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Adapt, Primo Maggio: una occasione per riflettere sullo stato di salute del mercato del lavoro, in Italia e non solo

Primo Maggio: una occasione per riflettere sullo stato di salute del mercato del lavoro, in Italia e non solo

Negli ultimi anni di lavoro si parla sempre di più, complici le numerose trasformazioni alle quali è sottoposto. Il rischio di questo dibattito però è una concentrazione quasi totalizzante sul lavoro che manca e una superficiale attenzione sulle caratteristiche del lavoro che c’è, come se queste ultime fossero meno problematiche. E così il dibattito ruota intorno alle imprese che non trovano lavoratori, da un lato, e ai lavoratori che vogliono (e ultimamente lo fanno anche) cambiare lavoro alla ricerca di condizioni economiche e organizzative migliori. Si tratta certamente di una fase di transizione che segue la pandemia, ma non basta. Il nodo oggi pare essere molto più profondo e strettamente legato alla struttura della nostra società.

Il punto sul quale vogliamo concentrare l’attenzione in questa data importante, come elemento che ancora manca nei processi di riforma del mercato del lavoro, è quello demografico. Bastano pochi dati per mostrare in modo evidente e spiazzante quanto il cambiamento della struttura demografica italiana (ma discorsi analoghi potrebbero essere fatti per molti altri paesi) sia all’origine di molte delle trasformazioni e delle criticità del mercato del lavoro che spesso analizziamo concentrandoci sul contingente. Negli ultimi vent’anni i lavoratori tra i 50 e i 64 anni sono quasi raddoppiati (+91%) passando dai 4,35 milioni del 2002 ai 8,32 milioni del 2022. Oggi un lavoratore su tre ha più di 50 anni. Nello stesso arco di tempo la popolazione tra gli 0 e 14 anni, pur integrata dalla componente migratoria, è diminuita di circa 800mila unità.





L’età media sta aumentando inesorabilmente, e con essa la componente più matura all’interno del mercato del lavoro. Ci troviamo così con una componente crescente di lavoratori maturi che supera ampiamente (di ben 3 milioni di unità) quella degli under 35 e questo inevitabilmente cambia completamente lo scenario nel quale mettere in atto le politiche del lavoro e le riforme del mercato.



Parlare di transizioni occupazionali, flessibilità contrattuale, ammortizzatori sociali, riqualificazione professionale, politiche attive del lavoro in questo contesto è tutt’altra cosa rispetto a parlarne in un quadro nel quale la componente giovanile è stabile o in crescita. Allo stesso modo non può che cambiare il modo di parlare di welfare e di sostenibilità complessiva dei conti pubblici, risultando difficile immaginare una continua riduzione dei contributi all’interno di un equilibrio precario tra i pochi che lavorano e i molti che sono o che andranno presto in pensione. Ma anche all’interno delle imprese i modelli organizzativi dovranno ripensarsi ponendo al centro il tema della sostenibilità del lavoro sia in termini di carico fisico e psicologico sia in termini di come accompagnare carriere più lunghe che vedono nel loro scorrere cambiamenti epocali soprattutto sul fronte tecnologico e di domanda di competenze.

Riflettere su alcune questioni demografiche connesse ai moderni mercati del lavoro porta anche a interrogarsi sul tema della parità di genere e alle ampie diversità che ancora sussistono non solo nei termini di una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro salariato ma anche sulla diversità di partecipazione della componente femminile, sussistendo ancora condizioni che anno dopo anno non fanno che acuire le differenze tra lavoratori e lavoratrici.

Il fenomeno descritto impone anche di cogliere la sfida dell’immigrazione, unica componente che nel breve e medio termine può contribuire all’ampliamento della forza lavoro in Italia. Senza che questo si traduca in politiche neo-servili che altro non fanno che generare dinamiche di dumping che vanno a penalizzare anche gli altri lavoratori. Uno dei settori nei quali tale nesso è forse più esplicito e tangibile è quello del lavoro domestico di cura la cui domanda, per lo più soddisfatta da lavoratrici straniere, cresce esponenzialmente rispetto a fattori demografici quali: l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della speranza di vita e la diminuzione di legami forti disposti a svolgere il lavoro di cura non retribuito.

