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Il dovere di protezione. Safety e Security: la tutela dei lavoratori nei contesti di crisi (Associazione Lavoro&Welfare – 20 ottobre 2025)

Si è svolto il 20 ottobre, a Roma, alla Camera dei Deputati, il Convegno “Il dovere di protezione. Safety e Security: la tutela dei lavoratori nei contesti di crisi” promosso dall’Associazione Lavoro&Welfare e da International SOS Foundation, moderato dal giornalista Roberto Arditti.

Nel corso del convegno, al quale ha partecipato un panel di esperti del settore e di figure delle Istituzioni, è stata messa in evidenza la necessità di adeguare agli standard internazionali l’approccio legislativo e della cultura d’impresa in Italia, coniugando nel concetto di “Duty of Care” – dovere di protezione – due priorità. La Safety – la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e la Security. Quest’ultima comprende, da un lato la salvaguardia delle operazioni e delle infrastrutture delle imprese e, dall’altro, l’obbligo, sia morale che legale, di tutelare la sicurezza fisica e il benessere dei dipendenti e collaboratori, ovunque questi operino. È da sottolineare il fatto che, ogni anno 100mila lavoratori italiani operano all’estero per imprese del nostro Paese.

“Quando 17 anni fa,  – ha affermato Cesare Damianopresidente dell’Associazione Lavoro&Welfare ed ex-ministro del Lavoro del secondo Governo Prodi – abbiamo realizzato il Decreto 81, quello che viene chiamato ‘Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro’, avevamo creato le condizioni legislative perché questo approccio sistemico venisse adottato. Il tema della security vi era compreso, anche se non normato in modo definito. È perciò giusto – lo dico da padre di quel provvedimento – integrarlo e aggiornarlo affinché la Sicurezza in questo Paese – e nella proiezione delle nostre imprese nel mondo fisico e digitale – preveda per tutti una completa copertura sui piani della Safety e della Security.”

Clicca per seguire la video-intervista rilasciata da Cesare Damiano all’agenzia Italpress

“La frammentazione normativa attuale – ha spiegato nel suo intervento il professor Umberto Saccone, autore del volume “Il dovere di protezione” – richiede una visione olistica e un ‘governo della sicurezza’ unificato, capace di armonizzare i diversi livelli su cui si articola la materia. Per questo, occorre promuovere un linguaggio comune della sicurezza e avviare una riforma fondata su tre direttrici: integrare Safety e Security nel mondo del lavoro, attraverso l’aggiornamento del decreto 81, defiscalizzare gli oneri per la sicurezza aziendale e creare un forte partenariato pubblico-privato per sostenere questo processo.”

Nicola Minasi, Capo dell’Unità di Crisi del Maeci, ha illustrato i servizi che l’Unità di Crisi mantiene a supporto degli italiani che vivono, lavorano, viaggiano all’estero in caso di eventi critici. La registrazione sui servizi dell’Unità di Crisi sui viaggi in corso da parte di questi concittadini, così come da parte delle imprese, è necessaria per avere un “database” aggiornato e reagire tempestivamente di fronte alle situazioni critiche. Gli strumenti dell’Unità di Crisi sono direttamente accessibili alle aziende e ai cittadini a titolo gratuito. La prevenzione e la gradualità sono principi fondamentali per una adeguata protezione.

Alberto Pagani, studioso di intelligence e docente nell’area della sicurezza, ha messo in evidenza come nel settore del rischio, l’incertezza equivale al rischio. È facile cadere vittime di quel che viene definito ottimismo irrealistico finendo per sottovalutare la necessità di adottare misure adeguate come quelle richieste da un’autentica cultura della sicurezza. Questo causa, tra l’altro, che le imprese, ad eccezione delle più grandi, non si dotino di una figura dirigenziale specifica: il Security Manager.

Maria Cristina Urbano, presidente Assiv, Associazione Italiana Vigilanza e Servizi Fiduciari, ha sottolineato come l’Italia è matura per portare anche all’estero le attività e i servizi offerti dalle agenzie di sicurezza italiane. Questo perché la necessità di sicurezza è diventata transnazionale. L’impegno è tale da richiedere un intervento integrato pubblico-privato. Servono, dunque, nuove regole che permettano agli istituti di vigilanza italiani di operare all’estero. Questo anche perché la presenza di operatori stranieri nelle strutture italiane all’estero può creare un rischio sul piano dell’intelligence.
In Parlamento, da tre legislature, è incardinata una proposta di legge per autorizzare operatori italiani di sicurezza all’estero. Si tratta di una misura che avrebbe l’effetto ultimo di rafforzare la sicurezza nazionale.

