Maria Cristina Urbano, “Il salario minimo legale ormai è morto e sepolto”, HuffPost Italia

Il DDL n. 957/2023 recentemente approvato in Senato punta sul sistema di relazioni industriali e sulla dimensione collettiva, conferendo più incisività alla contrattazione di primo e secondo livello

È stato approvato dal Senato lo scorso 23 settembre – in via definitiva – il DDL n. 957/2023 che interviene sulle “Deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e di informazione”, che ha confermato ancora una volta la centralità strategica della contrattazione collettiva e ha introdotto alcune novità significative per le aziende.

La scelta del Legislatore è chiara: si punta sul sistema di relazioni industriali e sulla dimensione collettiva, superando l’ipotesi di un salario minimo legale, conferendo più incisività alla contrattazione di primo e secondo livello.

Il punto più importante della delega al governo riguarda il criterio per individuare il trattamento economico di riferimento. Viene infatti abbandonato il precedente sistema basato sulla “maggiore rappresentatività” dei sindacati e si passa a un parametro più semplice e oggettivo: il CCNL più applicato di fatto in ciascun settore, dato verificabile mediante i dati via via raccolti dai flussi UNIEMENS, che fotografano quanti dipendenti e imprese siano effettivamente coperti da quel perimetro contrattuale e da cui ricavare il trattamento economico minimo complessivo da applicare al personale. Vedremo come verranno risulti i possibili conflitti relativi alla valutazione dei perimetri di applicazione contrattuale, che, in alcuni casi, sono, purtroppo, amplissimi.

Questo nuovo criterio si estenderà anche ai dipendenti non coperti da un contratto collettivo, e per quelli operanti in contesti di esternalizzazione (appalti) si farà riferimento al CCNL della categoria più simile, garantendo così condizioni uniformi e una concorrenza più corretta.

La legge prevede anche misure per rafforzare la contrattazione: mentre, da un lato, nella delega al Governo vi è una specifica istanza ad incentivare il rinnovo tempestivo dei contratti nazionali, includendo la possibilità di un intervento da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in caso di mancato rinnovo, a garanzia dei trattamenti economici minimi complessivi in caso di mancati rinnovi o di perimetri scoperti, dall’altra parte, vengono delegati anche interventi sulla contrattazione di secondo livello, riconosciuta come lo strumento più adatto per rispondere alle specificità aziendali e territoriali. Non sfugge l’importante richiamo ai trattamenti economici minimi complessivi (Tecm) che comprende l’insieme delle erogazioni economiche, monetarie e non monetarie, dovute per contratto, invece  della “tariffa salariale” sui cui anche la magistratura del lavoro si è basata nelle sue sentenze in materia salario sufficiente e adeguato.

In sintesi, la riforma delinea un quadro più stabile e prevedibile, che valorizza il ruolo della contrattazione e introduce criteri applicativi di maggiore certezza per le imprese. Un cambiamento importante, che merita di essere compreso e approfondito nelle sue implicazioni pratiche.

Come presidente di ASSIV, condivido pienamente la scelta del Legislatore di confermare alle parti sociali il ruolo di autorità salariali, rafforzando così la centralità del sistema di relazioni industriali storicamente vigente nel nostro Paese. Attendiamo ora con attenzione il lavoro del Governo, per comprendere come i principi contenuti nel DDL approvato saranno tradotti in misure concrete, in grado di garantire certezze retributive e una competizione leale tra le imprese, a beneficio sia del sistema produttivo che dei lavoratori.

Maria Cristina Urbano

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