Una questione di crescente rilevanza nella prassi e arrivata anche alla attenzione della giurisprudenza riguarda l’utilizzo della intelligenza artificiale per la valutazione di persone della profilazione del loro comportamento sociale o delle caratteristiche personali: cd. social scoring.
La questione è regolata dall’ art 5.1 lett c del regolamento europeo sull IA, che stabilisce condizioni rigorose per questo utilizzo, ampiamente illustrate da apposite linee guida della Commissione europea (comunicazione del 4 febbraio 2025, C 2025/884 final sulle pratiche vietate di uso della intelligenza artificiale secondo l’IA europeo).
Le linee guida rilevano che questi sistemi di profilazione automatici possono essere utili a promuovere comportamenti corretti, a migliorare la sicurezza l’ efficacia e la qualità dei servizi, ma osservano che alcune pratiche di scoring possono comportare effetti sfavorevoli e discriminatori per le persone o i gruppi coinvolti nonché forme di controllo sociale incompatibili con i valori della Unione.
I divieti stabiliti del regolamento sul social scoring mirano a colpire queste pratiche illecite al fine di proteggere i diritti fondamentali della persona, inclusi il diritto alla non discriminazione e alla eguaglianza, alla protezione dei dati, alla vita personale familiare, e agli altri diritti sociali riconosciuti dalla normativa dell’ Unione.
Divieti e limiti del social scoring – Secondo la norma dell’ IA Act le pratiche di social scoring sono vietate in due serie di casi:
a) quando conducono a trattamenti sfavorevoli o dannosi di persone o gruppi in contesti sociali non correlati con quelli in cui i dati sono stati generati o raccolti.
b) quando portano a trattamenti sfavorevoli o dannosi non giustificati o non proporzionati rispetto al comportamento sociale o alla sua gravità.
Le linee guida offrono alcuni esempi di pratiche vietate.
Rientrano nella prima serie di casi, ad es. l’ uso di un sistema di IA da parte di un agenzia di assistenza sociale per stimare la probabilità di frode da parte di beneficiari di assegni familiari basandosi su caratteristiche raccolte o desunte da contesti e caratteri sociali privi di apparente connessione o rilevanza in proposito come avere il coniuge di una certa nazionalità o etnia, avere una connessione internet o un dato comportamento sui social o una data performance sul lavoro; l’uso da parte di un’agenzia del lavoro per valutare se certi soggetti meritano il trattamento di disoccupazione basandosi non solo su caratteri quali età e livello di educazione ma anche su dati senza nesso con l’ oggetto della decisione come lo stato coniugale, o dati relativi allo stato di salute, ecc.
Esempi del secondo tipo di pratiche vietate indicati dalle linee guida sono: uso di sistemi di IA da parte di un ente pubblico per profilare le famiglie e individuate precocemente i bambini a rischio basandosi su criteri quali la salute mentale e la disoccupazione dei genitori, ma anche su informazioni circa il comportamento sociale dei genitori tratte da molteplici contesti; uso di IA da parte di un Comune per valutare la affidabilità dei residenti basandosi su molteplici dati riferiti al comportamento sociale in diversi contesti quali la insufficiente partecipazione ad attività di volontariato e piccole irregolarità quali non restituire in tempo i libri presi a prestito dalla biblioteca o lasciare spazzatura in strada in giorni diversi da quelli stabiliti. La sproporzione sta nel fatto che i punteggi così raccolti sono usati per trarne conseguenze gravi come la revoca di benefici pubblici e simili misure punitive.
Una ipotesi in parte diversa relativa alla valutazione del lavoro menzionata nelle linee guida riguarda i giudizi forniti dai singoli utenti di un servizio reso tramite piattaforme digitali, in ipotesi le valutazioni di un autista operante mediante una piattaforma di car sharing on line. Si ritiene che le valutazioni siano legittime se sono la mera aggregazione di punteggi attribuiti al comportamento dei singoli utenti che non richiede necessariamente la IA; se invece tali valutazioni sul servizio sono combinate con altre informazioni e analizzate in modo automatico dal sistema di IA per classificare gli individui ,esse devono considerarsi vietate secondo l’ art 5 lett c dell’ IA Act.
La ratio dei divieti e dei limiti – I divieti e i limiti stabiliti dalla regolazione in esame hanno una ratio comune abbastanza chiara e ragionevole.
Il principio cui essi si ispirano è simile a quello stabilito dall’ art. 8 dello Statuto dei lavoratori italiano che vieta al datore di lavoro di effettuare indagini su fatti che non siano rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale; e risponde alla stessa esigenza di tutelare la privacy delle persone coinvolte e soprattutto evitare discriminazioni
Nel caso qui considerato l’ambito di applicazione del principio va oltre i controlli e le possibili discriminazioni dei lavoratori estendendosi alla prevenzione di ogni possibile rischio di discriminazione sociale.
Inoltre tali rischi di discriminazione, come quindi l’ambito di applicazione del divieto, sono grandemente ampliati dalle enormi possibilità di scoring con utilizzo di dati a fini discriminatori offerte dagli strumenti della intelligenza artificiale, siano essi usati dai datori di lavoro o da altri soggetti pubblici e privati (le guidelines specificano espressamente che la regolazione comprende ogni attività di questo genere senza distinzione fra pubblico e privato).
Le indicazioni suggerite da questa casistica hanno implicazioni rilevanti riguardanti gli utilizzi della IA ormai sempre più diffusi anche nella gestione del personale.
Implicazioni per la gestione del personale – Una applicazione fra le più frequenti della IA in questa materia riguarda i casi in cui sia necessario analizzare grandi numeri di curricula dei candidati, ove tale strumento risulta estremamente efficiente. Un simile utilizzo va però circondato di non poche cautele per evitare di incorrere in violazioni dei principi fin qui segnalati.
Infatti nonostante la chiarezza del principio ispiratore della regola, la sua applicazione pratica, e in particolare la distinzione fra pratiche legittime e pratiche vietate rimane alquanto incerta per vari aspetti.