Nicola Massimo Masciulli, Generale di Corpo d’Armata, Capo del Comando Interregionale “Ogaden” per il Sud dell’Arma dei Carabinieri, già Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della difesa, ha presentato il Decreto Ministeriale della Difesa diretto ad armonizzare le previsioni del TU 81 alla specificità dei compiti e delle funzioni delle Forze Armate, in attività operative e addestrative.

Matteo Mauri, Vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni della Camera dei Deputati ha sottolineato quanto il “dovere di protezione” abbia un valore sociale, tanto nella tutela dei lavoratori quanto negli aspetti di security, in considerazione del fatto che le violazioni cyber danneggino le imprese quanto i loro dipendenti. Oltre al fatto che possono rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale.
La cybersicurezza richiede una forte collaborazione pubblico-privato. Va perciò costruito un sistema normativo che permetta una prevenzione quanto più efficace possibile. Ciò, recuperando i ritardi che indubbiamente danneggiano il Paese. In questo senso, l’on. Mauri ha depositato, insieme ad altri colleghi, un disegno di legge per il contrasto efficace agli attacchi ransomware. Una legge che include il divieto di pagamento dei riscatti per i soggetti nel Perimetro nazionale e della NIS2, che prevede poteri di intervento rafforzati e anche un fondo a sostegno delle aziende che, pur avendo implementato la security digitale, abbiano subito danni da tali tipi di attacchi.

Walter Rizzetto, Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, ha rilevato quanto uno dei temi più importanti sia la differenza tra le grandi imprese che possono garantirsi la sicurezza e quelle più piccole che faticano a farlo. Da questo punto di vista, la leva fiscale può essere di grande utilità. Da sostenere ancor più perché la sicurezza è un elemento di produttività e competitività che va sostenuta.
Venendo al piano della difesa, ha ricordato Rizzetto, è importante la creazione della task force nazionale per la cybersicurezza annunciata dal ministro Crosetto con una dotazione di personale di 1500 elementi.
Il dovere di protezione poggia, per il presidente della Commissione Lavoro, su un castello normativo del quale va condivisa la necessità di cambiamento. Per Rizzetto, una proposta da adottare tutti insieme, in modo non partigiano, è lo sviluppo del partenariato pubblico-privato a pieno sostegno degli interessi nazionali.

Fonte: Lavoro&Welfare

«Le nostre imprese sono globali, ma la nostra sicurezza privata è ancora nazionale» – Huffington Post, 21 ottobre 2025

Le nostre imprese sono globali, ma la nostra sicurezza privata è ancora nazionale

di Maria Cristina Urbano

Proteggere lavoratori, infrastrutture e asset aziendali, soprattutto all’estero. È ciò che il diritto e la prassi internazionale definiscono come duty of care, il dovere di protezione che ogni datore di lavoro ha nei confronti dei propri dipendenti

Ogni giorno migliaia di imprese italiane operano all’estero, spesso in aree del mondo segnate da instabilità politica, rischio terroristico, criminalità o fragilità istituzionale. Proteggere lavoratori, infrastrutture e asset aziendali in questi contesti non è solo un obbligo etico: è un dovere giuridico e organizzativo. È ciò che il diritto e la prassi internazionale definiscono come duty of care, il dovere di protezione che ogni datore di lavoro ha nei confronti dei propri dipendenti.

Eppure, mentre la consapevolezza di questo principio cresce, l’Italia si trova di fronte a un paradosso: le nostre imprese sono globali, ma la nostra sicurezza privata è ancora “nazionale”, confinata da un quadro normativo che ne limita l’azione oltre i confini. Credo che questo sia uno dei punti centrali del dibattito che il nostro Paese deve affrontare con urgenza. Il settore della sicurezza privata italiano è oggi un comparto evoluto, professionalizzato, con competenze integrate di prevenzione, logistica, tecnologia e intelligence operativa. È parte attiva della tutela di infrastrutture critiche, grandi eventi, supply chain e siti industriali strategici.

Tuttavia, quando un’azienda italiana deve garantire la protezione del proprio personale in missione all’estero, è costretta nella maggior parte dei casi ad affidarsi a società di sicurezza straniere, spesso con costi elevati e minori garanzie di continuità operativa. Non perché in Italia manchino le competenze, ma perché manca una cornice normativa che consenta agli operatori di sicurezza privata di operare in modo legittimo e regolato fuori dal territorio nazionale. Esiste un precedente virtuoso, e dimostra che la via della regolamentazione è possibile e sicura: la legge del 107/2011 sull’antipirateria marittima, che ha autorizzato operatori di sicurezza privata italiani a operare armati a bordo di navi mercantili battenti bandiera italiana.

