ASSIV al nuovo governo Meloni

di Maria Cristina Urbano

Il primo governo Meloni si è insediato ufficialmente in queste ore e, come ASSIV e comparto della vigilanza privata, siamo forse poco gentili nel mettere subito le mani nel piatto ricordando i tanti dossier aperti, ma è tempo di risposte concrete per un settore che ha investito ingenti somme di denaro negli scorsi anni per adeguarsi a norme sempre più stringenti e per essere competitivo da un punto di vista tecnologico con i tanti players internazionali che operano in Italia.

Partiamo dalla cosa forse più facile, alla luce anche dell’esperienza e delle prime dichiarazioni che il ministro Nordio ha rilasciato negli ultimi giorni: chiediamo al ministro della Giustizia che vigili sull’apparato amministrativo-giudiziario dello Stato affinché sia garantita la piena applicazione delle norme di settore, anche e soprattutto per quanto riguarda i principi contenuti nel Codice degli Appalti in materia di gare per servizi di sicurezza, riconosciuti come ad alta intensità di manodopera. È necessario quindi da un lato il rispetto degli ambiti esclusivi di competenza e l’applicazione reale del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa con contestuale divieto di offerte al ribasso sui costi del lavoro certificati, dall’altro l’inserimento della clausola sociale che tuteli i molti lavoratori della vigilanza.

Li abbiamo citati, i lavoratori. Ci rivolgiamo allora alla ministra del Lavoro Calderone affinché, anche attraverso interventi che possano abbattere il cuneo fiscale, faciliti il rinnovo del contratto collettivo nazionale scaduto da tempo, obiettivo per il quale ASSIV si è spesa senza risparmio in questi anni, mettendo sul piatto ogni miglioramento possibile, tenendo conto del contesto complessivo economico di grande incertezza che sta caratterizzando questi tempi. L’accordo, sempre ad un passo dall’essere chiuso, è stato recentemente nuovamente rimesso in discussione dai sindacati, che sembrano non rendersi conto dell’esiguità dei margini di guadagno nel settore della vigilanza privata e dei servizi fiduciari. Ecco, un occhio di riguardo nei confronti di chi contribuisce alla sicurezza del sistema Paese, in una fase nella quale la percezione di sicurezza è modesta in larga parte dei cittadini, potrebbe agevolare la chiusura di un accordo ragionevole per tutte le parti in causa. Perché, se è vero che non esiste azienda senza lavoratori, è pur vero il contrario…

Passiamo poi ai ministri della Difesa Crosetto e a quello degli Esteri Tajani affinché sia legittimata e regolamentata l’attività di PMSC e Security Contractors. Le nostre aziende non possono operare all’estero per la tutela degli assets e del personale italiano che vi opera, lasciando il campo ad aziende straniere che ne traggono grandi profitti. I dati ONU parlano di un mercato di più di 250 miliardi di dollari l’anno. La distorsione è ancora più evidente se si pensa al complesso di norme che obbligano il datore di lavoro a garantire la sicurezza, intesa sia come safety che come security, sui luoghi di lavoro ai propri dipendenti. Le aziende italiane che operano in aree geografiche critiche sono così costrette a far ricorso a contractors esteri, con perdita oltre che di una grande potenzialità di mercato, anche delle qualificate professionalità che potrebbero essere messe proficuamente in campo dagli operatori italiani (vedi sbocco professionale per il personale in uscita dalle Forze Armate). Per non parlare poi dell’accesso a dati sensibili da parte di aziende straniere ad assets italiani.

Ci rivolgiamo infine al ministero che vigila sul nostro operato e con il quale abbiamo avuto negli anni rapporti altalenanti, di leale collaborazione, ma purtroppo anche, talora, di totale chiusura alle nostre istanze. Chiediamo quindi al ministro dell’Interno Piantedosi di mantenere aperto quel canale di comunicazione tra i suoi uffici e la nostra associazione di categoria che tanti benefici ha garantito sino a poco tempo fa al sistema Italia. E, perché no, di valutare, sulla scia di alcune best practices, nonché di svariate deroghe al TULPS approvate nel corso degli ultimi anni, l’anacronistico superamento del limite imposto alla sicurezza privata della sola tutela dei beni. I tempi sono maturi affinché sia garantito alla vigilanza privata l’accesso a compiti di tutela della sicurezza pubblica, in forma sussidiaria e regolamentata, sempre in subordine ed in collaborazione con le Forze dell’Ordine, le quali potrebbero così ottimizzare l’impiego delle proprie risorse umane, strumentali e finanziarie per attività di più alto profilo.

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