di servizi di controllo negli aeroporti anche ad imprese di sicurezza private, in possesso di licenza di polizia ex art. 134 TULPS; oppure la possibilità per le navi battenti bandiera italiana, che transitano in aree ad alto rischio di pirateria, di impiegare operatori della sicurezza privata armati, con decreto di guardie giurate. Il provvedimento, convertito in L. 130/2011, rappresenta il primo, e per ora unico, caso in Italia di legittimazione del contributo di operatori privati italiani alla sicurezza nazionale in scenari internazionali.

Infine la legittimazione e regolamentazione delle attività di PMSC e Security Contractors. Le nostre aziende non possono operare all’estero per la tutela degli assets e del personale italiano che vi opera, lasciando il campo ad aziende straniere che ne traggono grandi profitti. L’aporia è ancora più evidente se si pensa al complesso di norme che obbligano il datore di lavoro a garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro ai propri dipendenti. Dato il divieto dell’impiego di organizzazioni italiane di sicurezza privata in compiti di tutela all’estero, le aziende italiane che operano in aree geografiche critiche sono costrette a far ricorso a contractors  esteri, con perdita di una grande potenzialità di mercato (per un valore annuo stimato da fonti ONU in circa 250 miliardi di dollari) e delle qualificate professionalità che potrebbero essere messe proficuamente in campo dagli operatori italiani (qualificato sbocco professionale per le donne e gli uomini delle Forze Armate, per le specifiche competenze maturate durante le missioni all’estero).

Libro dei sogni. Forse no. Nella Legislatura che si sta chiudendo, anche grazie all’impegno di ASSIV, sono state incardinate nei lavori della I Commissione della Camera dei Deputati diverse proposte di legge che hanno lo scopo di normare la materia dell’impiego delle gpg all’estero. Con ogni probabilità, se si fosse andati a votare a naturale scadenza, il Parlamento avrebbe avuto il tempo di varare norme importanti quanto innovative per il settore. Stessa considerazione in merito all’applicazione del codice degli appalti, la cui applicazione per le norme che qui interessano appariva gradualmente più cogente. La rivoluzione copernicana per consentire attività di close protection sembra ancora ostacolata da resistenze culturali che non trovano giustificazione alcuna nell’attuale contesto, ma sono molti i muri creduti eterni che sono caduti dinanzi le inattese e fortissime sollecitazioni degli ultimi anni. Chissà, forse i tempi sono maturi per un sistema sicurezza Paese più efficiente ed efficace…

Per parte nostra, saremo sempre pronti a una leale collaborazione con le Istituzioni, nella ferma convinzione che nel confronto, confortato dalla conoscenza dei dati di fatto, risieda la soluzione a molti dei problemi che opprimono imprese, cittadini e pubbliche amministrazioni. Da parte delle imprese di ASSIV, un sincero augurio di buon lavoro al nuovo Parlamento. 

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