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Istat: rilevazione delle attività economiche per l’implementazione della nuova classificazione ATECO 2025

Istat: rilevazione delle attività economiche per l’implementazione della nuova classificazione ATECO

La Rilevazione delle attività economiche per l’implementazione della nuova classificazione Ateco è stata predisposta al fine di verificare le attività economiche svolte dalle imprese a seguito del processo di revisione della classificazione Ateco in cui l’Istat è attualmente impegnato.
La nuova classificazione Ateco 2025 entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2025 per la produzione e la divulgazione di tutte le statistiche economiche realizzate dall’Istat.  

Chi risponde

Le imprese del Registro statistico delle imprese attive, comprese le imprese della sicurezza privata.

Si tratta di una rilevazione campionaria che coinvolge circa 150 mila unità in possesso di credenziali di accesso al sistema del Portale delle Imprese a cui occorre far riferimento per rispondere alla rilevazione stessa.

Qual è il periodo di rilevazione

La rilevazione si svolge dal 15 aprile al 31 luglio 2024

Come fornire i dati e le informazioni richieste

Attraverso il Portale statistico delle imprese si accede alla  sezione “Rilevazioni del Portale” e compilare il questionario “Rilevazione delle attività economiche per l’implementazione della nuova classificazione ATECO 2025”.

Come consultare i risultati dell’indagine

Non è prevista alcuna pubblicazione dei risultati d’indagine trattandosi di una rilevazione che ha come obiettivo prioritario quello di consentire la riclassificazione delle unità del Registro statistico delle imprese attive (Asia) in base alla nuova classificazione ATECO 2025 migliorandone la qualità del contenuto informativo.

Tutela della riservatezza

Base giuridica: i dati sono trattati per la produzione di informazione statistica ufficiale e, quindi, per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico affidato all’Istat (art. 1, comma 2, e art. 15 d.lgs. n. 322/1989); Regolamento (UE) 2019/2152 che disciplina i registri di imprese a fini statistici; Decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 art. 15, comma 1 lett. e “L’Istat provvede alla predisposizione delle nomenclature e metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei fenomeni di carattere demografico, economico e sociale. Le nomenclature e le metodologie sono vincolanti per gli enti ed organismi facenti parte del Sistema statistico nazionale”.

Le informazioni raccolte, tutelate dal segreto statistico (art. 9 d.lgs. n. 322/1989), potranno essere utilizzate, anche per successivi trattamenti, dai soggetti del Sistema statistico nazionale, esclusivamente per fini statistici, e potranno essere comunicate alla Commissione europea (EUROSTAT) (Regolamento n. 2152/2019).

Titolare dei dati e responsabile del trattamento

I dati saranno diffusi in forma aggregata in modo tale che non sia possibile risalire ai soggetti a cui si riferiscono, assicurando così la massima riservatezza.

I responsabili del trattamento statistico dei dati raccolti nell’ambito della presente indagine sono il Direttore della Direzione Centrale per le statistiche economiche e il Direttore della Direzione centrale per la raccolta dati.

Contatti

Per informazioni e/o chiarimenti
Numero verde gratuito
800.188.847 
dal lunedì al venerdì ore 9.00 – 13.00

Fonte: ISTAT

CONFINDUSTRIA: CONGIUNTURA FLASH CALANO EXPORT E PRODUZIONE INDUSTRIALE, DEBOLI I CONSUMI, ELETTRICITA’ ANCORA CARA

Dalla pagina ufficiale Centro Studi di Confindustria.

Di seguito il link per leggere il comunicato completo

Quadro complicato. Il dollaro debole sull’euro, dovuto anche ai tagli dei tassi FED, continua a frenare l’export italiano nel 4° trimestre, insieme ai dazi USA. Scricchiola di nuovo la fiducia delle famiglie e quindi le attese sui consumi. L’industria fa ancora fatica. A favore giocano gli investimenti (grazie in larga parte al PNRR), i servizi (tirati dal turismo straniero), il calo del prezzo del petrolio.