Quell’esperienza, pienamente conforme al diritto internazionale, ha mostrato che regolare significa dare strumenti a un sistema che già esiste per agire in modo trasparente, controllato e coordinato. Oggi in Parlamento è incardinata una proposta di legge che mira a colmare questa lacuna, consentendo agli operatori di sicurezza privata decretati e dipendenti da istituti di vigilanza autorizzati dal Ministero dell’Interno di operare all’estero. Si tratta di un testo che rappresenta la premessa per una riforma organica della materia e che, già nella scorsa legislatura, aveva raccolto il consenso di diverse forze politiche.

È un passo atteso da anni, che potrebbe finalmente allineare l’Italia agli standard europei e internazionali, mantenendo nel Paese il valore economico e professionale di un settore ad alta specializzazione e rafforzando il sistema di sicurezza complessivo. Ma la sfida, a mio avviso, non è soltanto normativa. Serve una visione strategica che definisca con chiarezza il ruolo dell’operatore di sicurezza italiana all’estero, una modifica del TULPS per superare i limiti territoriali, percorsi di formazione congiunta tra istituti di vigilanza e forze armate, una cabina di regia interministeriale che coordini Interno, Esteri, Difesa e Imprese, e strumenti economici come incentivi fiscali o premialità per le aziende che adottano protocolli di sicurezza certificati. Credo che l’obiettivo debba essere quello di costruire un autentico modello italiano di sicurezza internazionale, fondato su competenza, legalità, responsabilità e collaborazione istituzionale. La sicurezza privata all’estero non è una minaccia, non è un’anomalia. È una necessità per un Paese che vuole essere competitivo, moderno e responsabile. Regolare il settore significa riconoscerne il ruolo strategico nel proteggere non solo i lavoratori, ma anche il know-how, le infrastrutture e la reputazione delle nostre imprese nel mondo.

Come ho ricordato nel corso del convegno “Il Dovere di Protezione – Safety & Security: la tutela di lavoratori e aziende nei contesti di crisi”, ospitato alla Camera dei Deputati lo scorso 20 ottobre , è il momento di superare la diffidenza verso la sicurezza privata e valorizzarne la funzione come pilastro complementare della sicurezza nazionale. Solo così potremo dire che l’Italia tutela davvero il proprio capitale umano e produttivo, non solo entro i confini, ma ovunque operi la sua economia. È in questa direzione che, come presidente di ASSIV, intendo continuare a impegnarmi: per promuovere una cultura della sicurezza come valore strategico per la crescita del Paese e per la tutela delle persone, delle imprese e degli interessi nazionali, dentro e fuori i nostri confini.

Leggi l’articolo sull’Huffington Post

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Integrare Safety e Security nei processi aziendali, nella legislazione e contrattazione a “Il dovere di protezione” alla Camera dei Deputati (S News – 21 Ottobre)

Si è tenuto lunedì 20 ottobre alla Camera dei Deputati a Roma il Convegno “Il dovere di protezione. Safety e Security: la tutela dei lavoratori nei contesti di crisi” promosso dall’Associazione Lavoro&Welfare, da International SOS Foundation e seguito da S News.

A margine dei lavori, è stato presentato il volume “Il Dovere di Protezione” di Umberto SacconeSenior Strategic Advisor di International SOS.

L’evento alla Camera dei Deputati

Il panel di autorevoli esperti del settore e di figure delle Istituzioni ha messo in evidenza la necessità di adeguare agli standards internazionali l’approccio legislativo e della cultura d’impresa in Italia, coniugando nel concetto di “Duty of Care” – dovere di protezione – due priorità: la Safety, ovvero la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e la Security, che, è stato sottolineato, comprende, da un lato la salvaguardia delle operazioni e delle infrastrutture delle imprese e, dall’altro, l’obbligo, sia morale che legale, di tutelare la sicurezza fisica e il benessere dei dipendenti e collaboratori, ovunque questi operino, considerato che, ogni anno, 100mila lavoratori italiani operano all’estero per imprese italiane.

