Def 2021: Audizione del CNEL

Questo in esame è il secondo Documento di Economia e Finanza che viene predisposto in un contesto globale sconvolto dalla pandemia.

La diffusione del virus ha inferto un duro colpo al sistema economico e sociale italiano, con un impatto di tale gravità da interrompere bruscamente il lento processo di uscita dalla precedente doppia recessione. Il calo della produzione è stato eccezionale, per quanto molto disomogeneo, ed ha assorbito gli effetti del rimbalzo registrato nel III trimestre 2020, con l’illusione del rapido ritorno della produzione ai livelli precedenti alla pandemia.


Di fatto, a metà aprile 2021 l’Italia naviga in un mare incerto e si trova ancora dentro l’emergenza. La questione vaccinale è diventata il punto centrale: alcuni studi calcolano che, proseguendo con l’attuale media di vaccinazioni quotidiane, occorrerebbero ancora circa 290 giorni per “coprire” tutti gli italiani.

Il DEF 2021 esplicita che il raggiungimento della sostanziale immunità, da cui dipende in modo decisivo la ripresa, è collocato temporalmente nel prossimo mese di ottobre, e ciò conferma il quadro di profonda incertezza.

In questo DEF il Governo ha ritenuto di non includere il PNRR ma di considerare il PNRR, che ne diviene parte integrante e obbligatoria.

Va sottolineato che il Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, condiziona l’erogazione dei fondi al rispetto delle regole del fiscal compact e all’assolvimento delle ultime due Raccomandazioni, in base alle quali in Italia l’aumento della spesa corrente non deve superare l’1%, al netto delle spese contingenti causate dalla pandemia.

Sul piano formale, e nel merito del problema della revisione delle regole del Patto di stabilità e di crescita – più volte evocato da questo Consiglio – si ricorda che il PNRR costituisce un “rafforzativo” del Patto, perché ha il valore cogente, cioè obbligatorio per gli Stati e per i singoli cittadini e imprese, conferitogli dalla natura di Regolamento.


Le stime contenute nel DEF, che il Governo definisce peraltro prudenziali in quanto non inclusive degli effetti (positivi) delle riforme incluse nel PNRR, si basano sugli ultimi incoraggianti andamenti congiunturali, che lasciano intravedere una ragionevole possibilità che il debito possa essere nel medio termine sostenibile.

Va sottolineato che questa crisi è stata diversa da tutte le precedenti perché diversa è stata la reazione della politica economica. Il sostegno ai redditi, insieme ai provvedimenti di restrizione delle attività, ha consentito il raddoppio del risparmio delle famiglie. La discesa contenuta del tasso di investimento, molto inferiore a quanto accaduto nella crisi 2009, e la liquidità di sostegno alle imprese potrebbero pertanto determinare le condizioni per un avvio della ripresa appena le condizioni sanitarie lo consentiranno.

A conferma di quanto esposto, il DEF prevede un 4,1% di crescita, un valore che prima della crisi sarebbe stato ritenuto sbalorditivo e che aprirebbe lo scenario di un recupero totale nell’arco di pochi anni. L’impostazione espansiva che ha
ammortizzato in modo importante gli effetti devastanti della crisi viene riproposta anche per il 2021, anno nel quale il monte delle risorse destinate ai “sostegni” dovrebbe persino superare il dato del 2020 (122 mld rispetto ai 108).


Questa stessa impostazione negli anni prossimi sarà sostenuta nel quadro dei programmi NGEU, con una progressione dell’erogazione dei fondi che sarà tuttavia graduale e condizionata alla capacità del Paese di mettere a terra, in poco
tempo, una massa davvero inedita di investimenti.


Il tema del debito resta pertanto fondamentale: per quanto la quota di debito detenuta dagli operatori privati non sia cresciuta, grazie agli ingenti acquisti operati dalle banche centrali, la sostenibilità dipenderà tutta dalla capacità del
Paese di mettere a frutto le risorse per le quali esso si sta indebitando. Perché la manovra abbia successo occorre realizzare un differenziale favorevole tra tasso di crescita del PIL e tasso medio del costo del debito per interessi.

In allegato il documento completo

Fonte: CNEL