Tassi moderati in Italia. A dicembre per alcuni giorni il rendimento dei BTP è sceso sotto quello dei titoli francesi, nella media del mese sono in linea: 3,49% in Italia (+0,57 lo spread sulla Germania), 3,48% in Francia (+0,56). Quelli spagnoli sono più bassi: 3,23% il tasso, +0,30 lo spread. Con tassi BCE fermi (2,00%) il costo del credito alle imprese italiane non scende più (3,52% a ottobre, quasi come a luglio).

Tagli FED, dollaro debole. La Banca Centrale USA ha ridotto i tassi ufficiali per la terza seduta di fila (3,75% a dicembre), preoccupata della frenata dell’occupazione, annunciando altri ribassi senza un timing definito. Questo contribuisce a un dollaro svalutato sull’euro: 1,17 a dicembre, vicino al picco.

Elettricità ancora cara. Prosegue il lento calo del prezzo del petrolio (63 dollari al barile a dicembre), poco sotto la media 2019; anche il prezzo del gas scende (27 euro/MWh), ma è ancora doppio rispetto ai valori pre-2022. Perciò, l’inflazione al consumo in Italia è moderata (+1,1% a novembre), ma il costo dell’elettricità per le imprese resta alto: 0,28 euro/KWh, contro 0,18 in Francia e 0,17 in Spagna.

Investimenti: ancora buoni segnali. Dopo la positiva performance nel 3° trimestre, restano favorevoli gli indicatori per gli investimenti in impianti e macchinari a fine 2025: a novembre salgono i consumi elettrici, nel 4° in media si mantiene elevata la fiducia delle imprese di beni strumentali (soprattutto le attese di produzione) e anche quella delle imprese di costruzioni nonostante un lieve calo recente.

Consumi: scarsa fiducia. A ottobre le vendite al dettaglio sono cresciute (+0,5%, ma nulla la variazione acquisita per il 4° trimestre) e a novembre le vendite di auto sono aumentate moderatamente. Inoltre, il numero di occupati, dopo il calo a luglio-agosto, è tornato in espansione a settembre-ottobre. La fiducia delle famiglie, però, si è bruscamente ridotta a novembre, recuperando solo in parte a dicembre.

Servizi in accelerazione. RTT (CSC-TeamSystem) segnala che a ottobre prosegue l’espansione dei servizi, dopo il recupero pieno di settembre. A novembre, l’HCOB-PMI (55,0 da 54,0) suggerisce un buon ritmo di crescita nel 4°, confermato dal balzo a dicembre della fiducia delle imprese del settore.

Industria ancora debole. La produzione industriale è tornata a calare a ottobre (-1,0%), come anticipato da RTT, portando la variazione acquisita nel 4° trimestre a -0,1%. Nei primi 10 mesi, è evidente il recupero di metallurgia e mobili, ma restano le difficoltà di moda e automotive. In novembre, però, il PMI è tornato in area espansiva (50,6) e la fiducia delle imprese resta su un trend positivo a dicembre.

Export in calo. A ottobre deboli gli scambi italiani di beni: quasi fermo l’import (+0,3% a prezzi correnti), scende l’export (-3,0%, dopo +2,9% a settembre), per il crollo degli strumentali (-8,5%; -1,1% al netto delle navi). Le vendite sono invece in crescita tendenziale in pochi settori (soprattutto farmaceutica) e in poche destinazioni (Svizzera, OPEC, Francia, Spagna, ma anche gli stessi USA). Le prospettive per l’export restano negative, con un nuovo calo degli ordini manifatturieri esteri a dicembre.

Eurozona: meglio i servizi dell’industria. A ottobre la produzione industriale è cresciuta nei principali paesi: di più in Germania e Spagna (+1,1% e +1,0%), meno in Francia (+0,4%). A novembre, però, il PMI manifattura è calato nei tre paesi, restando espansivo solo in Spagna. Nei servizi, invece, il PMI è risalito in territorio positivo anche in Francia, frenando di poco negli altri due paesi. Per l’aggregato Eurozona, inoltre, migliorano lievemente la fiducia e le aspettative sull’occupazione.

USA: l’economia rallenta. Il PMI composito a novembre rimane espansivo, ma è sceso (54,2 punti), a causa del calo dei servizi (54,1) e della manifattura (52,2). Quest’ultima, in particolare, presenta un quadro nel complesso debole: ISM e PMI di Chicago si confermano su valori recessivi, come vari indicatori territoriali della FED. Il mercato del lavoro americano a metà dicembre è peggiorato, come segnalato da un rapido aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione.