Sullo sfondo resta il tema del senso del lavoro, che non può che interrogarci in questa data, come ci ha richiamato anche il Presidente Mattarella in visita a Reggio Emilia. Soprattutto di fronte a una generale svalorizzazione del suo ruolo nella società e nella vita delle persone, causata anche da modelli che negli anni sono diventati per loro sempre più insostenibili. 

Il nostro invito non può che essere a chi dovrebbe, per vocazione e per storia, cercare di ricostruire identità collettive che oggi appaiono sempre più sfumate: il mondo della rappresentanza. Perché sappiamo che i governi vanno e vengono, le riforme (più o meno tali) anche, e quindi non possono essere loro a costruire la visione del lavoro a partire dalle sue sfide. Se il mondo della rappresentanza riprendesse in mano con forza questo suo ruolo sarebbe già una buona notizia. 

Fonte: ADAPT

Centro Studi Confindustria: Venti favorevoli sulla rotta dell’economia italiana nella prima parte del 2023

Centro Studi Confindustria: Venti favorevoli sulla rotta dell’economia italiana nella prima parte del 2023

Venti favorevoli sulla rotta dell’economia italiana nella prima parte del 2023. Il PIL è andato meglio del previsto a inizio anno, l’inflazione è in lento calo sebbene ancora elevata, i tassi di interesse sono alti e in salita. La dinamica dell’industria è positiva solo grazie al trascinamento da fine 2022, mentre i servizi e il turismo sono in forte espansione. Gli investimenti fissi in Italia sono frenati soprattutto dalla carenza di risorse delle imprese e dai tassi elevati per il credito. I consumi sono penalizzati dal precedente balzo dei prezzi, mentre continua a crescere l’export. L’Eurozona è in rallentamento, gli USA meno brillanti, frena di nuovo la Cina, ma accelera l’India.