Lo segnalano le stesse linee guida che pure forniscono indicazioni precise sui concetti rilevanti per la soluzione delle questioni: quelli di profiling, di caratteristiche personali, di social behaviour, sul periodo di tempo cui riferire lo scoring, nonché in particolare sul nesso causale fra social score e trattamento sfavorevole per il soggetto interessato, sul carattere rilevante o meno dei dati rilevati e dei contesti in cui originano e infine sulla proporzionalità o meno delle conseguenze tratte dallo scoring.
A rendere più complesse le decisioni si ricorda che, oltre a rispettare i confini, fra pratiche ammesse e discriminatorie c’è la necessità di rispettare le regole della privacy nell’impiego dei dati relativi ai singoli candidati, curando che non siano incluse (nella analisi) informazioni diverse e ulteriori a quelle contenute negli stessi curricula.
La delicatezza della questione può indurre a circoscrivere in modo preciso la funzione attribuita alla IA in questa selezione, come risulta dalle migliori pratiche aziendali (vedi il Report del dibattito all’ Arel sull’ uso della intelligenza artificiale in alcune grandi aziende,18 giugno 2025).
In particolare si evita di attribuire a questi sistemi automatici compiti di valutazione dei c.v., utilizzandoli solo per verificare la corrispondenza dei dati sulle competenze dei candidati ivi contenuti con i requisiti prestabiliti dall’ azienda per le assunzioni.
Analogamente, tenendo conto del caso sopra citato dalle linee guida è sconsigliabile che in casi simili siano utilizzate altre informazioni oltre quelle dei c.v. analizzate in modo automatico.
La decisione della Corte europea di giustizia – Indicazioni significative sulle implicazioni e difficoltà di queste scelte si trovano in una recente decisione della Corte europea di giustizia nella Causa C‑203/22 relativa alla applicazione delle norme del regolamento europeo sulla privacy (GDPR). Questa è una normativa che si integra per molti versi con il regolamento sulla IA perché i sistemi di intelligenza artificiale utilizzano ampiamente dati personali i quali devono quindi essere trattati nel rispetto delle regole sulla privacy.
La decisione della Corte riguardava il caso di un operatore di telefonia mobile che aveva negato la conclusione di un contratto che avrebbe comportato il pagamento mensile di dieci euro a una cittadina austriaca adducendo che in base a una valutazione automatizzata della cecità di pagamento (la cosiddetta profilazione) era emersa una insufficiente solvibilità finanziaria della potenziale cliente. Secondo la Corte la valutazione automatizzata della solvibilità di una persona e il conseguente diniego di stipulazione di un contratto di telefonia mobile non può prescindere dalla spiegazione di come siano trattati i dati personali per mezzo dell’ algoritmo.
Il principio sancito nel caso specifico ha una implicazione generale di grande rilevanza perché mira a rendere trasparente il processo decisionale di questi sistemi automatizzati riconoscendo il diritto della persona interessata a ottenere una spiegazione circa il meccanismo posto alla base di tale processo decisionale e circa il risultato ottenuto.
La sentenza specifica in modo rigoroso i requisiti di intelligibilità e accessibilità cui tale spiegazione deve corrispondere per essere adeguata a soddisfare il diritto alla spiegazione,
i parametri utilizzati per la valutazione e la loro spiegazione, l’ origine delle informazioni, le procedure e i principi applicati per utilizzare i dati al fine perseguito (cfr. Lucia Valente, Quando è vietato dare un voto, loc. cit.).
Si ricorda che il nostro ordinamento stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di informare i lavoratori nel caso di uso di sistemi integralmente automatizzati decisionali e di monitoraggio relativi ai vari aspetti delle relazioni di lavoro (decreto 104/2022).
Diritto alla spiegazione delle decisioni dell’algoritmo – Il riconoscimento nella sentenza di un diritto così circostanziato degli interessati alla spiegazione dei meccanismi decisionali propri di questi meccanismi automatizzati è importante perché conferma con l’autorità della Corte europea una regola presente in due recenti provvedimenti della Unione, la direttiva sul miglioramento condizioni del lavoro tramite piattaforme digitali (2024/2831) all’ art.11,1 e lo stesso regolamento sulla intelligenza artificiale all’art. 81; entrambe le norme sanciscono il diritto degli interessati a ottenere la giustificazione delle decisioni tramite sistemi informatizzati diretta a chiarire il loro modo di funzionamento e i procedimenti seguiti per arrivare all decisione.
Questo diritto a ottenere la giustificazione delle decisioni dei sistemi di IA a loro pregiudizievoli è uno strumento importante se non decisivo per accertare eventuali comportamenti discriminatori, data la oscurità dell’ operare di questi meccanismi automatici e la difficoltà di accertare altrimenti la esistenza di simili comportamenti.
Quanto alle conseguenze di un eventuale rifiuto di fornire giustificazioni adeguate la soluzione più plausibile è che esso determini la inversione dell’onere dalla prova, ponendo in capo al datore di lavoro l’onere di fornire motivi non discriminatori della decisione (vedi T. Treu, Il principio del controllo umano, cit., p. 30 ss.).
La presenza di queste norme e l’avallo della Corte di giustizia sono segnali importanti che possono condurre a riconoscere il diritto alla giustificazione delle decisioni algoritmiche come un possibile principio generale della emergente IA law.
Prevedono l’installazione di sistemi di videosorveglianza nelle aree più sensibili
Il prefetto di Caltanissetta Chiara Armenia ha presieduto oggi una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica nel corso della quale sono stati approvati i progetti per la videosorveglianza presentati dai comuni di Butera, Marianopoli, Mazzarino, Milena, Riesi, Santa Caterina e Serradifalco. Le proposte prevedono l’installazione di sistemi di videosorveglianza nelle aree più sensibili e maggiormente caratterizzate da fenomeni di illegalità, con l’obiettivo di aumentare la capacità di controllo e di intervento sul territorio.