Cina: riparte l’export. Frena l’industria cinese, con la produzione a novembre al +4,8% annuale (da +4,9%), in linea con il PMI (49,9 da 50,6). In controtendenza l’export, tornato a crescere a novembre (+5,9%, da -1,1%): sebbene le vendite negli USA siano crollate (-28,6%), sono cresciute verso altri mercati (Sud-Est asiatico +8,4%, Africa +28,0%, UE +14,8%). La domanda interna, però, segna la crescita minore dalle politiche “zero-Covid” (2022), con le vendite al dettaglio al +1,3% (da +2,9%).

Ancora in crescita il turismo grazie agli stranieri

Spesa dei turisti stranieri in aumento. Il turismo straniero ha accelerato l’espansione a ottobre (+7,4% annuo la spesa), se valutato a prezzi correnti. La spesa degli stranieri in Italia è stimata chiudere l’anno a circa 57 miliardi, con un +5,2% sul 2024. Il flusso di turismo in uscita, cioè gli italiani all’estero, cresce a ritmi minori (+3,1% nel 2025) e resta più basso. Il saldo turistico dell’Italia, quindi, è largamente in attivo e crescente negli ultimi anni (+23 miliardi stimati nel 2025, da +21 nel 2024), fornendo un contributo importante alla solidità dei nostri conti con l’estero.

In leggero calo gli arrivi, al picco storico le presenze. Gli arrivi turistici in Italia avevano toccato nel 2024 un picco di 140 milioni (+4,5% sul 2023). Nel 2025 è stimato invece un lieve calo, a 138 milioni (-1,4%), con i dati disponibili fino a settembre. Gli arrivi di turisti stranieri in Italia (75 milioni nel 2025, da 65 nel 2019), pur frenando, continuano a crescere debolmente (+0,9%), mentre calano quelli di turisti italiani (63 milioni, pari ora al 46% del totale, -3,9% nel 2025), dopo il recupero registrato fino al 2023, tornando così ben sotto al livello del 2019 (66 milioni). In aumento però le presenze: +10 milioni, al picco storico (476 milioni di notti) grazie all’aumento della permanenza media.

Aumentano i prezzi dei servizi turistici. L’espansione della spesa turistica a prezzi correnti, mentre gli arrivi ristagnano, è spiegata in misura significativa dall’aumento dei listini. I prezzi turistici, infatti, sono quelli che crescono di più in Italia: per i prezzi dei “servizi ricettivi e di ristorazione” la variazione acquisita per il 2025 con dati fino a novembre è di +3,4%, più del doppio della dinamica totale dei prezzi al consumo (+1,5%). Oltre a questi, contano anche altri prezzi, come quelli di “musei-parchi” pure essi in forte rialzo (+2,9% nel 2025).

Presenze concentrate nel Centro-Nord. Secondo gli ultimi dati dell’Istat che consentono una disaggregazione territoriale, i turisti in Italia nel 2024 si sono distribuiti soprattutto al Nord-Est (38,8%), al Centro (24,7%) e al Nord-Ovest (17,0%). Più basse le presenze al Sud (12,3%) e nelle Isole (7,1%). Le regioni del Nord e del Centro ospitano un turismo in prevalenza straniero (57-58%), mentre quelle del Sud prevalentemente italiano (64%) e le Isole registrano delle quote quasi pari (51% di stranieri).

Turismo legato ai grandi centri urbani. Le grandi città hanno assorbito il 22% delle presenze turistiche in Italia, seguite dai comuni con vocazione marittima (19%), soggetti però a una maggiore stagionalità. La provincia di Roma e quella di Venezia da sole hanno registrato rispettivamente 47 e 38 milioni di notti trascorse dai turisti, ovvero il 10% e l’8% del totale delle presenze turistiche nel 2024.

I brand turistici assorbono quasi un terzo delle presenze. Nei “brand” turistici territoriali, ovvero territori geografici o aree specifiche con un’identità forte e un’immagine ben definita a livello internazionale, nel 2024 sono state trascorse 133 milioni di notti (il 29%). I turisti si sono concentrati soprattutto sul Lago di Garda e la Riviera Romagnola, che assorbono ciascuno circa un quinto delle presenze nei “brand”, con una netta prevalenza di stranieri nel primo caso (22 milioni contro 4), di italiani nel secondo (20 milioni contro 6).