L’economia italiana e internazionale in breve

  • Meglio del previsto il PIL. Il 1° trimestre ha visto una ripartenza del PIL sopra le attese (+0,5%) e questo porta la variazione acquisita per il 2023 a +0,8%. Ciò grazie a servizi e industria (sebbene quest’ultima solo grazie al trascinamento da dicembre scorso) che include le costruzioni. Bene l’export, anche se in un contesto internazionale meno favorevole. Il calo del prezzo del gas alimenta la fiducia in Italia, oltre a favorire la riduzione dell’inflazione, che però sarà lenta e continuerà a frenare i consumi.
  • Inflazione: lenta discesa. Prosegue il calo dell’inflazione italiana, che resta alta (+7,6% annuo a marzo, +11,8% a ottobre). La variazione dei prezzi energetici (+10,8%) è ora più bassa di quella degli alimentari (+12,9%). Infatti, le materie prime con i maggiori rincari sono quelle alimentari: a marzo restano al +55% rispetto al 2019, mentre il prezzo del gas è relativamente basso (43 euro/mwh in aprile) e quello del petrolio sale poco (86 dollari al barile). La dinamica dei prezzi al consumo al netto di tali due componenti è elevata (+4,8%), per la trasmissione dei rincari dell’energia anche agli altri beni e servizi.
  • Tassi alti e in salita. Il costo del credito per le imprese italiane è salito a 3,55% a febbraio (da 1,18% a fine 2021) e a marzo la quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è al 44,3% (da 7,3%). La stretta segue il rialzo dei tassi di riferimento: quello BCE è arrivato al 3,50% a marzo (da zero) e secondo i future ci sarà un ultimo rialzo entro l’estate, poi un taglio nel 2024; il BTP italiano si è stabilizzato negli ultimi mesi su un aumento di oltre 3 punti (4,13% in aprile, da 0,97%).
  • Industria: positiva grazie al trascinamento. La produzione industriale a febbraio ha subito un’altra flessione (-0,2%), dopo che a gennaio era diminuita di -0,5%; la variazione acquisita per il 1° trimestre è di poco positiva (+0,1%), grazie alla buona eredità di dicembre. I dati qualitativi dipingono uno scenario complesso: il PMI a marzo, pur frenando, è rimasto in area di espansione (51,1 da 52,0), ma la fiducia delle imprese è di nuovo calata in aprile, con la flessione di ordini e di attese sulla produzione.
  • Servizi in espansione. Bene il turismo in Italia, che è molto sopra i valori del 2019 (a febbraio +8,3% in termini di spesa dei viaggiatori stranieri). Ottime le indicazioni sui servizi: a marzo il PMI è balzato, indicando più crescita (55,7 da 51,6) e la fiducia delle imprese in aprile ha proseguito il suo recupero.
  • Consumi frenati. Nel 4° trimestre 2022 l’impennata dei prezzi ha eroso il reddito delle famiglie (-3,7% reale): ne è derivato un calo dei consumi (-1,6%), in particolare alimentari (-5,3%). La domanda è rimasta fiacca a inizio 2023: le vendite al dettaglio di beni si sono ridotte a febbraio (-0,9%; -1,8% gli alimentari). L’indicatore ICC a marzo conferma il “taglio” agli alimentari (-3,9% annuo), pur registrando una crescita dei consumi totali (+1,1%), coerente con la risalita della fiducia (105,5 ad aprile, da 100,9 a gennaio) e con un mercato del lavoro che resta solido (a febbraio +10mila occupati, +0,3% nel 1° bimestre).
  • Cresce l’export. L’export italiano resta in espansione a inizio 2023 (+0,5% a febbraio; +0,6% acquisito nel 1° trimestre); migliori ragioni di scambio hanno riportato in positivo il saldo commerciale. Fanno da traino le vendite nei paesi extra-UE, specie Cina; deboli i mercati europei (Germania). Tra i prodotti spicca l’espansione dei farmaceutici. Positive le prospettive, grazie a minori costi e restrizioni nelle filiere mondiali, confermate dagli ordini manifatturieri esteri. Tuttavia, gli scambi globali sono deboli: in calo a gennaio per il quarto mese, con indicazioni negative per febbraio-marzo dal PMI ordini esteri.
  • Eurozona in rallentamento. Nel 1° trimestre la dinamica del PIL è stata deludente: +0,1% (da +0,2%). Ciò soprattutto a causa del mancato rimbalzo tedesco (+0,0% da -0,5%). Meglio Francia (+0,2%) e soprattutto Spagna (+0,5%). La stima flash del PMI in aprile (54,4 da 53,7) rileva un miglioramento dell’attività economica nell’Area, grazie ai servizi, mentre scende in zona contrazione la manifattura, più sensibile alla stretta sui tassi. Ancora in calo l’inflazione (+6,9% a marzo) ma più difficile il credito.
  • USA meno brillanti. La FED ha rivisto al ribasso le previsioni sul PIL nel 2023 (da +0,5% a +0,4%) e nel 2024 (da +1,6% a +1,2%); i dati hanno poi mostrato un rallentamento superiore alle attese nel 1° trimestre (+0,3%, da +0,6% nel 4° 2022). A marzo, però, l’industria ha registrato un miglioramento: +0,3% la produzione (zero nel trimestre, dopo il -0,6% nel 4° 2022); in aumento il PMI manifatturiero (ma ancora su valori recessivi). Viceversa, le vendite al dettaglio sono scese in modo rilevante (-1,0%).
  • Frena la Cina, accelera l’India. La manifattura cinese è andata in stallo a marzo (PMI a 50), dopo la ripartenza di febbraio (51,6); nonostante la buona domanda, le imprese restano caute, pure nel ricostituire scorte. In Brasile si accentua il calo (47,0 da 49,2); resta in espansione l’industria russa (53,2 da 53,6); l’India accelera (56,4 da 55,3), grazie alla domanda rivolta soprattutto a imprese domestiche.