Nel corso della riunione sono stati inoltre sottoscritti i “Patti per la sicurezza urbana”, accordi che mirano a realizzare strategie congiunte per migliorare le condizioni di sicurezza, contrastare illegalità e degrado attraverso iniziative di prevenzione e promuovere il rispetto del decoro urbano.
L’approvazione dei progetti e la sottoscrizione dei Patti consentiranno ai comuni interessati di partecipare al bando di finanziamento con il quale il ministero dell’Interno supporta, con proprie risorse, la realizzazione sui territori di interventi in materia di sicurezza urbana.
Al termine della riunione, il prefetto ha sottolineato l’importanza dei sistemi di videosorveglianza, fondamentali per rafforzare gli interventi di prevenzione in un’ottica di “sicurezza integrata”. Ha evidenziato, infine, come tali dispositivi supportino l’attività della polizia giudiziaria, favorendo lo scambio informativo tra le diverse Forze di polizia, migliorando così l’efficacia complessiva dell’azione di sicurezza sul territorio.
Per decenni, il sistema finanziario internazionale ha ruotato attorno al dollaro, che ha rappresentato un’àncora per le politiche monetarie di molti paesi, un rifugio per gli investitori nelle fasi di incertezza e la principale valuta di denominazione degli scambi globali di beni e servizi.
Negli Stati Uniti, gli afflussi di capitale – alimentati anche da persistenti disavanzi commerciali – hanno generato un rilevante accumulo di passività verso l’estero, accrescendo l’esposizione degli investitori internazionali ai rischi del mercato americano.
Negli ultimi anni, due tendenze hanno amplificato questa esposizione.
La prima è il forte aumento del valore di borsa delle grandi società tecnologiche statunitensi, che ha ulteriormente sbilanciato i portafogli globali verso il mercato americano.
La seconda riguarda il rischio di tasso di interesse sui portafogli in dollari. Dopo la crisi finanziaria globale, un lungo periodo di bassi rendimenti e premi a termine contenuti ha favorito l’emissione di titoli a lunga scadenza, prontamente assorbiti dagli investitori. Ne è derivata una maggiore esposizione al rischio di tasso sulle attività denominate nella valuta americana.
Più di recente, l’aumento dell’incertezza globale ha accresciuto la volatilità dei rendimenti. Di conseguenza, l’onere del rischio di tasso è divenuto più gravoso, come segnala l’incremento del premio a termine sui titoli pubblici statunitensi a lunga scadenza (fig. 1).
È in questo contesto che si inseriscono gli sviluppi registrati sui mercati finanziari internazionali negli ultimi mesi.
Premio per il rischio di tasso sui titoli pubblici statunitensi
(valori percentuali)
Fonte: Bloomberg.
(1) Il premio a termine sul rendimento decennale è ottenuto con il metodo di T. Adrian, R.K. Crump e E. Moench, Pricing the term structure with linear regressions, “Journal of Financial Economics”, 110, 1, 2013, pp. 110-138.Descrizione accessibile della Figura 1
1. L’indebolimento del dollaro
Gli annunci del 2 aprile hanno aperto una fase di negoziati complessi tra gli Stati Uniti e i principali partner commerciali, generando instabilità sui mercati dei capitali. Contestualmente, sono cresciute le preoccupazioni sulla sostenibilità dei conti pubblici americani, sfociate nel declassamento del rating sovrano. Per la prima volta da decenni, il ruolo centrale del dollaro nel sistema finanziario globale è stato messo esplicitamente in discussione.
In risposta, gli investitori internazionali hanno iniziato a ridurre l’esposizione al mercato statunitense. Molti di essi hanno rafforzato le coperture contro il rischio di cambio sul dollaro (fig. 2) – una scelta che, dal punto di vista economico, equivale a una dismissione parziale di attività denominate nella valuta americana – e hanno contestualmente accorciato la durata finanziaria dei portafogli.
Figura 2
Coperture dei fondi di investimento contro il rischio di cambio sul dollaro
(euro per un dollaro e migliaia di contratti futures)
Fonte: elaborazioni su dati Commodity Futures Trading Commission (CFTC) e London Stock Exchange Group (LSEG).
(1) Scala di destra. Le posizioni nette di copertura dei fondi di investimento, espresse in migliaia di contratti futures, sono ottenute come differenza tra le posizioni lunghe sul future euro-dollaro (che beneficiano di un deprezzamento del dollaro) e quelle corte (che generano guadagni in caso di apprezzamento).Descrizione accessibile della Figura 2
I rendimenti dei titoli pubblici statunitensi a lunga scadenza sono aumentati, mentre il dollaro si è indebolito, seguendo una dinamica atipica rispetto ai precedenti episodi di tensione finanziaria (fig. 3).
Figura 3
Risposta dei rendimenti dei titoli pubblici statunitensi e del dollaro a episodi di tensione finanziaria (1)
Fonte: elaborazioni su dati LSEG.
(1) Gli episodi di tensione finanziaria comprendono: la crisi dei mutui sub-prime (2007); il fallimento di Lehman Brothers (2008); la crisi greca (2011); la crisi del debito sovrano dell’area dell’euro (2011); le elezioni in Grecia (2012); il crollo del mercato azionario cinese (2016); la Brexit (2016); il fallimento della Silicon Valley Bank (2023). La linea rossa indica la risposta successiva al 2 aprile 2025; l’area blu rappresenta l’intervallo tra le risposte minime e massime osservate durante le crisi; cfr. A. Foschi, Safety switches: the macroeconomic consequences of time-varying asset safety, Banca d’Italia, Temi di discussione, in corso di pubblicazione. – (2) Un aumento dell’indicatore corrisponde a un apprezzamento del dollaro.Descrizione accessibile della Figura 3
Anche dopo il rientro delle turbolenze, la valuta americana ha continuato a perdere terreno, con un andamento divergente rispetto al differenziale di interesse tra Stati Uniti ed Europa (fig. 4). Secondo nostre stime, oltre la metà del deprezzamento registrato dall’inizio di marzo nei confronti dell’euro è attribuibile a una crescente percezione di rischio associata alla valuta americana.