Piccole mete internazionali in forte crescita. Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, le mete internazionali più in crescita in termini di arrivi di turisti stranieri sono il Qatar (+130% nel 2024 sul 2019, che arriva a +138% nei primi 9 mesi del 2025), il Bhutan (+127% e +203%), l’Albania (+85% e +83%), le Seychelles (+83% e +106%). L’Italia, pur senza registrare questi elevati tassi di crescita, si mantiene tra i primi posti per arrivi turistici: è terza tra le mete europee, dietro la Spagna (prima al Mondo) che di recente ha superato la Francia. Ma se quei tassi di espansione di nuove mete internazionali dovessero proseguire nel medio termine, si potrebbe avere una crescente pressione sulle destinazioni nostrane.

Turismo cruciale per il PIL. Le analisi statistiche dimostrano che il settore turistico in Italia rappresenta una fetta significativa di PIL e occupati. Negli ultimi anni, la sua crescita ha puntellato la dinamica per altri versi anemica dell’economia italiana: è cruciale rilanciare gli arrivi turistici per continuare a contare su tale motore.

Podcast ASSIV | Sicurezza marittima e nuove minacce sulle rotte commerciali internazionali

Prosegue la pubblicazione dei Podcast ASSIV registrati in occasione di Sicurezza 2025 – Fiera Milano, con un nuovo approfondimento dedicato alla sicurezza marittima nelle aree più sensibili delle rotte commerciali internazionali.

L’episodio è dedicato a uno scenario in costante evoluzione che coinvolge aree strategiche come Golfo di Aden, Oceano Indiano, Bacino Somalo e Golfo di Guinea, oggi al centro di crescenti tensioni geopolitiche e di nuove forme di minaccia alla navigazione commerciale.

Ospite del podcast è Stefano Rákos, Intelligence Manager di Praesidium International, che offre un’analisi puntuale sull’evoluzione della pirateria marittima, fenomeno ciclico che non è mai realmente scomparso ma che si è progressivamente adattato ai mutamenti del contesto internazionale, tecnologico e operativo.

Nel corso della conversazione viene approfondita la trasformazione del ruolo delle Guardie Particolari Giurate (GPG) impiegate in ambito marittimo, oggi chiamate a possedere competenze sempre più avanzate. Accanto alla preparazione operativa, assumono infatti un ruolo centrale le capacità linguistiche, relazionali e di gestione del rischio, indispensabili per operare in contesti complessi e multiculturali.

Il podcast affronta inoltre il tema delle nuove minacce multidominio, che vanno oltre la pirateria tradizionale e includono l’impiego di droni, missili e barchini esplosivi, evidenziando come questi strumenti stiano modificando gli scenari di rischio e le modalità di protezione delle unità navali.

Ampio spazio viene dedicato al valore strategico dell’intelligence, considerata elemento imprescindibile nella pianificazione delle operazioni di sicurezza marittima, soprattutto in un quadro internazionale caratterizzato da forte instabilità geopolitica e da rapide evoluzioni degli equilibri regionali.

Un contributo di grande interesse per operatori del settore, istituzioni e imprese, utile a comprendere come sta cambiando la maritime security e quali sono i rischi emergenti che incidono sulla sicurezza della navigazione commerciale internazionale.

Istat, Mercato del lavoro: segnali di rallentamento nel III trimestre 2025

Crescono le ore lavorate e il costo del lavoro, criticità per i servizi labour intensive

I dati ISTAT relativi al terzo trimestre 2025 delineano un quadro del mercato del lavoro caratterizzato da dinamiche contrastanti: a fronte di un aumento dell’input di lavoro complessivo, si registra una lieve flessione del numero di occupati, accompagnata da un significativo incremento del costo del lavoro.

Input di lavoro in crescita, occupazione in lieve calo

Nel periodo considerato, l’input di lavoro complessivamente utilizzato dal sistema economico, misurato in termini di ore lavorate, cresce dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e del 2,0% su base annua.