Focus del mese – Investimenti frenati soprattutto da carenza di risorse

  • Investimenti in moderazione. Gli investimenti fissi in Italia restano su un sentiero di espansione, dopo l’eccezionale +9,4% nel 2022, di cui +2,0% registrato nel 4° trimestre. Ma sono attesi molto indeboliti nella media del 2023: la variazione già acquisita per l’anno in corso è del +1,8%, cui va aggiunto un profilo trimestrale che però sarà fiacco, soprattutto nella prima metà. E per il 2024 si prevede solo una limitata accelerazione, non tale da rilanciare con forza il PIL.
  • Aziende ancora pessimiste. Gli indicatori qualitativi diffusi a inizio 2023 forniscono segnali un po’ più confortanti rispetto alla fine del 2022, ma le imprese continuano a valutare negativamente lo scenario per gli investimenti. Dall’indagine Banca d’Italia sul 1° trimestre emerge che i giudizi sulle condizioni per investire sono divenuti meno negativi, sia per industria e servizi (-17,6% il saldo delle risposte, -45,0% in media nel 2022), che per le costruzioni (-26,4% da -46,3%). Ma la quota di imprese che si aspetta di accrescere gli investimenti nei prossimi sei mesi è in calo (industria e servizi 14,7%, da 21,1%; costruzioni 18,1% da 23,1%), sebbene resti storicamente alta (8,3% e 2,9% nel 2019).
  • Non solo imprese. Gli investimenti fissi, in Italia come nelle altre economie avanzate, sono realizzati soprattutto dalle imprese: il 67,6%, includendo il settore finanziario e le imprese individuali; a prezzi correnti, nel 2022, si tratta di 266 miliardi su un totale di 416. Non va dimenticato, dunque, che sono investimenti fissi anche le spese delle famiglie in abitazioni (19,6% del totale) e le spese in conto capitale realizzate dal settore pubblico (12,8%). L’espansione degli investimenti nel 2022 è stata ottenuta soprattutto con i +37 miliardi delle imprese, ma anche grazie ai +14 miliardi di spese strutturali in abitazioni sostenute dalle famiglie.
  • Motivi della frenata. Vari fattori contribuiscono al ridimensionamento della crescita degli investimenti nel 2023-24, insieme all’indebolimento della domanda domestica e internazionale soprattutto quest’anno:

1) la graduale riduzione delle agevolazioni fiscali in campo edilizio, che attenuerà quest’anno il contributo delle costruzioni rispetto al 2021-22, in particolare nell’ambito degli investimenti in abitazioni delle famiglie;

2) i margini operativi delle imprese italiane che sono stati messi sotto pressione nell’ultimo biennio dai rincari di commodity ed energia. Nella manifattura, in media, il MOL si è ridotto nel 2022 di 1,8 punti di fatturato dal 2019, con flessioni in quasi tutti i settori industriali (stime CSC). Ciò riduce la capacità di autofinanziamento;

3) il maggior onere per interessi a carico delle imprese che, ai valori attuali dei tassi (che potrebbero però salire ancora), crescerà di quasi 7 miliardi in un anno, pesando sui margini operativi già compressi;

4) le condizioni di offerta più stringenti per il credito che, insieme al minor fabbisogno a breve per le bollette energetiche e al freno che i maggiori tassi pongono alla stessa domanda, hanno bruscamente fermato da fine 2022 i prestiti bancari erogati alle imprese, portandoli poi in negativo (-0,5% annuo a febbraio 2023);

5) i depositi bancari delle imprese, cresciuti molto nel 2020-21, hanno subito di recente un brusco ridimensionamento, pari al -12,9% a febbraio 2023 rispetto a luglio scorso (-56 miliardi). Tale calo è ancor più preoccupante se si considera che le disponibilità liquide delle imprese sono storicamente correlate alla crescita economica e quindi normalmente hanno un trend crescente, simile a quello del PIL nominale.

  • Cruciale l’implementazione del PNRR. Per i motivi indicati sopra, non vi sono nei bilanci delle imprese italiane risorse facilmente utilizzabili per finanziare nuovi investimenti fissi. In positivo, può però agire la crescita attesa per gli investimenti in fabbricati non residenziali e in macchinari e attrezzature legata alla spesa delle risorse previste dal PNRR e dagli altri fondi europei. Ciò richiede di implementare bene tale Piano per sostenere gli investimenti, in particolare quelli in tecnologie digitali e per l’efficienza energetica, e per alzare finalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana nei prossimi anni.