Il Decreto 81 e l’integrazione della Security

“Quando 17 anni fa,  – ha evidenziato Cesare Damianopresidente dell’Associazione Lavoro&Welfare ed ex-ministro del Lavoro del secondo Governo Prodi – abbiamo realizzato il Decreto 81, quello che viene chiamato ‘Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro’, avevamo creato le condizioni legislative perché questo approccio sistemico venisse adottato. Il tema della security vi era compreso, anche se non normato in modo definito. È perciò giusto, lo dico da padre di quel provvedimento, integrarlo e aggiornarlo affinché la Sicurezza in questo Paese, e nella proiezione delle nostre imprese nel mondo fisico e digitale, preveda per tutti una completa copertura sui piani della Safety e della Security”.

Un approccio olistico alla sicurezza

“La frammentazione normativa attuale – ha commentato il professor Umberto Saccone, autore del volume “Il dovere di protezione” – richiede una visione olistica e un ‘governo della sicurezza’ unificato, capace di armonizzare i diversi livelli su cui si articola la materia. Per questo, occorre promuovere un linguaggio comune della sicurezza e avviare una riforma fondata su tre direttrici: integrare Safety e Security nel mondo del lavoro, attraverso l’aggiornamento del decreto 81, defiscalizzare gli oneri per la sicurezza aziendale e creare un forte partenariato pubblico-privato per sostenere questo processo”.

L’incertezza come fattore di rischio

Alberto Paganistudioso di intelligence e docente nel settore della sicurezza, ha messo in evidenza come nel settore del rischio, l’incertezza equivale al rischio. È facile cadere vittime di quel che viene definito ottimismo irrealistico finendo per sottovalutare la necessità di adottare misure adeguate come quelle richieste da un’autentica cultura della sicurezza. Questo causa, tra l’altro, che le imprese, ad eccezione delle più grandi, non si dotino di una figura dirigenziale specifica: il Security Manager.

Il ruolo dell’Unità di Crisi del Maeci

Nicola MinasiCapo dell’Unità di Crisi del Maeci, ha illustrato i servizi che l’Unità di Crisi mantiene a supporto degli italiani che vivono, lavorano, viaggiano all’estero in caso di eventi critici. La registrazione sui servizi dell’Unità di Crisi sui viaggi in corso da parte di questi concittadini, così come da parte delle imprese, è necessaria per avere un “database” aggiornato e reagire tempestivamente di fronte alle situazioni critiche. Gli strumenti dell’Unità di Crisi sono direttamente accessibili alle aziende e ai cittadini a titolo gratuito. La prevenzione e la gradualità sono principi fondamentali per una adeguata protezione.

La sicurezza transnazionale

Maria Cristina Urbanopresidente Assiv, Associazione Italiana Vigilanza e Servizi Fiduciari, ha sottolineato come l’Italia è matura per portare anche all’estero le attività e i servizi offerti dalle agenzie di sicurezza italiane. Questo perché la necessità di sicurezza è diventata transnazionale. L’impegno è tale da richiedere un intervento integrato pubblico-privato. Servono, dunque, nuove regole che permettano agli istituti di vigilanza italiani di operare all’estero. Questo anche perché la presenza di operatori stranieri nelle strutture italiane all’estero può creare un rischio sul piano dell’intelligence.

In Parlamento, da tre legislature, è incardinata una proposta di legge per autorizzare operatori italiani di sicurezza all’estero. Si tratta di una misura che avrebbe l’effetto ultimo di rafforzare la sicurezza nazionale.

Il Decreto Ministeriale della Difesa

Nicola Massimo MasciulliGenerale di Corpo d’ArmataCapo del Comando Interregionale “Ogaden” per il Sud dell’Arma dei Carabinieri, già Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della difesa, ha presentato il Decreto Ministeriale della Difesa diretto ad armonizzare le previsioni del TU 81 alla specificità dei compiti e delle funzioni delle Forze Armate, in attività operative e addestrative.

La cybersicurezza come priorità nazionale

Matteo MauriVicepresidente della Commissione Affari Costituzionalidella Presidenza del Consiglio e Interni della Camera dei Deputati ha sottolineato quanto il “dovere di protezione” abbia un valore sociale, tanto nella tutela dei lavoratori quanto negli aspetti di security, in considerazione del fatto che le violazioni cyber danneggino le imprese quanto i loro dipendenti. Oltre al fatto che possono rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale.

La cybersicurezza richiede una forte collaborazione pubblico-privato. Va perciò costruito un sistema normativo che permetta una prevenzione quanto più efficace possibile. Ciò, recuperando i ritardi che indubbiamente danneggiano il Paese. In questo senso, l’on. Mauri ha depositato, insieme ad altri colleghi, un disegno di legge per il contrasto efficace agli attacchi ransomware. Una legge che include il divieto di pagamento dei riscatti per i soggetti nel Perimetro nazionale e della NIS2, che prevede poteri di intervento rafforzati e anche un fondo a sostegno delle aziende che, pur avendo implementato la security digitale, abbiano subito danni da tali tipi di attacchi.