Il numero di occupati, stimato dalla Rilevazione sulle forze di lavoro al netto della stagionalità, scende invece a 24 milioni 102 mila unità (-0,2% rispetto al trimestre precedente). La riduzione è imputabile soprattutto al calo dei dipendenti a termine, mentre risultano stabili i rapporti a tempo indeterminato e in lieve aumento gli indipendenti.

Il tasso di occupazione si attesta al 62,5%, in lieve diminuzione, mentre il tasso di disoccupazione scende al 6,1%. Aumenta invece il tasso di inattività, segnale di una partecipazione al mercato del lavoro ancora debole in alcune fasce della popolazione.

Dinamica delle posizioni lavorative nelle imprese

Nel settore dell’industria e dei servizi, le posizioni lavorative dipendenti crescono dello 0,4% su base congiunturale e dell’1,6% su base annua, con una dinamica più sostenuta per il lavoro full time rispetto al part time.

Prosegue il calo delle posizioni in somministrazione, seppur in rallentamento, mentre continua la crescita del lavoro intermittente, che segna un aumento significativo su base annua.

Le ore lavorate per dipendente risultano in aumento sia rispetto al trimestre precedente sia nel confronto con il 2024, mentre diminuisce il ricorso alla cassa integrazione.

Forte aumento del costo del lavoro

Elemento di particolare rilievo è l’andamento del costo del lavoro. Nel terzo trimestre 2025 l’indice destagionalizzato del costo del lavoro per unità di lavoro equivalente (Ula) cresce:

  • dello 0,8% su base congiunturale;
  • del 3,3% su base annua.

L’incremento è determinato sia dall’aumento delle retribuzioni (+2,8%) sia, soprattutto, dalla crescita dei contributi sociali (+4,8%).

Scarica la nota ISTAT

Imprese e Ict – Anno 2025

Raddoppia in un anno l’uso dell’IA e coinvolge oltre la metà delle grandi imprese

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle imprese con almeno 10 addetti registra nell’ultimo anno una crescita particolarmente significativa, dall’8,2% del 2024 al 16,4% del 2025 (era il 5,0% nel 2023).

La mancanza di competenze adeguate frena l’adozione dell’IA in quasi il 60% delle aziende che hanno valutato ma poi non realizzato investimenti in IA.

L’utilizzo di software gestionali cresce di circa 7 punti percentuali rispetto al 2023 raggiungendo nel 2025 il 56,0% delle imprese con almeno 10 addetti.

Aumentano al 68,1% le imprese che nel 2025 acquistano servizi di cloud computing di livello intermedio o avanzato.

Nell’ultimo biennio, le imprese che hanno svolto analisi dei dati avvalendosi di personale interno o di organizzazioni esterne, passano dal 26,6% al 42,7%.

Migliora il livello di realizzazione dei target 2030 del “Decennio Digitale”

Nell’ambito delle politiche europee sulla digitalizzazione, il Digital Intensity Index (DII) viene utilizzato non solo per monitorare i progressi realizzati ma anche per identificare le aree nelle quali le imprese italiane ed europee incontrano maggiori difficoltà. In particolare, il comportamento delle imprese viene valutato rispetto a 12 attività digitali che contribuiscono alla definizione dell’indicatore composito. Nel 2025 sono stati utilizzati gli stessi indicatori del 2023 ad eccezione di quello riferito all’utilizzo di almeno due social media sostituito dall’uso del sito web.

Gli indicatori aggiornati al 2025 evidenziano, rispetto al 2023, una lieve riduzione dell’ampio divario che caratterizza le PMI rispetto alle grandi imprese. In particolare, le differenze più marcate si riscontrano nelle attività che richiedono competenze specialistiche avanzate, come l’analisi dei dati (41,9% le PMI e 83,6% le grandi imprese; rispettivamente 25,7% e 74,1% nel 2023) e quelle legate alla complessità organizzativa e dimensionale come per l’utilizzo di software gestionali ERP (48,8% le PMI e 85,9% le grandi imprese) e CRM (21,1% le PMI e 56,5% le grandi imprese).

Tuttavia, mentre per la maggior parte degli indicatori nell’ultimo biennio si registra una riduzione dei divari dimensionali, l’adozione di tecnologie di Intelligenza Artificiale (IA) mostra un andamento opposto: la differenza nell’intensità di utilizzo tra grandi imprese e PMI si amplia passando da circa 20 punti percentuali (p.p.) nel 2023 a 25 p.p. nel 2024, fino a 37 p.p. nel 2025.