Figura 4
Tasso di cambio dollaro-euro e differenziale dei tassi di interesse a 2 anni (1)
(valori percentuali ed euro per un dollaro)
Fonte: elaborazioni su dati LSEG.
(1) La linea verticale “annuncio Germania” corrisponde al 4 marzo, data in cui il cancelliere Mertz ha annunciato un incremento della spesa pubblica destinata alla difesa e alle infrastrutture. La linea “annuncio dazi USA” si riferisce al 2 aprile, giorno dell’annuncio dell’introduzione di nuovi dazi da parte dell’amministrazione statunitense. – (2) Scala di destra.Descrizione accessibile della Figura 4
Gli effetti sul sistema finanziario europeo
Segnali recenti indicano che l’Europa sta iniziando a beneficiare della crescente diversificazione valutaria da parte degli investitori internazionali. Negli ultimi mesi sono aumentate sia la raccolta dei fondi esteri specializzati in azioni europee, sia la domanda di attività a basso rischio denominate in euro.
Questi movimenti restano tuttavia limitati. è un esito prevedibile nel breve periodo, quando gli aggiustamenti si manifestano più facilmente attraverso i prezzi delle attività finanziarie piuttosto che attraverso i volumi.
Una riallocazione su larga scala dei portafogli a livello mondiale è frenata dall’assenza di alternative concrete al sistema finanziario statunitense. La dimensione e la liquidità dei mercati americani – azionari, obbligazionari e dei titoli pubblici – sovrastano quelle delle altre principali piazze finanziarie (fig. 5).
Nel medio termine, tuttavia, questi vincoli potrebbero attenuarsi. Un aumento delle emissioni di titoli da parte di operatori internazionali – sostenuto da una domanda globale più diversificata – potrebbe favorire lo sviluppo di mercati in grado di affiancare quelli statunitensi.
Figura 5
Dimensione e liquidità dei mercati:confronto tra Stati Uniti e altri paesi avanzati
Fonte: BCE (Centralized Securities Database), Bloomberg e World Federation of Exchanges.
(1) Consistenze al 31 dicembre 2024. I valori in valuta estera sono convertiti in euro al tasso di cambio di fine anno. I titoli pubblici e le obbligazioni private sono espressi al valore nominale; le azioni a valori di mercato. La classificazione geografica si basa sulla residenza dell’emittente. – (2) Obbligazioni emesse da imprese non finanziarie. – (3) Include Australia, Canada, Danimarca, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Svezia e Svizzera. – (4) Rapporto tra scambi e capitalizzazione di mercato.Descrizione accessibile della Figura 5
2. L’integrazione finanziaria europea
Un possibile ridimensionamento del ruolo centrale dei mercati statunitensi potrebbe generare tensioni nella fase di transizione, ma aprirebbe nuove opportunità alle economie finora rimaste in secondo piano nel sistema finanziario globale – tra cui l’Europa.
Sono opportunità da costruire. Non si realizzeranno da sole.
Il limitato sviluppo e la minore articolazione del mercato dei capitali europeo riflettono in parte le caratteristiche strutturali dell’economia reale: la diffusa presenza di piccole e medie imprese, finanziate prevalentemente attraverso il credito bancario; un settore pubblico esteso, che gestisce direttamente molti servizi – sanitari, previdenziali, assicurativi – spesso affidati altrove in misura maggiore al mercatonota1; una bassa propensione al rischio da parte delle famiglie, che tendono a privilegiare forme di risparmio sicurenota2.
Questo assetto alimenta una tendenza oramai consolidata: ogni anno, l’area dell’euro investe meno di quanto risparmia (3.200 miliardi di euro a fronte di 3.700 nel 2024; fig. 6), al contrario degli Stati Uniti (5.900 miliardi contro 4.700), e presenta una posizione patrimoniale netta verso l’estero positiva, pari al 10 per cento del PIL.
Figura 6
Risparmio e investimento negli Stati Uniti e nell’area dell’euro nel 2024
(migliaia di miliardi di euro)
Fonte: Bureau of Economic Analysis e Eurostat.
(1) I flussi netti di risparmio sono la differenza tra investimenti totali e risparmio domestico.Descrizione accessibile della Figura 6
In altri termini, l’Europa non esporta solo beni, ma anche risparmio – in larga misura verso gli Stati Uniti.
Ma sullo sviluppo del mercato dei capitali europeo grava soprattutto un’altra debolezza: la frammentazione del sistema finanziario lungo i confini nazionalinota3. Si tratta di un limite profondo e persistente: oggi il grado di integrazione delle piazze finanziarie europee resta paragonabile a quello – relativamente basso – di vent’anni fanota4.
Non è però un vincolo irreversibile. Politiche mirate, capaci di valorizzare i punti di forza dell’economia europea, possono contribuire in modo decisivo a superarlo, offrendo al continente gli strumenti per trattenere il risparmio che genera, indirizzandolo verso investimenti produttivi.
Il mercato unico dei capitali europeo
L’economia europea offre agli investitori tre importanti punti di forza: un capitale umano di alta qualità, un mercato interno di grandi dimensioni e un assetto istituzionale solido, fondato sul rispetto dello Stato di diritto.
L’interazione tra questi elementi può sprigionare un potenziale straordinario. Ma perché ciò accada, è essenziale che il mercato unico funzioni appieno.
Dall’avvio del progetto europeo sono stati compiuti progressi significativi. Tuttavia, il disegno resta incompiuto. I quattro pilastri del mercato unico – beni, servizi, lavoro e capitali – sono interdipendenti e devono operare in modo integrato. Oggi concentro l’attenzione sul pilastro finanziario, ma è evidente che solo un’integrazione piena lungo tutte le dimensioni potrà generare benefici concreti per cittadini e impresenota5.