Scarica la congiuntura flash di aprile

Fonte: Centro Studi Confindustria

Piantedosi, confronto in videoconferenza con sindaci, prefetti e questori di 11 città

Piantedosi, confronto in videoconferenza con sindaci, prefetti e questori di 11 città

Iniziative condivise per rafforzare la sicurezza urbana sulla scorta delle operazioni “alto impatto” già avviate a Roma, Milano e Napoli

Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha incontrato questa sera, in videoconferenza, i Sindaci, i Prefetti ed i Questori delle città metropolitane di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Palermo, Reggio Calabria, Torino e Venezia.

Il titolare del Viminale ha preannunciato l’intenzione di estendere, a tutte le città metropolitane del Paese, le iniziative già proficuamente avviate dallo scorso gennaio a Roma, Napoli e Milano per migliorare la sicurezza nelle aree urbane.

Si tratta, in particolare, del modello operativo già sperimentato nelle tre principali realtà metropolitane per l’intensificazione – sotto la regia del Dipartimento di pubblica sicurezza – delle operazioni straordinarie, cc.dd. “ad alto impatto”, realizzate con l’impiego di personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e con la collaborazione delle Polizie locali e altre amministrazioni interessate.

Queste operazioni verranno attuate anche nelle altre città metropolitane a seguito della condivisione della loro pianificazione con i Sindaci in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Ciò al fine di garantire più sicurezza sui territori, assicurando una presenza maggiore e visibile delle Forze di polizia e offrendo una più efficace risposta al bisogno di protezione in zone dove la percezione di insicurezza è molto diffusa.

La realizzazione di queste attività sarà supportata dall’impiego dedicato delle risorse del “Fondo sicurezza urbana”. In merito, il Viminale sta già lavorando per una ripartizione di tali risorse in grado di sostenere le progettualità elaborate dai comuni per rafforzare la sicurezza urbana.

Il tavolo già attivato al ministero dell’Interno per la riforma del “Testo unico sull’ordinamento degli enti locali” sarà inoltre la sede in cui verranno valutate le proposte di intervento normativo formulate dalle città metropolitane per rendere più efficace le azioni a tutela della sicurezza delle comunità.

Fonte: Ministero dell’Interno

Focus a Potenza sulla sicurezza dei presidi sanitari

Focus a Potenza sulla sicurezza dei presidi sanitari

l prefetto: essenziale uno stretto raccordo con le Forze dell’ordine in contesti caratterizzati da condizioni di vulnerabilità, fragilità e dolore

Il prefetto di Potenza Michele Campanaro ha presieduto oggi in prefettura una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, convocata per un focus sul tema della sicurezza dei presidi sanitari della provincia, anche in attuazione dell’ultima direttiva del Viminale.

Il titolare della prefettura ha subito sottolineato la necessità di potenziare la cornice di sicurezza dei presidi dislocati in provincia, a cominciare da quello del capoluogo, ribadendo che “è essenziale il più stretto raccordo con le Forze dell’ordine, a maggior ragione in contesti, come quello sanitario, dove quotidianamente il lavoro e la professionalità dei medici e degli operatori sanitari si intrecciano con condizioni di vulnerabilità, fragilità, frustrazione e dolore”.

Nel corso della riunione è stata condivisa una puntuale ricognizione degli episodi di violenza e aggressione nei confronti di operatori sanitari che hanno interessato la provincia nell’ultimo triennio. “Un’analisi che ha restituito un quadro rassicurante”, ha commentato il prefetto che ha comunque disposto, d’intesa col questore, un rafforzamento del posto di Polizia presso l’ospedale San Carlo, con estensione dei turni anche nella fascia oraria serale, sino alle ore 23.

All’attenzione del comitato, infine, gli episodi di condotte predatorie presso gli stessi presidi sanitari e la correlata necessità di rafforzare le misure di sicurezza passive. In tale direzione l’invito del prefetto al direttore generale del predetto ospedale e al referente dell’Asp di Potenza ad intervenire tempestivamente per programmare in tempi rapidi la messa in atto di misure di vigilanza passiva, costituendo allo scopo un tavolo tecnico con le Forze di polizia.

Fonte: Ministero dell’Interno