L’analisi dei dati e l’utilizzo di IA sono più frequenti tra le imprese del settore energetico
(D, rispettivamente 53,6% e 33,2%), dei servizi di informazione (J, 52,7% e 51,3%) e di quelli delle professioni tecniche (M, 46,2% e 35,7%). Mentre altri indicatori, più funzionali a misurare relazioni di mercato, come l’utilizzo dei social media (59,0% delle imprese 10+) e le vendite online (14,7%) sono diffusi maggiormente tra i settori del commercio (G, rispettivamente 72,8% e 19,1%) e dell’alloggio e ristorazione (I, 82,3% e 34,6%).

Nel 2025, quasi l’80% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca a un livello base di digitalizzazione (adozione di almeno quattro attività digitali su 12 del DII) e il 38,1% si colloca a livelli definiti almeno alti (adozione di almeno sette attività digitali su 12 del DII). Al contrario, il 96,4% delle grandi imprese raggiunge un livello base e l’81,4% anche quello almeno alto. Il livello base di digitalizzazione interessa il 90,6% degli addetti delle imprese con almeno 10 addetti (l’80,6% in quelle con 10-49 addetti).

Tra gli obiettivi europei del “Decennio Digitale”, uno dei più importanti è portare entro il 2030 il 90% delle PMI a un livello “base” di digitalizzazione. Per l’Italia il grado di raggiungimento dell’obiettivo passa dal 68,1% nel 2023 e all’88,3% nel 2025, lasciando cinque anni per coprire i restanti 11,7 p.p.. Altri tre obiettivi riguardano l’adozione di cloud computing intermedio/avanzato, l’analisi dei dati e l’uso di IA nelle imprese con almeno 10 addetti, ciascuno con un target del 75% entro il 2030. Anche in questo caso gli indicatori mostrano progressi rilevanti: il livello di raggiungimento dell’obiettivo per il cloud computing passa dal 73,5% nel 2023 al 90,7% nel 2025; per l’analisi dei dati cresce dal 35,5% al 56,9%; mentre per l’IA sale dal 10,9% nel 2024 al 21,9% nel 2025.

Tra le imprese che adottano IA oltre la metà sperimenta l’IA generativa

Nel 2025, il 16,4% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza almeno una tecnologia di Intelligenza Artificiale (IA) segnando un significativo incremento rispetto all’8,2% del 2024 e al 5,0% del 2023 (Figura 1). Le imprese di maggiori dimensioni registrano una crescita più marcata in termini assoluti dal 32,5% del 2024 al 53,1%, ampliando il divario rispetto alle PMI, il cui utilizzo comunque raddoppia, passando dal 7,7% al 15,7%. Le imprese del Nord-ovest registrano una crescita più accentuata, passando dall’8,9% del 2024 al 19,3%.

Analizzando le tecnologie IA utilizzate per settore di attività economica si evidenziano, con quote particolarmente elevate, il 53% delle imprese attive nell’informatica ed altri servizi d’informazione (era al 36,7% nel 2024 e 23,6% nel 2023), il 49,5% (28,3% nel 2024 e 11,1% nel 2023) delle attività di produzione cinematografica, video e programmi televisivi, di registrazioni musicali e sonore e il 37,3% delle telecomunicazioni (27,6% e 13,3% nelle edizioni precedenti). Aumenta anche la varietà nell’utilizzo delle tecnologie di IA, misurata attraverso l’adozione combinata di almeno due tecnologie. La percentuale di imprese con almeno 10 addetti che utilizza questa combinazione passa dal 5,2% del 2024 al 10,6% nel 2025.

Tra le imprese che utilizzano IA, le tecnologie più comuni riguardano l’estrazione di conoscenza e informazione da documenti di testo (70,8%), la IA generativa relativa sia al linguaggio scritto o parlato che a immagini, video, suoni/audio (59,1%) e la conversione della lingua parlata in formati leggibili da dispostivi informatici attraverso tecnologie di riconoscimento vocale (41,3%). Seguono l’IA per l’analisi dei dati con tecniche di machine learning (20,0%), per il riconoscimento delle immagini e l’automatizzazione dei flussi di lavoro (circa 18%) e per il movimento fisico delle macchine (5,9%).