Le sfide per le piccole imprese e lo sviluppo del partenariato pubblico-privato

Walter RizzettoPresidente Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, ha rilevato quanto uno dei temi più importanti sia la differenza tra le grandi imprese che possono garantirsi la sicurezza e quelle più piccole che faticano a farlo. Da questo punto di vista, la leva fiscale potrebbe essere di grande utilità. Da sostenere ancor più perché la sicurezza è un elemento di produttività, competitività e reputazione. Venendo al piano della difesa, Rizzetto ha ricordato che è importante la creazione della task force nazionale per la cybersicurezza annunciata dal ministro Guido Crosetto con una dotazione di personale di 1500 elementi.

Il dovere di protezione poggia, per il presidente della Commissione Lavoro, su un castello normativo del quale va condivisa la necessità di cambiamento. Per Rizzetto, una proposta da adottare tutti insieme, in modo trasversale, è lo sviluppo del partenariato pubblico-privato a pieno sostegno degli interessi nazionali.

Fonte: S News

ASSIV al convegno “Il Dovere di Protezione – Safety & Security: la tutela di lavoratori e aziende nei contesti di crisi”

La Dott.ssa Maria Cristina Urbano, Presidente di ASSIV – Associazione Italiana Vigilanza e Servizi Fiduciari, ha partecipato al convegno “Il Dovere di Protezione”, promosso da Lavoro & Welfare in collaborazione con International SOS Foundation, portando il punto di vista del comparto della sicurezza privata.

Nel suo intervento, dal titolo “Sicurezza privata all’estero fra opportunità e criticità”, la Presidente Urbano ha sottolineato come il dovere di protezione (duty of care) non rappresenti soltanto un principio morale, ma una vera e propria responsabilità legale e organizzativa che incombe su ogni datore di lavoro, soprattutto quando l’attività si svolge in contesti internazionali complessi e potenzialmente a rischio.

Oggi, infatti, migliaia di imprese italiane operano stabilmente all’estero, spesso in Paesi segnati da instabilità politica, criminalità, terrorismo o catastrofi ambientali. In tali scenari – ha ricordato la presidente Urbano – il sistema pubblico da solo non è sufficiente a garantire adeguati livelli di protezione. Da qui la necessità di un partenariato pubblico-privato sempre più stretto, in grado di assicurare una sicurezza “partecipata” e resiliente.

La Presidente ha posto anche l’attenzione su un paradosso tutto italiano: molte imprese nazionali, pur disponendo di competenze e professionalità di alto livello, sono costrette ad affidarsi a società di sicurezza estere per tutelare i propri dipendenti e asset fuori dai confini nazionali. Ciò accade perché manca ancora una cornice normativa che consenta agli operatori della sicurezza privata di operare legalmente all’estero.

Un adeguamento normativo – ha spiegato la dott.ssa Urbano – permetterebbe non solo di valorizzare le competenze italiane, ma anche di rafforzare la competitività del sistema Paese, mantenendo in Italia il valore economico e professionale generato dal comparto.

Nel suo intervento, la Presidente ha inoltre richiamato esperienze positive già maturate, come la legge sull’antipirateria marittima del 2011, che ha autorizzato personale di sicurezza privata italiano, proveniente dalle Forze Armate, a operare armato a bordo di navi mercantili battenti bandiera italiana. Un modello che ha funzionato, dimostrando come una norma chiara e controllata possa garantire efficacia e legalità.

In questa prospettiva, la dott.ssa Urbano ha ricordato la proposta di legge attualmente in discussione in Parlamento, volta a consentire agli operatori di sicurezza privata decretati di operare all’estero per proteggere lavoratori e imprese italiane. Una riforma che, se approvata, potrebbe dare vita a un vero e proprio “modello italiano di sicurezza internazionale”, basato su regole chiare, formazione qualificata, cooperazione istituzionale e incentivi economici mirati.

La sicurezza privata all’estero non è una minaccia, non è un’anomalia. È una necessità – ha concluso la Presidente Urbano – e, se ben regolata, può diventare una grande opportunità per il nostro Paese. Possiamo costruire un modello fondato su competenza, legalità e collaborazione, capace di rendere più sicure le nostre imprese, più tutelati i nostri lavoratori e più forte la presenza dell’Italia nel mondo.”

ASSIV continuerà a promuovere e diffondere la cultura della sicurezza come valore fondamentale per il lavoro, per le imprese e per la società.

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