La Commissione europea – seguendo l’impulso dei Rapporti Letta e Draghi – ha rilanciato l’Unione del mercato dei capitali (UMC), un progetto avviato nel 2015, i cui progressi finora non hanno soddisfatto le attese.
L’UMC è un’iniziativa ambiziosa, che richiede interventi su più fronti: armonizzazione delle norme societarie, fallimentari e fiscali; uniformità degli obblighi informativi e contabili; rafforzamento della supervisione centralizzata dei mercati.
Per renderla pienamente operativa, tuttavia, serve un passo ulteriore: l’introduzione di un titolo pubblico europeo.
Un benchmark comune privo di rischio offrirebbe un collaterale sicuro e accettato ovunque nell’Unione e permetterebbe di sviluppare comparti strategici, come quelli delle obbligazioni societarie e dei derivati. Migliorerebbe l’efficienza delle controparti centrali, la liquidità degli scambi di titoli e delle transazioni interbancarie, e favorirebbe la diversificazione dei portafogli, riducendo la concentrazione dei rischi.
Ma i vantaggi dell’UMC vanno ben oltre la dimensione finanziaria.
Secondo stime condotte in Banca d’Italia, un mercato dei capitali integrato e fondato su un titolo comune privo di rischio potrebbe ridurre di mezzo punto percentuale il costo del finanziamento per le imprese, stimolando investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro l’anno. Già solo questo, a regime, si tradurrebbe in un incremento del PIL europeo dell’1,5 per cento.
I benefici potrebbero essere ancora più ampi.
Un mercato dei capitali europeo ampio e articolato faciliterebbe il finanziamento delle iniziative imprenditoriali più dinamiche, ad alto rischio e alto valore aggiunto. Sosterrebbe l’innovazione e la competitività dell’economia. Attrarrebbe capitali esteri, rafforzando il ruolo internazionale dell’euro.
Vorrebbe dire creare lavoro di qualità, più produttivo e meglio retribuito.
Secondo nostre stime, in uno scenario di questo tipo l’impatto complessivo sul PIL potrebbe essere pari a oltre tre volte quello generato dal solo aumento degli investimentinota6.
3. Banche e tecnologia
La tecnologia è oggi una leva strategica decisiva per il settore bancario. Consente di migliorare l’efficienza operativa, rafforzare l’analisi e la gestione dei rischi, elevare la qualità dei servizi. Ma soprattutto, contribuisce a consolidare i rapporti con la clientela – da sempre uno dei punti di forza delle banche.
Gli investimenti in tecnologia e la digitalizzazione dei servizi bancari
Negli ultimi dieci anni, gli investimenti in tecnologia delle banche italiane sono cresciuti di circa 2 punti percentuali in rapporto ai costinota7. Ancora più rapido è stato l’incremento della spesa nei progetti a maggior contenuto innovativo (fig. 7)nota8.
Figura 7
Investimenti delle banche italiane nei progetti tecnologici più innovativi (1)
(in percentuale dei costi operativi)
Fonte: Banca d’Italia, Indagine FinTech nel sistema finanziario italiano.
(1) Somma degli investimenti nel biennio rapportata alla somma dei costi operativi. La previsione per il 2025-26 è basata sulle risposte delle banche intervistate nell’indagine condotta nel 2025, sotto l’ipotesi che i costi operativi rimangano invariati.Descrizione accessibile della Figura 7
L’aumento delle risorse dedicate all’innovazione si è tradotto in risultati concreti. Gli intermediari che hanno investito di più sono anche quelli che hanno ridotto in misura maggiore il rapporto tra costi e ricavi.
I benefici si riflettono sulla clientela. Attualmente, tre italiani su quattro dispongono dell’home banking, con risparmi significativi di tempo e di costi. Nel 2023 i conti correnti online risultavano in media il 70 per cento più economici rispetto a quelli tradizionalinota9.
L’offerta digitale ha reso i servizi bancari più accessibili. Nonostante la forte riduzione degli sportelli, in corso da oltre quindici anni, è aumentata la quota di famiglie con almeno un conto corrente. L’innovazione ha favorito l’inclusione di nuovi segmenti di clientela, come i giovani, che prediligono modalità di interazione a distanza.
Questa trasformazione, pur ricca di benefici, può comportare alcune criticità per le fasce di popolazione con minori competenze finanziarie o meno avvezze all’uso della tecnologia. Inoltre per alcuni servizi – come il finanziamento delle piccole imprese o l’accesso al contante – la ridotta presenza sul territorio può rappresentare un limitenota10.
La Banca d’Italia collabora con il Ministero dell’Economia e delle finanze, l’Associazione bancaria italiana e Poste Italiane per assicurare un accesso equo e diffuso ai servizi finanziari. Per avere successo, le iniziative che verranno adottate dovranno fondarsi su un impegno concreto da parte del sistema bancario.
Fattori competitivi per la trasformazione tecnologica
La rivoluzione tecnologica sta ora entrando in una nuova fase, più rapida e profonda, trainata dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale e dei big data. In questo contesto, tre fattori sono decisivi per la competitività degli intermediari: il livello degli investimenti, l’ambito di utilizzo della tecnologia e le scelte di esternalizzazione.
Il livello degli investimenti
Secondo la nostra indagine FinTech, quattro quinti degli intermediari dispongono di strategie per la trasformazione digitale. L’intensità degli investimenti varia con la scala operativa. Le banche grandi, grazie a maggiori risorse finanziarie e strutture organizzative più robuste, possono attuare progetti tecnologici articolati, difficilmente replicabili dagli operatori più piccoli.
Fanno eccezione alcune realtà minori con modelli di attività orientati all’innovazione. Ma nel complesso il rapporto tra investimenti in tecnologia e totale attivo tende ad aumentare con la dimensione dell’intermediario.