Il settore dei servizi postali è il primo utilizzatore di tecnologia IA generativa di linguaggio naturale (80,2%), di quella relativa al machine learning (59,5%) e all’automatizzazione dei flussi di lavoro (39,9%).

Nel complesso, la diffusione dell’IA presenta ancora ampi spazi per una ulteriore crescita: l’83,6% delle imprese non adotta alcuna tecnologia di IA, segnalando un livello di penetrazione ancora molto contenuto. Nell’ambito delle imprese con almeno 10 addetti che hanno adottato l’IA, l’impiego esclusivo di IA generativa (1,7%) resta residuale, mentre l’uso della sola IA non generativa (6,7%) riflette una maggiore maturità in applicazioni consolidate. Infine, l’adozione congiunta (8,0%) indica un segmento potenzialmente più avanzato nell’adozione tecnologica.

IA nell’ambito della ricerca e sviluppo o innovazione per una impresa su cinque

Gli ambiti aziendali in cui l’intelligenza artificiale viene adottata più frequentemente sono il marketing e le vendite (33,1%), l’organizzazione dei processi amministrativi (25,7%) e l’area della ricerca e sviluppo o innovazione (20,0%) (Figura 2). Si tratta anche delle aree che, rispetto al 2024, registrano gli incrementi più significativi in termini di imprese coinvolte, con aumenti superiori al 60% (+92,6%, +89,4% e +68,9% rispettivamente).

Si distinguono per l’utilizzo più elevato dell’IA nell’ambito della sicurezza ICT le grandi imprese (43,7%) e quelle di specifici comparti, come le telecomunicazioni (38,4%) e la fornitura di energia (28,2%). In generale, i settori dei servizi postali, delle telecomunicazioni e dell’informatica sono quelli in cui si registra una maggiore varietà degli ambiti aziendali interessati dall’utilizzo delle tecnologie di IA.

Ulteriori analisi hanno mostrato quali tecnologie di IA siano più adottate nei principali ambiti aziendali. L’utilizzo di tecniche di IA generativa e di analisi linguistica (text mining) si rilevano nell’ambito aziendale del marketing e vendite e dei processi amministrativi, in questi e nei processi produttivi emerge anche il ricorso a tecniche di automatizzazione dei flussi di lavoro. L’ambito della sicurezza informatica presenta una associazione più marcata con tecniche predittive (machine learning). Le tecnologie di apprendimento automatico risultano particolarmente rilevanti anche per l’ambito della Ricerca e Sviluppo, che si distingue, insieme al marketing, come uno di quelli più attivi e diversificati nell’uso dell’IA. Le tecniche di movimentazione delle macchine in autonomia, che richiedono infrastrutture dedicate, mostrano livelli di adozione molto più contenuti, con un impiego limitato soprattutto all’ambito dei processi produttivi e della logistica.

Rispetto all’anno precedente, aumenta anche la quota di imprese che, pur dichiarando di utilizzare IA, non indica alcuna finalità aziendale tra quelle proposte: dal 15,5% del 2024 al 33,4%. Si tratta per lo più di imprese di piccola dimensione (83,3% di imprese con 10-49 addetti). Nel complesso, questo fenomeno suggerisce un’adozione dell’IA sempre più diffusa ma ancora poco strutturata, caratterizzata da un utilizzo ancora iniziale e sperimentale non riconducibile ad alcun ambito aziendale definito.

Tra le imprese che non utilizzano IA, l’11,5% ne ha preso in considerazione l’utilizzo (4,6% nel 2023). Gli ostacoli principali evidenziati da queste ultime riguardano la mancanza di competenze (58,6%), la carenza di chiarezza legislativa (47,3%), l’indisponibilità o la scarsa qualità dei dati necessari (45,2%), le preoccupazioni relative alla privacy e alla protezione dei dati (43,2%), i costi elevati (43,0%) e considerazioni etiche (25,7%). Inoltre, il 14,8% ritiene che l’adozione dell’IA non sia utile, una percentuale lievemente superiore rispetto al 14,3% del 2023.

Fonte: ISTAT