L’ambito di utilizzo della tecnologia
Quanto all’impiego delle tecnologie, la maggior parte degli intermediari – indipendentemente dalla dimensione – adotta già soluzioni avanzate nei processi interni: dalla verifica della conformità normativa alla prevenzione delle frodi, fino all’assistenza della clientela. Le evidenze raccolte presso le banche indicano che in questi ambiti l’uso dei modelli di intelligenza artificiale è diffuso e destinato a crescerenota11.
Lo spartiacque competitivo è però rappresentato dall’uso dell’intelligenza artificiale e dei big data per le attività tipicamente bancarie, in primo luogo per la concessione del credito – un terreno oggi presidiato dalle banche più grandi (fig. 8).
Le nuove tecnologie consentono di elaborare una mole di informazioni più ampia e variegata rispetto ai modelli tradizionali, migliorando la valutazione del rischio di credito e la capacità di cogliere tempestivamente segnali di deterioramento.
Figura 8
Utilizzo di intelligenza artificiale e big data nella valutazione del merito di credito (1)
(percentuale di banche)
Fonte: indagine regionale sul credito bancario sul 2024 (Regional Bank Lending Survey, RBLS).
(1) Dati riferiti a fine 2024. Percentuale di banche che ha avviato progetti nella rispettiva categoria. – (2) Comprende i progetti in fase di sviluppo e di valutazione di fattibilità.Descrizione accessibile della Figura 8
Sapere integrare questi strumenti nei processi decisionali sarà determinante per la competitività. Secondo nostre analisi, l’intelligenza artificiale può ampliare l’accesso al credito per imprese meritevoli ma con una storia creditizia limitata o informazioni frammentatenota12. Inoltre, le banche che fanno un uso esteso di queste tecnologie tendono a sostenere più attivamente le realtà imprenditoriali più dinamichenota13.
Questi strumenti non devono tuttavia essere impiegati in modo automatico. Sono tecnologie complesse, che richiedono una valutazione su orizzonti temporali lunghi e attraverso diverse fasi del ciclo economico. La loro integrazione nei processi decisionali esige una profonda comprensione da parte degli intermediari per evitare effetti distorsivi, in particolare nell’accesso al credito da parte delle famiglie. Sono aspetti presi in considerazione nel regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.
La strategia di esternalizzazione
Per sviluppare e distribuire soluzioni innovative, le banche maggiori affian-cano la collaborazione con partner esterni ad attività interne di ricerca e sviluppo. Quelle più piccole, invece, si affidano in prevalenza all’esternalizzazionenota14.
Queste scelte riflettono meccanismi noti: gli investimenti in tecnologia comportano costi fissi elevati, che solo strutture di maggiore dimensione possono sostenere con continuità. Per le banche minori l’esternalizzazione è quindi una via per innovare, ma nel tempo può generare dipendenza da fornitori esterni.
I rischi dell’innovazione tecnologica
Le nuove tecnologie offrono opportunità significative, ma comportano rischi che, se non gestiti con attenzione, possono renderle inefficaci o persino dannose. In Italia, come in altri paesi, il numero e la gravità degli incidenti operativi e cibernetici sono in aumentonota15.
L’intelligenza artificiale rende le minacce cibernetiche – comprese le frodi – più sofisticatenota16. Il quantum computing, a sua volta, potrebbe in prospettiva compromettere l’efficacia dei sistemi crittografici su cui si fonda la sicurezza delle transazioni finanziarie e dei pagamenti, oltre che la protezione delle attività dematerializzatenota17; già oggi si registrano furti di dati crittografati, sottratti con l’intento di decifrarli quando la tecnologia lo consentirà.
Per contrastare questi rischi, la Vigilanza ha intensificato i controlli sia sugli intermediari, sia sui loro fornitori. In particolare, ha sollecitato le banche a rafforzare la gestione dei rischi specifici connessi con le esternalizzazioni.
Un passaggio decisivo è ora rappresentato dall’attuazione del regolamento DORA, che disciplina la resilienza operativa digitale del settore finanziario. Il nuovo quadro normativo richiede agli operatori una piena conoscenza della propria filiera produttiva e l’adozione di misure efficaci per prevenire e gestire gli incidenti.
Le evidenze derivanti dall’attività di vigilanza rivelano carenze diffuse: scarso coinvolgimento degli organi sociali, inventari informatici incompleti, controlli insufficienti sugli accessi a dati sensibili. Le stesse banche confermano queste criticità: circa il 40 per cento di esse prevede di riuscire a garantire la conformità a DORA solo da settembrenota18. Le aree più problematiche riguardano la gestione dei rischi informatici e di quelli derivanti dai fornitori esterni.
4. La politica monetaria nell’area dell’euro
Nell’ultimo anno, l’inflazione nell’area dell’euro è tornata in linea con l’obiettivo del 2 per cento. Ciò ha consentito al Consiglio direttivo della BCE di ridurre il tasso di riferimento otto volte, portandolo al 2 per cento.
La questione centrale è ora se l’attuale livello dei tassi sia adeguato a mantenere l’inflazione in prossimità dell’obiettivo, evitando scostamenti persistenti in entrambe le direzioni.
Il ripristino della stabilità dei prezzi e la disponibilità di un ampio spazio di manovra collocano il Consiglio in una posizione favorevole per valutare attentamente le sue prossime mosse.
Le più recenti proiezioni dell’Eurosistema indicano una discesa dell’inflazione all’1,4 per cento all’inizio del 2026, seguita da un ritorno al 2 nell’anno successivo. Si tratta di uno scenario soggetto a forti incertezze, in un contesto globale instabile e in rapida evoluzione.
Le proiezioni si basano su ipotesi relative ai prezzi dell’energia e al tasso di cambio euro-dollaro – due variabili notoriamente volatili – che gli sviluppi delle ultime settimane hanno già superato. L’incertezza geopolitica in Medio Oriente ha spinto il prezzo del petrolio oltre i livelli ipotizzati; al tempo stesso, l’euro si è apprezzato ben più del previsto rispetto al dollaro.
Una ulteriore, significativa fonte di incertezza riguarda i dazi che saranno effettivamente applicati dagli Stati Uniti. Le proiezioni assumono il mantenimento delle misure oggi in vigore, che sottrarrebbero mezzo punto percentuale alla crescita nell’area dell’euro tra il 2025 e il 2027, con effetti contenuti sull’inflazione.
Dazi più elevati e un’incertezza prolungata sulle politiche commerciali determinerebbero effetti ben peggiori sulla crescitanota19 e potrebbero influenzare le dinamiche inflazionistiche.
Un marcato calo della domanda di prodotti europei da parte degli Stati Uniti e il riorientamento delle merci cinesi sui nostri mercati eserciterebbero pressioni al ribasso sui prezzi. In scenari estremi, tuttavia, l’inasprimento delle barriere doganali potrebbe frammentare le filiere produttive globali, aumentando i costi di produzione e alimentando l’inflazione.
In questo contesto, il Consiglio direttivo ha confermato l’intenzione di mantenere un approccio agile e pragmatico, decidendo di volta in volta sulla base delle informazioni disponibili e del loro impatto sulle prospettive di inflazione.
Se i rischi al ribasso sulla crescita dovessero rafforzare le tendenze disinflazionistiche, sarà opportuno proseguire nell’allentamento monetario.
Queste valutazioni rispecchiano i principi riaffermati nella recente revisione della strategia di politica monetaria: la simmetria dell’obiettivo di inflazione, l’orientamento di medio periodo e il ruolo centrale dei tassi di interesse tra gli strumenti disponibili.
L’esperienza dell’ultimo decennio – segnato prima da una fase prolungata di inflazione molto bassa e poi da shock inflazionistici di forte entità – ha evidenziato la necessità di reagire con decisione a deviazioni persistenti dall’obiettivo, in entrambe le direzioni, e di mantenere ben ancorate le aspettative.
Ha inoltre confermato l’importanza di affiancare allo scenario di base l’analisi dei rischi e delle incertezze che lo circondano, anche attraverso l’elaborazione di scenari alternativi.
Nel confermare il ruolo centrale dei tassi di interesse, il Consiglio ha ribadito l’importanza di mantenere disponibile l’intero insieme degli strumenti già impiegati in passato: acquisti di titoli pubblici e privati, operazioni di rifinanziamento a lungo termine, tassi negativi, indicazioni prospettiche sull’orientamento della politica monetaria (forward guidance). Si tratta di strumenti da utilizzare con discernimento, ma che possono rivelarsi essenziali quando i tassi ufficiali si avvicinano al limite inferiore o emergono disfunzioni nella trasmissione della politica monetaria.
La revisione della strategia è stata infine l’occasione per riflettere sugli effetti economici dei fenomeni che stanno trasformando il mondo produttivo: le tensioni geopolitiche, la frammentazione commerciale, l’accelerazione dell’innovazione – in particolare nel campo dell’intelligenza artificiale.
Questi fattori potrebbero aumentare la frequenza e l’intensità degli shock sull’inflazione. Affrontarli richiederà analisi tempestive, decisioni rapide e una comunicazione efficace, fondata anche sull’uso di scenari alternativi e analisi di sensitività.
5. Conclusioni
Il sistema finanziario internazionale sta attraversando una fase di profondo cambiamento. In un contesto in cui cresce l’incertezza sul ruolo degli Stati Uniti nell’economia mondiale, gli investitori sono alla ricerca di alternative al dollaro e ai mercati americani, avviando – seppur gradualmente – un parziale riorientamento dei portafogli globali.
Questo scenario apre nuove opportunità per l’Europa.
Opportunità che potranno essere colte solo rilanciando con determinazione il progetto di integrazione, completando il mercato unico e adottando politiche comuni per l’innovazione, la produttività, la crescita.
A tal fine è essenziale rafforzare l’architettura finanziaria dell’Unione, creando le condizioni per attrarre e trattenere capitali. Significa superare l’attuale frammentazione del sistema finanziario, completare l’Unione dei mercati dei capitali e offrire agli investitori un titolo comune privo di rischio.
È una sfida istituzionale e politica, ma anche l’occasione per ridurre la dipendenza da circuiti esterni e valorizzare il potenziale dell’economia europea.
Il nuovo mondo finanziario che si va delineando sarà più incerto, più volatile, più competitivo. In questo contesto, le banche dovranno fare sempre più affidamento sulla tecnologia per restare efficienti, redditizie e vicine alla clientela. L’intelligenza artificiale, l’uso strategico dei dati, la sicurezza informatica saranno fattori determinanti per competere con successo. Queste tendenze stanno comportando un significativo aumento dei rischi operativi, che richiede attenzione da parte degli intermediari e delle autorità.
In un ambiente sempre più tecnologico il capitale umano rimane centrale: per affrontare efficacemente il cambiamento, le banche dovranno investire sulle persone, accrescendone le competenze e puntando su di esse per guidare l’innovazione.
Nei prossimi mesi la politica monetaria dovrà restare improntata a flessibilità e pragmatismo. Il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento segna un progresso significativo, ma il quadro resta esposto a molteplici rischi. In questo contesto, sarà fondamentale continuare a valutare di volta in volta le prospettive e i rischi per la stabilità dei prezzi.
In un mondo che cambia, l’Europa ha le risorse per svolgere un ruolo da protagonista. A condizione di agire con determinazione, visione e spirito di coesione.
Note
1Ad esempio, negli Stati Uniti i contributi previdenziali dei lavoratori confluiscono nei fondi pensione, che li investono in attività a lungo termine. In Europa, invece, i sistemi pensionistici si basano prevalentemente sul modello pubblico a ripartizione, dove i contributi correnti finanziano le pensioni in pagamento, senza generare domanda di strumenti finanziari.
2K. Bekhtiar, P. Fessler e P. Lindner, Risky assets in Europe and the US: risk vulnerability, risk aversion and economic environment, European Central Bank, Working Paper Series, 2270, 2019 mostrano che il 70 per cento delle famiglie europee dichiara di non essere disposta ad assumere rischi finanziari, contro circa il 40 per cento negli Stati Uniti.
3Gli effetti della frammentazione finanziaria europea sono analizzati in F. Panetta, L’Europa deve pensare in grande per costruire la sua unione dei mercati dei capitali, “The ECB Blog”, 30 agosto 2023; Banca d’Italia, Considerazioni finali del Governatore, Roma, 31 maggio 2024; E. Letta, Much more than a market: speed, security, solidarity. Empowering the Single Market to deliver a sustainable future and prosperity for all EU Citizens, aprile 2024; M. Draghi, The future of European competitiveness, settembre 2024.
4BCE, Financial Integration and Structure in the Euro Area, giugno 2024.
5L.F. Signorini, Unione del Risparmio e degli Investimenti, intervento a VIGOnomics, Roma, 30 aprile 2025.
6M. Caivano, P. Cova, K. Pallara, M. Pisani e F. Venditti, The economic impact of European capital market integration, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, di prossima pubblicazione.
7Le diverse fonti statistiche forniscono stime non coincidenti, ma convergenti nel segnalare l’aumento degli investimenti in tecnologia.
8I dati si riferiscono all’Indagine FinTech nel sistema finanziario italiano, condotta biennalmente dalla Banca d’Italia a partire dal 2017, le cui principali evidenze sono disponibili in un rapporto periodico (cfr. sul sito della Banca d’Italia: Indagine Fintech).
9Banca d’Italia, Indagine sul costo dei conti correnti nel 2023, dicembre 2024.
10I dati preliminari di un’indagine su un campione di 5.000 microimprenditori indicano che il 7 per cento degli intervistati ha segnalato la chiusura, negli ultimi due anni, dello sportello con cui aveva rapporti. Tre quarti di questi lamentano disagi per ragioni principalmente connesse con le difficoltà nella gestione del contante, la perdita di riferimenti nella consulenza finanziaria e l’accesso al credito. Nostre analisi sull’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese indicano una riduzione più accentuata nei comuni in cui la diminuzione degli sportelli è stata maggiore.
11G. Trequattrini, Tecnologia e disuguaglianze: l’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro e della finanza, intervento al Congresso nazionale First CISL, Roma, 11 giugno 2025.
12N. Branzoli, E. Rainone, I. Supino e A. Fuster, Screening and monitoring by banks that use AI and big data, Banca d’Italia, di prossima pubblicazione.
13S. Del Prete, S. Schiaffi e G. Soggia, Birds of a feather flock together: the coupling of innovative banks and innovative firms, Banca d’Italia, di prossima pubblicazione.
14D. Arnaudo e S. Marchetti, Technology innovation in the Italian banking system and evolving risk profiles, Banca d’Italia, di prossima pubblicazione.
15Banca d’Italia, Framework segnaletico di Vigilanza degli incidenti operativi o di sicurezza: analisi orizzontale 2024, giugno 2025.
16Una tecnica sempre più comune sfrutta l’intelligenza artificiale per creare contenuti multimediali falsi (deepfake) o generare rapidamente identità fittizie. Secondo i dati CERTFin, nel 2023 non si registravano casi di questo tipo, mentre nel 2024 i conti correnti fraudolenti aperti online con l’ausilio di queste tecniche hanno raggiunto lo 0,05 per cento del totale (circa 250 casi, su 500.000 conti aperti online); cfr. CERTFin, Sicurezza e frodi informatiche in banca. Come prevenire e contrastare attacchi informatici e frodi sui canali digitali, maggio 2025.
17Le stime sui tempi necessari per disporre di computer quantistici variano tra 3 e 20 anni, a seconda degli obiettivi considerati.
18L’indicazione emerge da una autovalutazione richiesta dalla Banca d’Italia alle banche meno significative.
19Secondo uno scenario avverso elaborato dagli esperti della BCE l’impatto negativo sulla crescita triplicherebbe qualora i dazi venissero portati al livello annunciato dall’amministrazione statunitense lo scorso 2 aprile e l’Unione europea adottasse misure ritorsive.
di Fabio Panetta (Governatore della Banca d’Italia)
L’incertezza associata al quadro internazionale è in ulteriore aumento. Agli annunci sulla politica commerciale Usa, soggetti a frequenti aggiornamenti, si somma l’escalation delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
Le prospettive di crescita della domanda mondiale, seppur in recupero, a maggio e a giugno sono ancora negative. L’evoluzione dell’attività economica è eterogenea: in moderata espansione in Cina e in flessione negli USA. Nell’area euro è in calo la produzione industriale.
In Italia, l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha segnato a maggio una flessione congiunturale dello 0,7%. Tuttavia, nella media del trimestre marzo-maggio, l’indicatore è salito dello 0,6%.
A giugno cresce, per il secondo mese consecutivo, la fiducia delle imprese mentre quella dei consumatori, dopo il miglioramento di maggio, torna a diminuire con un calo diffuso a tutte le componenti dell’indice.
Nei primi quattro mesi dell’anno le esportazioni e le importazioni di beni sono aumentate in termini tendenziali rispetto a entrambi i principali mercati: Ue ed Extra Ue.
Il mercato del lavoro si mostra ancora solido, con il numero di occupati che a maggio è salito dello 0,3% rispetto ad aprile. La crescita ha coinvolto sia i dipendenti permanenti sia gli autonomi mentre è calata tra i dipendenti a termine.
Aumenta, in termini congiunturali, la spesa delle famiglie per consumi finali nel primo trimestre, a fronte di un incremento del reddito disponibile lordo. Cresce anche la propensione al risparmio (+0,6 p.p.)
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) ha registrato a giugno un aumento tendenziale dell’1,7%, stabile rispetto a maggio e inferiore di due decimi a quello dell’area euro. Accelera l’inflazione del carrello della spesa (beni alimentari e beni per la cura della casa e della persona) che a giugno è cresciuta del 3,1% (dal 2,7% di maggio).